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Conoscenza e sensi
G. W. Leibniz, Nuovi Saggi sull'intelletto umano, Bompiani, Milano 2011, pp 30-31 M. Mugnai, Introduzione alla filosofia di Leibniz, op. cit., pp. 41-42. M. Mugnai, Introduzione alla filosofia di Leibniz, op. cit., p. 47. G. W. Leibniz, Nuovi Saggi sull'intelletto umano, Bompiani, Milano 2011, p. 223. G. W. Leibniz, Nuovi Saggi sull'intelletto umano, op. cit., p. 323. M. Mugnai, Introduzione alla filosofia di Leibniz, op. cit., pp. 48-49. G. W. Leibniz, Meditazioni sulla conoscenza, la verità e le idee, in opere, op. cit., p. 245. 3di se stesso, e per questa ragione deve necessariamente essere visto dall'interlocutore per essere capito. Vi sono però anche conoscenze che non dipendono solo dai sensi particolari ma che vengono percepite da noi tramite i sensi e tramite quello che viene definito il senso comune, ovvero una sorta di raccordo che include sia la nostra parte sensitiva sia quella intelligibile. Grazie a questo si possono dare definizioni.Dei termini e delle parole che utilizziamo: "Tale è l'idea dei numeri che si trovano ugualmente nei suoni, nei colori, nel tatto. È così che percepiamo anche delle figure che sono comuni ai colori e al tatto, ma che non osserviamo nei suoni, benché sia vero che per concepire distintamente i numeri e le figure e per formarsene la scienza, bisogna volgersi a qualcosa che i sensi non possono fornire e che l'intelletto aggiunge ai sensi".
Nella lettera alla regina Sofia Carlotta si esamina dettagliatamente la teoria della conoscenza di Leibniz e non deve ingannare il tono divulgativo e colloquiale che questa presenta. La critica infatti ha trascurato questo testo relegandolo in una posizione più bassa rispetto al libro 4 dei Nuovi Saggi e alle Meditazione sulla conoscenza, in quanto potrebbe sembrare che una semplice lettera non abbia la stessa rilevanza di un saggio, ma così non è, perché pur essendo costruita in maniera
Meno formale rispetto a uno scritto prettamente filosofico, tale missiva rappresenta una base imprescindibile sui processi di conoscenza leibniziani.
Ciò che percepiamo tramite i sensi sono percezioni isolate, che appartengono al singolo senso utilizzato, udito, vista, tatto, olfatto, gusto. Gli oggetti esterni vengono quindi in contatto con noi filtrati da questi 5 sensi, ma a questo punto non vi è soltanto una percezione ma anche una riflessione su quello che abbiamo percepito, azione mentale che Leibniz chiama appercezione, ovvero la coscienza di ciò che si è percepito. Queste due azioni non viaggiano sempre insieme, in quanto può avvenire, e avviene non di rado, che si abbiano percezioni senza appercezione, ovvero senza coscienza di averle, questo perché non sempre a una nostra percezione corrisponde una riflessione, è questo il caso di quelle che vengono chiamate piccole percezioni, che si hanno quando si dorme, non si è coscienti o.
semplicemente quando non si presta ladovuta attenzione a ciò che percepiamo. L’appercezione ci dà quindi coscienzadella percezione ricevuta e separa l’oggetto esterno dal nostro Io. In unalettera a Foucher del 1676 riportata in parte nel testo Introduzione alla filosofiadi Leibniz di M. Mugnai a pagina 69 possiamo leggere:
G. W. Leibniz, Lettera alla regina Sofia Carlotta intorno a ciò che è indipendente dai sensi e9dalla materia, op. cit., pp. 96-97. M. Mugnai, Introduzione alla filosofia di Leibniz, op. cit., p.69.
G. W. Leibniz, Lettera alla regina Sofia Carlotta intorno a ciò che è indipendente dai sensi e10dalla materia, op. cit., p. 97.
M. Mugnai, Introduzione alla filosofia di Leibniz, op. cit., p. 68.
“Così ci sono due verità generali assolute, vale a dire che parlano dell’esistenza attualedelle cose, l’una è che noi pensiamo, l’altra è che c’è una gran
varietà nei nostri pensieri. Dalla prima segue che noi siamo, dall'altra segue che c'è qualche altra cosa diversa da noi, vale a dire una cosa diversa da ciò che pensiamo che sia la causa della varietà delle nostre apparenze". Tali conoscenze che abbiamo attraverso i sensi sono senza dubbio chiare, perché ci permettono di riconoscere e distinguere ciò che percepiamo, e si contrappongono alle conoscenze oscure, ovvero a quelle non distintive e che riguardano oggetti che non sappiamo né riconoscere né distinguere, ovvero a una assenza di conoscenza. Queste qualità occulte, ovvero i sensi, ci permettono di avere quindi delle conoscenze chiare ma confuse, in quanto non analitiche, ovvero non descrittive e di conseguenza non trasmissibili. Per far capire a una persona il colore rosso occorrerà mostrarglielo, in quanto senza la capacità di descrizione non possiamo far capire a qualcuno qualcosa di cui non ha esperienza diretta.nonha esperienza diretta. Questi però ci permettono anche di andare al di là dellamera conoscenza sensibile, e quindi chiara ma confusa, perché ci permettonodi arrivare a un livello conoscitivo più alto grazie a quello che viene chiamatosenso comune. Questo era stato definito da Aristotele come una sorta dicollettore che riuniva le percezioni che provengono da più sensi esterni. Queste percezioni che non appartengono ad alcun senso specifico venivanoracchiuse in numero, quiete, figura e grandezza, e nei Nuovi Saggi,uniformandosi alla tradizione aristotelica Leibniz fa dire da Teofilo che questeidee appartengono all’intelletto stesso e sono quindi presenti già nella mente eche i sensi permettono di appercepire:
“Queste idee che si dice derivino da più di un senso, come quelle di spazio, figura,movimento, quiete, sono piuttosto del senso comune, vale a dire della mente stessa,poiché sono idee dell’intelletto puro,
ma che hanno rapporto con l'esterno e che i sensi fanno appercepire: pertanto esse sono capaci di definizioni e di dimostrazioni".
Grazie all'intelletto, ovvero al senso comune, che rielabora i dati occulti provenienti dai sensi, è possibile avere una conoscenza chiara e distinta, e quindi anche nominale e descrittiva di ciò che percepiamo.
Viene introdotto nella lettera alla regina il senso interno, che riunisce le sensazioni dei singoli sensi esterni. Questo senso prende il nome di immaginazione. Questa comprende sia le nozioni chiare e confuse dei sensi esterni che quelle del senso comune, che sono chiare e distinte. È una sorta di ponte tra i sensi e l'intelletto essenziale per il processo conoscitivo di queste idee che sono a metà tra l'intelligibile e il sensibile.
M. Mugnai, Introduzione alla filosofia di Leibniz, op. cit., pp. 68-69.
G. W. Leibniz, Lettera alla regina Sofia Carlotta intorno a ciò che è
indipendente dai sensi e13dalla materia, op. cit., pp. 96-97. M. Mugnai, Introduzione alla filosofia di Leibniz, op. cit., pp.69-70.G. W. Leibniz, Nuovi Saggi sull'intelletto umano, op. cit., p. 279.14 M. Mugnai, Introduzione alla filosofia di Leibniz, op. cit., p. 70.15 M. Mugnai, Introduzione alla filosofia di Leibniz, op. cit., p. 71.16 5Queste conoscenze chiare e distinte appartenenti al senso comune che noipossiamo immaginare grazie all'ausilio dell'immaginazione, sono gli oggettidella matematica che contengono quindi le idee di numero, grandezza, figura,quiete .17Assieme a queste esistono anche conoscenze astratta che non hanno alcunriferimento con l'esperienza sensibile e che non sono neanche immaginabili,conoscenze esclusivamente intelligibili, ovvero l'oggetto del pensiero quandopensa a se stesso:"Vi sono dunque anche oggetti di un'altra natura, che non sono affatto inclusi tra quellie si osservano mediante i sensi esterni, in
particolare o in comune, e di conseguenza non sono neppure oggetti dell'immaginazione. Così, oltre al sensibile e all'immaginabile, vi è ciò che non è altro che intelligibile, in quanto oggetto del solo intelletto, e tale è l'oggetto del mio pensiero quando penso a me stesso".
Viene in questo modo introdotta una sorta di gerarchia della conoscenza che divide queste in meramente sensibili, immaginabili e intelligibili:
"Vi sono dunque tre ranghi di nozioni: quelle meramente sensibili, che sono gli oggetti afferenti in particolare a ciascun senso, quelle sensibili e intelligibili a un tempo, e appartengono al senso comune, e quelle meramente intelligibili, e sono proprie dell'intelletto. Le prime e le seconde insieme sono immaginabili, ma le terze sono al disopra dell'immaginazione. Le seconde e le terze sono intelligibili e distinte; ma le prime sono confuse, benché siano chiare, o riconoscibili".
Questi
Tre ranghi della conoscenza possono essere assimilati a tre livelli di classificazione degli esseri viventi, infatti per Leibniz gli animali superiori diversi dall'uomo hanno un qualcosa di simile alla razionalità collegata alla propria memoria e per utilizzarla fanno uso dell'immaginazione e possono, grazie a essa, percepire le forme e le grandezze. Gli animali superiori in un certo senso pensano e stabiliscono relazioni e riflessioni sulle immagini percepite.
A differenza delle bestie, nell'uomo entra in campo anche l'intelletto, che potenzia le percezioni rendendole più dettagliate grazie ai concetti delle scienze matematiche. Nell'uomo, questo introduce anche il concetto di io e di essere, cosa che non può essere percepita attraverso i sensi, essendo totalmente indipendente da questi. Quando si sogna, infatti, si pensa anche se ciò che percepiamo non viene dai sensi. Anche se niente reale rimane sempre l'esistenza.
del pensiero che è indipendente dai sensi: G. W. Leibniz, Lettera alla regina Sofia Carlotta intorno a ciò che è indipendente dai sensi e dalla materia, op. cit., p. 98.
ibidem.
Ivi, p. 99.
G.W. Leibniz, Principi razionali della natura e della grazia, in Monadologia, Bompiani, Milano 2014, p. 43.
G.W. Leibniz, Monadologia, Bompiani, Milano 2014, pp. 67-69
M. Mugnai, Introduzione alla filosofia di Leibniz, op. cit., p. 72.
“Poiché, come hanno già osservato valenti filosofi antichi e moderni, se anche tutto ciò che credo di vedere non fosse che un sogno, sarebbe sempre vero che l’io che pensa sognando sarebbe qualcosa e penserebbe effettivamente in svariati modi, di cui bisognerà sempre che via sia una ragione”.
L’intelletto appercepisce anche durante i sogni, anche in assenza di dati sensibili empi