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I mezzi di comunicazione di massa durante la crisi

I mezzi di comunicazione di massa diventano strumenti di veicolo della comunicazione sulla crisi, ognuno secondo le proprie caratteristiche intrinseche da cui dipendono le modalità della comunicazione stessa; quelli di cui si è fatto l'utilizzo più interessante e mirato sono stati la televisione e i social media. Si può dedurre che ci sono stati vari cambiamenti di frame, dovuti essenzialmente al rapido cambiamento delle situazioni e alle varie scoperte che si sono succedute.

La comunicazione televisiva nell'epidemia da Covid-19

La televisione, quello più comune a tutte le generazioni e classi sociali, è stato uno dei mezzi di comunicazione preferiti dagli italiani durante la pandemia. Le motivazioni sono riconducibili alle sue due funzioni principali, fondamentali in questo periodo, cioè l'intrattenimento e l'informazione. Nel primo caso, perché si è passato molto più tempo dentro le mura domestiche, e

questa era una delle attività principali tra le quali scegliere; nel secondo caso, perché il mezzo è caratterizzato da un controllo editoriale maggiore rispetto ad altri mezzi come il web o i social, e paragonabile a quello dei giornali; di conseguenza, è stato ritenuto affidabile dagli italiani con questo scopo.

La funzione informativa è direttamente testimoniata dagli ascolti e dai consumi televisivi, che presentano dei picchi in fasi specifiche e salienti della pandemia, in particolare ne possiamo osservare tre: i primi casi di Codogno e Vo Euganeo e l'inizio del confinamento dei due comuni; la settimana tra il 22 e il 29 marzo 2020, cioè quella dei dati sanitari più drammatici e dell'annuncio delle misure più stringenti di lockdown; la settimana di Pasqua fino al 3 maggio 2020 all'incirca. In questo quadro di crescente domanda di informazione affidabile, i telespettatori poi privilegiano alcuni appuntamenti televisivi.

che si configurano come rituali ricorrenti. Tra questi, le edizioni principali dei maggiori telegiornali, durante gli orari di solito preferiti per il pranzo e per la cena, con picchi molto accentuati nel fine settimana; ma anche le emissioni più "straordinarie", come i bollettini delle 18.00 forniti dalla Protezione Civile. Fanno parte di queste anche l'edizione straordinaria del Tg1 del 9 marzo 2020 con la diretta di Giuseppe Conte che annuncia il lockdown, seguita da più di 10 milioni di spettatori. Andando ad analizzare nello specifico il fenomeno comunicativo, nella prima fase della pandemia, quando il virus sembra essere certamente pericoloso ma lontano da noi, i media hanno avuto un atteggiamento che oscillava tra allarmismo e sottovalutazione del problema, diretta conseguenza dell'atteggiamento della classe politica e degli esperti, che si trovavano di fronte ad un fenomeno del tutto sconosciuto; si basavano dunque sui dati a disposizione, che erano finda subito pochi e poco chiari e talvolta potevano essere fraintesi. A titolo esemplificativo, il segretario del PD Nicola Zingaretti prendeva un aperitivo con i Giovani Democratici ai Navigli di Milano, aderendo all'iniziativa #Milanononsiferma, invitando a "seguire la scienza e ad isolare i focolai senza 'distruggere la vita o diffondere panico'". L'atteggiamento cambia quando tra il 20 e il 21 gennaio 2020 avviene un rapido aumento della trasmissione del virus, infatti il Tg1 delle 20.00 pone questa come prima notizia, quindi di maggior rilevanza. A fine mese i virologi iniziano ad essere consultati dall'informazione televisiva; saranno una presenza costante nei notiziari per poi passare ai talk show, mescolandosi a personaggi più o meno esperti e a rappresentanti politici. Tendono inizialmente a tranquillizzare gli spettatori e a parlare di questo come un virus che certo si propaga velocemente ma in Cina e che in Italia non è ancora arrivato quindi.non costituisceun problema. Con la scoperta dei primi casi di Codogno e Vo Euganeo il modo di trattare ilvirus nel mezzo televisivo, e in generale a livello mediatico e comunicativo, cambiaradicalmente, la Covid-19 non è più da rilegare nelle notizie estere ma ha a che fare con ilnostro paese, quindi diventa potenzialmente pericolosa. Da questo momento in poi, fino adoggi, il virus e la conseguente lotta alla pandemia, sconvolgeranno e monopolizzerannocompletamente non solo i notiziari e la televisione, ma gran parte dello spazio dei mezzi dicomunicazione, alternando varie modalità di comunicazione del pericolo in base ai dati.disponibili nei vari momentiUn ruolo rilevante nella comunicazione televisiva della Covid-19 lo hanno avuto i talk show,che seguono l’andamento generale e inizialmente parlano di questo argomento con titubanzaper poi, in un secondo momento, spiegare la gravità della situazione e le soluzioni possibili,invitando virologi e ospiti

Più o meno competenti, con tesi piuttosto minimizzanti del problema. (Basti pensare alla tesi che vedeva la malattia da Corona Virus come una "Banale influenza")

Abbandonata la formula del talk nel periodo dello "scetticismo" la televisione inizia in un secondo momento ad assumere più spesso il punto di vista degli operatori sanitari in prima linea, utilizzando spesso la metafora della guerra. All'inizio del mese di marzo la televisione inizia ad occuparsi della situazione negli ospedali della Lombardia, i primi a trovarsi in difficoltà dato l'afflusso di pazienti. La modalità preferita dal mezzo televisivo per trattare il tema è quella dell'inchiesta giornalistica, spesso sotto forma di servizi televisivi, anche in più puntate, molto seguiti e apprezzati dal pubblico, soprattutto per la forza delle immagini, oltre ai temi, che saranno utilizzate sempre più spesso nei mesi successivi. Prima fra tutti

La rilevanza è stata l'inchiesta di "Piazzapulita" su La 7, intitolata "Coronavirus, dentro il reparto di terapia intensiva", iniziata i primi di marzo; se durante la trasmissione non si sono registrati particolari aumenti nel livello di audience, il video dell'inchiesta è stato visto on-demand sul sito del programma da circa 3,5 milioni di persone nel giro di sole 24 ore, arrivando a 6 milioni nei giorni successivi. Questo per il semplice fatto che è stato largamente diffuso dagli utenti sui social media.

Nel corso del mese di aprile i consumi televisivi e il modo di raccontare il virus cambiano ancora, gli ascolti scendono, come anche l'attenzione per i contenuti di informazione, per i telegiornali in particolare. La formula del talk, tuttavia, sembra riaccendere l'attenzione, poiché sembra dare attenzione alle opinioni e alle preoccupazioni dei cittadini. Si riaccende il dibattito politico, a proposito soprattutto.

delle misure da adottare per ripartire dopo il periodo di lockdown. La comunicazione sociale nell'epidemia da Covid-19 tra cittadini è stata molto importante. Anche i social media sono stati teatro di comunicazione - data la creatività scaturita da un gran numero di persone costrette a stare a casa per lunghi periodi di tempo senza un gran che fare - ma anche i cittadini, quindi sotto forma di comunicazione politica da parte delle istituzioni o di prevenzione da parte degli esperti. In particolare, le istituzioni hanno utilizzato le piattaforme social come strumento di comunicazione istituzionale: in particolare, il Ministero della Salute, l'Istituto Superiore di Sanità, il Dipartimento della Protezione Civile, la Croce Rossa Italiana e la Presidenza del Consiglio dei Ministri. L'esigenza era quella di indirizzare i cittadini con la necessità di informarsi verso canali ufficiali e non verso profili social che fornivano fake news, notizie parzialmente vere.

Il post-verità su Facebook (oggi Meta), impresa che controlla i servizi dei principali social network ad oggi utilizzati, se fino a poco tempo fa dichiarava di produrre solo codici di programmazione e software e di non avere responsabilità sui contenuti, ad oggi si occupa di controllare il dilagare delle fake news, controllando anche la veridicità delle notizie. Nel quadro della pandemia da Covid-19 l'obiettivo principale era quello di eliminare notizie false, che avrebbero potuto portare a comportamenti dannosi riguardanti il contagio e i vaccini; inizialmente, infatti, è stata dedicata una task force. L'obiettivo era quello di cancellare post con contenuti pericolosi, cercando di indirizzare i lettori ai siti con le notizie corrette. Anche se con strategie diverse, altri social media hanno fatto sì che gli utenti si orientassero verso un'informazione affidabile e sono anche intervenuti sul funzionamento degli algoritmi in modo da rendere

più3.visibili le fonti corretteParallelamente si è sviluppata la comunicazione tra cittadini, dalle caratteristiche un po’ piùemotive, che si sviluppava soprattutto attorno al racconto della propria esperienza, con ironiama anche timore. I temi principali erano lo stare a casa, con la narrazione dei vari passatempi,la preoccupazione, il disagio. Poi sicuramente, armandosi delle proprie conoscenze e delleproprie paure, hanno espresso le loro opinioni come hanno sempre fatto, a volte mostrandoscetticismo o addirittura negazione o riluttanza, con i danni che ne conseguono. Anche in.questo ultimo caso si è cercato di arginare il problema con i meccanismi sopraccitati

Possiamo, in sintesi, distinguere due piani nella comunicazione sui social media: quelloemotivo, che è tipico della comunicazione informale tra amici, parenti e conoscenti; e quelloistituzionale che deve essere garantito dagli organi di informazione. Pericoloso è quando i

due.piani si sovrappongono e non si capisce più dove finisce l'uno e dove inizia l'altro

Fake news: i social come ambiente principale di sviluppo e proliferazione

Le fake news hanno trovato, come anticipato, terreno fertile sui social media. In questo caso però si tratta di un problema dalle conseguenze più che mai pericolose, nel senso che in molti casi comportano rischi seri per la salute ma anche addirittura per la vita dei cittadini. Possono essere notizie false o non del tutto false, quasi sempre verosimili, ma possono essere anche vere ma narrate in modo falso; in ogni caso sono ritenute vere sull'onda dell'emotività e della mancata fiducia in particolari categorie, come le istituzioni

La retorica del complotto: virus e vaccini

Il problema principale della retorica del complotto sul virus e su tutto ciò che vi ruota intorno sembra essere anche, oltre ad altri fenomeni, il dilagare di pagine che "spalmano" in

retenotizie false di ogni tipo. Per questo motivo, si diffondano ancora molte teorie cospirazioniste

Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
6 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/08 Archivistica, bibliografia e biblioteconomia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Angela.Mo01 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della stampa e dell'editoria e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Ciuffoletti Zeffiro.