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Nel 2022, lo studioso Prof. Caio, esaminato il dipinto dopo un restauro, ha concluso per

l’attribuzione di esso a Giorgio Vasari. In particolare, si tratterebbe della «Allegoria della

Pazienza», un’opera eseguita su invenzione di Michelangelo, con un soggetto che, fino

all’innovativo studio appena citato, si supponeva fosse stato rappresentato in originale dal

quadro attualmente ospitato a Palazzo Pitti, a Firenze.

Le conclusioni del Prof. Caio sono state assunte, allo stato delle attuali acquisizioni

scientifiche, anche grazie alla apposizione, sulla tela, della incisione «diuturna tolerantia»,

vale a dire del motto del vescovo di Arezzo, che è noto quale committente del dipinto.

All’esito di un restauro dell’opera, in altri termini, è emerso un elemento distintivo – in

precedenza celato, almeno parzialmente, dal cattivo stato di conservazione del quadro –, che

ha condotto lo studioso, grazie all’analisi del carteggio di Giorgio Vasari, alla nuova

attribuzione.

Con atto prot. n. 1100 del 15 ottobre 2024, la Direzione Generale Archeologia Belle Arti e

Paesaggio del Ministero della Cultura, venuta a conoscenza di tale circostanza, ha pertanto

annullato in autotutela l’attestato di libera circolazione, reputando che esso fosse viziato da

un travisamento dei fatti.

In particolare, il Ministero della Cultura ha messo in evidenza che:

- la mediocre condizione della tela, quando fu presentata all’Ufficio Esportazione di Firenze,

avrebbe impedito di cogliere la presenza del motto, e quindi di indagare ulteriormente sulla

natura del dipinto;

- Tizio avrebbe colpevolmente omesso di dichiarare la provenienza del bene dalla collezione

della di lui moglie, Sempronia, e che quest’ultima circostanza sarebbe da ritenersi

significativa, perché dal sistema informativo unificato per le Soprintendenze archivistiche

emerge un «risalente legame di parentela delle famigliedi Sempronia e del committente del

dipinto», sicché, se l’amministrazione fosse stata posta nelle condizioni di conoscere la

provenienza del quadro, avrebbe potuto porlo in rapporto con il vescovo di Arezzo e

avrebbe negato l’attestato di libera circolazione.

Con un successivo provvedimento prot. n. 1500 del 18 novembre 2024, la medesima

Direzione Generale del Ministero della Cultura ha confermato che l’annullamento in

autotutela si giustifichi appieno alla luce del comportamento «poco collaborativo» del

soggetto istante, nonché delle omissioni in cui egli sarebbe incorso, in violazione del dovere

di correttezza nei rapporti tra privati e pubblica amministrazione.

Con atto prot. n. 1501, di pari data, la medesima Direzione Generale ha quindi negato il

rilascio dell’attestato di libera circolazione del quadro, avviando il procedimento per la

dichiarazione dell’interesse storico-artistico particolarmente importante, come previsto

dall’art. 68, comma 6, del d.lgs. n. 42 del 2004, con contestuale avocazione a sé del potere

di diniego così esercitato e del potere di pronunciarsi sulla dichiarazione di interesse

culturale.

Infine, con atto del 22 novembre 2024, la stessa Direzione ha ordinato a Tizio di far

rientrare l’opera in Italia entro il termine di 40 giorni.

Si assumano allora le vesti del legale di Tizio e si prospetti una qualche via di

tutela sul piano del diritto sia sostanziale che processuale.

I. Il contesto e le circostanze alla base dell’annullamento d’ufficio

Nel caso in esame, l’Ufficio Esportazione di Firenze, quale organo del Ministero della

Cultura, ha rilasciato a Tizio l’attestato di libera circolazione con provvedimento n. 547 del

6 aprile 2021. Questo provvedimento è stato adottato sulla base delle informazioni

disponibili all’epoca, considerate complete ed esaustive. L’opera, descritta come un olio su

tela raffigurante una figura femminile, non presentava allora elementi sufficienti per

un’attribuzione di particolare rilevanza storico-artistica, né erano emerse circostanze che ne

indicassero l’eventuale appartenenza a un contesto culturale di interesse nazionale.

Successivamente, Tizio ha venduto l’opera alla società Beta, che è divenuta legittima

proprietaria e detentrice del bene. Beta ha quindi concesso il dipinto in esposizione alla

National Gallery di Londra. L’opera sembrava essere uscita definitivamente dal territorio

nazionale, come consentito dall’attestato di libera circolazione. Tuttavia, nel 2022, grazie

allo studio condotto dal professor Caio, un rinomato storico dell’arte, sono emersi nuovi

elementi di straordinario rilievo. Attraverso un accurato restauro, è stata scoperta

un’iscrizione precedentemente nascosta o difficilmente leggibile, che riportava la dicitura

“diuturna tolerantia”. Tale iscrizione è risultata essere il motto del vescovo di Arezzo,

storicamente noto come committente di opere significative. Questo collegamento ha

permesso di attribuire il dipinto a Giorgio Vasari, uno degli artisti più importanti del

Rinascimento italiano.

In aggiunta a questa scoperta, sono emerse ulteriori informazioni sulla storia del dipinto. In

particolare, un’indagine approfondita ha rivelato un antico legame di parentela tra la

famiglia di Sempronia, moglie di Tizio, e il committente originale dell’opera. Questo

dettaglio, insieme all’iscrizione scoperta durante il restauro, ha consentito di rivalutare

completamente l’opera, attribuendole un’importanza storico-artistica che non era stata

riconosciuta al momento del rilascio dell’attestato. Fino a quel momento, si riteneva che

l’opera fosse già rappresentata da un altro dipinto esposto a Palazzo Pitti, una supposizione

che aveva ulteriormente limitato l’attenzione verso il quadro in questione.

Alla luce di tali sviluppi, il Ministero della Cultura ha ritenuto necessario intervenire in

autotutela. Il 18 novembre 2024, con provvedimenti prot. n. 1500 e n. 1501, è stato disposto

l’annullamento d’ufficio dell’attestato di libera circolazione e l’avvio del procedimento per

la dichiarazione dell’interesse storico-artistico particolarmente importante ai sensi dell’art.

68, comma 6, del D.Lgs. n. 42/2004. Successivamente, il 22 novembre 2024, è stato

emanato un ordine a Tizio di far rientrare l’opera in Italia entro il termine di 40 giorni.

Questo ordine, tuttavia, non teneva conto del fatto che l’opera non fosse più in possesso di

Tizio, essendo stata venduta alla società Beta, legittima proprietaria e detentrice del bene.

Tale omissione solleva rilevanti questioni di legittimità.

II. Analisi della legittimità dell’annullamento e degli atti derivati

Il potere di annullamento d’ufficio è disciplinato dall’art. 21-nonies della L. n. 241/1990, il

quale richiede che siano soddisfatti tre presupposti fondamentali: la sussistenza di un

interesse pubblico prevalente, l’illegittimità del provvedimento originario e il rispetto del

termine ragionevole. Nel caso in esame, il primo presupposto, relativo all’interesse

pubblico, appare evidente e non controverso. La tutela del patrimonio culturale della

Nazione è un interesse costituzionalmente rilevante, sancito dall’art. 9 della Costituzione, e

ricade nella categoria degli interessi pubblici sensibili ai sensi dell’art. 19 co. 1 l. n.

241/1990. La necessità di proteggere un’opera di Giorgio Vasari è chiaramente un obiettivo

legittimo, coerente con il ruolo del Ministero della Cultura.

Tuttavia, gli altri presupposti richiesti dall’art. 21-nonies sollevano dubbi significativi. Per

quanto riguarda l’illegittimità del provvedimento originario, il Ministero ha motivato

l’annullamento con un presunto travisamento dei fatti. Secondo questa interpretazione, la

cattiva conservazione dell’opera al momento della richiesta dell’attestato avrebbe impedito

di riconoscerne la vera natura. Tuttavia, questa motivazione appare debole. La Pubblica

Amministrazione aveva lamentato la mediocre condizione della tela al momento della sua

presentazione all’Ufficio Esportazione di Firenze, sottolineando come ciò avesse impedito

di indagare ulteriormente sulla natura del dipinto e di richiedere analisi tecniche o

informazioni aggiuntive che avrebbero potuto far emergere dettagli più rilevanti. La

scoperta dell’iscrizione “diuturna tolerantia” e il legame con la famiglia del committente

sono avvenuti solo in seguito grazie a studi avanzati e non erano prevedibili nel 2021.

Anche la critica mossa a Tizio per un presunto comportamento “poco collaborativo” è

discutibile, poiché la Pubblica Amministrazione, che avrebbe potuto richiedere una previa

pulitura della tela o ulteriori analisi per meglio comprendere la natura del quadro, non ha

compiuto tali passi. Questo dimostra che essa stessa ha contribuito alla situazione che si è

poi determinata, non sfruttando le possibilità di approfondire la valutazione già in fase

preliminare. Inoltre, non risulta che Tizio fosse stato invitato a fornire ulteriori informazioni

o che fosse obbligato a farlo, né dalla normativa applicabile né dalle richieste esplicite

dell’amministrazione. Pertanto, non può ritenersi che abbia violato alcun dovere di

correttezza nei rapporti con la Pubblica Amministrazione. Oltre a ciò, permangono forti

dubbi sulla conoscenza e conoscibilità, da parte di Tizio, delle informazioni rilevanti per la

valutazione dell’opera. La motivazione fornita dalla Pubblica Amministrazione per

giustificare l’annullamento d’ufficio, basata sul presunto “comportamento poco

collaborativo del soggetto istante”, potrebbe inoltre configurare un eccesso di potere, poiché

tale motivazione appare insufficiente e si traduce in un difetto di motivazione e in un

eventuale difetto di istruttoria, entrambi rientranti tra le figure sintomatiche dell’eccesso di

potere.

Inoltre, un altro punto sollevato dal Ministero della Cultura riguarda l’accusa che Tizio

abbia colpevolmente omesso di dichiarare la provenienza del dipinto dalla collezione della

moglie Sempronia e il legame di parentela tra la famiglia di lei e quella del committente

dell’opera. Tuttavia, non è chiaro se Tizio fosse effettivamente a conoscenza di tali

informazioni, considerato che il legame di parentela in questione risale a tempi molto

lontani e difficilmente ricostruibili. È improbabile che Tizio conoscesse i dettagli

genealogici della famiglia di sua moglie o che potesse collegare questi ultimi al committente

dell’opera. Peraltro, anche se la Pubblica Amministrazione avesse avuto accesso a tali

informazioni, non sarebbe stata automaticamente in grado di stabilire con certezza

l’attribuzione del dipinto a Giorg

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Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

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