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I FATTORI DI RISCHIO
Analizziamo ora i numerosi fattori di rischio sopracitati che possono prevedere l’eventualità che un
soggetto sviluppi una patologia cardiovascolare.
Possiamo suddividere questi rischi in due categorie: quelli che il soggetto non può controllare (rischi
non modificabili), e quelli che possono essere controllati (rischi modificabili).
➢ I fattori di rischio non modificabili sono quelli sui quali non si può agire direttamente, ma il cui
effetto può essere attenuato grazie a buoni comportamenti e misure di prevenzione.
Questi sono: sesso, età e familiarità.
L’infarto del miocardio ad esempio, è più frequente nei soggetti tra i 50 e i 60 anni.
Anche il sesso rappresenta un vero e proprio fattore di rischio: gli uomini sono naturalmente
soggetti a pressione più alta e frequenza cardiaca maggiore e dunque sono più esposti a malattie
cardiovascolari. In età giovane e matura, il rischio di infarto, aterosclerosi e coronaropatia è 3-4
volte maggiore negli uomini rispetto alle donne.
Nelle donne in età fertile, gli ormoni estrogeni, prodotti dall’organismo in modo regolare durante il
ciclo mestruale, sono in grado di proteggere il cuore ed i vasi sanguigni.
Con l’arrivo della menopausa, tuttavia, si interrompe la produzione di estrogeni e di conseguenza
aumenta sensibilmente il rischio, fino ad essere uguale al rischio nell’uomo.
Per quanto riguarda, infine, la familiarità, la predisposizione a malattie cardiovascolari non è da
attribuire a un singolo fattore genetico, ma ad una pluralità di geni. Per questo motivo non è
semplice stabilire il peso della familiarità sui disturbi del cuore.
Lo studio Interheart pubblicato sulla rivista The Lancet ha stimato che, se solo uno dei due genitori
ha avuto un evento cardiovascolare, incredibilmente il rischio complessivo è solo dell’1%. Ma se in
famiglia ci sono altri parenti stretti che soffrono o hanno sofferto di malattia cardiaca, il rischio
sembra aumentare significativamente.
L'Istituto Superiore di Sanità ha così stilato la carta del rischio cardiovascolare, costituita da una serie
di tabelle che permettono di calcolare il proprio rischio di subire un evento cardiovascolare e di
valutare se esso risulti più probabilmente fatale o non fatale.
Questa valutazione è destinata a chi, tra i 40 e 70 anni, non ha mai subito un malore cardiovascolare
e la probabilità copre i 10 anni successivi al test. La valutazione può essere fatta autonomamente
inserendo età, sesso, valore della glicemia, della pressione arteriosa massima del colesterolo totale
e HDL, oltre all’inserimento di dati riguardanti il proprio stile di vita ed eventuali altre patologie.
➢ I fattori di rischio modificabili sono invece quei fattori fisici e fisiologici su cui lo stile di vita e
l’ambiente in cui viviamo possono influire direttamente, fra le più importanti troviamo:
l’ipertensione arteriosa, l’ipercolesterolemia, il diabete e l’arteriosclerosi, il fumo, l’eccesso di
alcol, l’eccesso di stress, la sedentarietà e l’obesità, fattori che sono strettamente collegati e
influenzati l’uno dall’altro.
Talvolta essi sono controllabili dalla persona, semplicemente variando il proprio stile di vita, altre
volte bisogna ricorrere alla medicina, tramite esami e assunzione di farmaci.
IPERTENSIONE
Nello sviluppo delle malattie cardiovascolari uno dei fattori di rischio controllabili è l’ipertensione.
La pressione arteriosa è la pressione esercitata dal cuore, il quale funziona come una pompa, per
generare e mantenere il movimento del sangue all’interno dei vasi sanguigni.
Il valore della pressione sanguigna è determinato da due numeri:
il primo numero identifica la
pressione sistolica o massima, pressione
esercitata al momento della contrazione del
cuore che causa il riversamento del sangue dal
cuore all’aorta;
il secondo numero indica la
pressione diastolica o minima, la quale viene
misurata nel momento di rilassamento cardiaco,
mentre il cuore si riempie, fra una contrazione e
l’altra.
I valori medi di una persona sana sono
130/80 mmHg, ovvero i valori non devono
superare i 130 mmHg per la sistolica e gli 80
mmHg per la diastolica.
Il valore della pressione non è tuttavia costante
durante il corso della giornata: aumenta con
lo sforzo, le emozioni, il freddo o il dolore, e
diminuisce con caldo, il riposo e il sonno.
Inoltre la pressione è più alta al mattino.
Si parla di ipertensione quando la pressione
arteriosa supera i valori di 140/90 mmHg. Il
rischio di incorrere in malattie cardiovascolari
raddoppia ogni 20/10 mmHg sopra al valore di
controllo.
L’ipertensione può essere classificata secondo due tipi:
➢ l’ipertensione primaria, detta anche ipertensione essenziale, è una condizione di cui ancora non
sono ben note le cause.
Probabilmente è uno stato non imputabile ad un'unica causa, bensì è dovuta ad una serie di cause
diverse, controllabili e non (dall’iperattività del sistema nervoso simpatico, al consumo eccessivo di
sale), oppure più semplicemente a predisposizione genetica.
Essa colpisce il 90% di tutti i soggetti ipertesi.