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Vitelloni
Tutto ciò che ha detto fino ad ora con la follia e il movimento di eSceicco biancodello (1952). Non credo che si tratti di un gusto per l'auto-4 Guardando Otto e mezzo di Federico Fellini,G. Barreca, Gruppo Editoriale S.p.A.,2008, p. 7.5 8½" e il cinema come istituzione. Il film "difficile" di Fellini e la culturaM. Giori,italiana del suo tempo, In Raffaele De Berti (ed.), Milano, 2006, pp. 75-76.6 La cultura, Storia d'Italia. Dall'Unità a oggiA. A. Rosa, in , vol. IV, tomo II, Torino,Einaudi, 1975, pp. 1631-1658.citazione. [...] Fellini affila il suo coltello contro sé stesso. Così facendo supera le proprie angosce, e quelle di ogni uomo di cinema, traumatizzato [...] dallo stato d'inferiorità e di soggezione in cui vegeta, come un pesce delle caverne, l'arte di fare dei film. 7Secondo Argentieri, personaggi ed eventi "non solo sono considerati fuori dallastoria, e dei rapporti di
Condizionamento sociale", ma sono anche osservati"solamente dal buco della serratura. 8Scrive invece Giovanni Grazzini:La parabola pronunciata da Fellini può anche lasciarci freddi, se la isoliamo dal contesto [...], ma l'eccezionalità del film sta proprio nella "bella confusione" [...] d'errore e verità, di realtà e sogno, di valori stilistici e valori umani, nel totale adeguamento del linguaggio cinematografico di Fellini alle sconnesse immaginazioni di Guido. Come distinguere il regista della realtà da quello della finzione è impossibile, così i difetti di Fellini coincidono con le ombre spirituali di Guido. L'osmosi tra arte e vita è strabiliante. 9Leitmotiv della critica di sinistra è l'assalto al finale, o più in generale alla seconda parte del film che, secondo Fofi, "affrontando temi più ampi e pretese più alte, è molto meno riuscita".
10Aristarco è ancora più pungente: Le sequenze finali non solo sono la parte più debole del film, ma anche quelle che denunciano l'inconsistenza della visione felliniana. Con una irrazionalità indubbiamente poetica, Fellini assolve acriticamente il mondo nella sua totalità, intende e crede di riconciliare ogni conflitto razionale, definire il problema dell'arte moderna, i rapporti tra forma e vita, società e individuo, opera e critica", sicché il finale "scopre davvero la mancanza di un'autentica problematica, le deficienze della sua avanguardia.
11Pio Baldelli, voce tra le più radicali della sinistra di quegli anni, se la prende con quello che definisce un "Amleto di provincia" incapace di assurgere a una dimensione tragica in quanto, nei suoi tratti troppo privati, si presta poco all'identificazione di massa.
12Con un finale differente le critiche della sinistra sarebbero state più
clementi.Ma il girotondo circense appare a tutti un elogio della stasi e dell'accettazione passiva delle fatalità della vita, confermando le implicazioni conservatrici di un regista del quale si cerca in tutti i modi di mettere in luce l'incultura, il provincialismo, l'inadeguatezza allo statuto autoriale che si era stati propensi a riconoscergli. 13Il regista, tuttavia, ha dalla sua un appoggio da quella parte della critica in cerca di quarti di nobiltà da spendere in suo favore. Da qualche anno Fellini7 "Cahiers du Cinéma", I film di P. Kast, Parigi, luglio 1963, p. 145; Citato in C. G. Fava, Federico Fellini, Effetto cinema, Volume 1 di Gremese Editore, 1995, p. 109.8 8½, "Rinascita", M. Argentieri, in 16 febbraio 1963, p. 24.9 "Corriere della sera", G. Grazzini, da Milano, 16 febbraio 1963.10 Federico Fellini: "Otto e mezzo", G. Fofi, cit., p. 95.11 Il gattopardo e il telepata, G. Aristarco, cit., p.
128.12 Fellini: da “La dolce vita” a “8½”, «Mondo operaio»,P. Baldelli, in n. 2-3, febbraio-marzo 1963, p. 56.
13 8½" e il cinema come istituzione. Il film “difficile” di Fellini e la culturaM. Giori,italiana del suo tempo, In Raffaele De Berti (ed.), Milano, 2006, p 80.
aveva infatti iniziato a familiarizzare con le teorie di Carl Gustav Jung, leggendoalcune sue opere e frequentando Ernst Bernhard. Fellini trova in Jung «un puntod’incontro tra scienza e magia, tra razionalità e fantasia» grazie al quale sisente affrancato «dal senso di colpa e dal complesso di inferiorità» causatoglidalla cronica incapacità di mettere ordine nel suo rapporto con il mondo e dal«non avere idee generali su niente».
14Ma di Jung la nostra critica in questo momento se ne fa ben poco, perché lapsicanalisi, avversata dal fascismo, dall’idealismo crociano e dalla Chiesacattolica,
non è ancora penetrata a sufficienza nella cultura italiana e all'inizio degli anni '60 persiste la diffidenza degli ambienti accademici e del marxismo. Inoltre, l'influenza della psicanalisi negli studi di cinema, anche a livello teorico, si farà sentire solo nel decennio successivo. È insomma troppo presto perché la critica si lasci sedurre dalla psicanalisi, e infatti i recensori per lo più glissano o si limitano a cenni approssimativi a Freud, evitando di addentrarsi in un territorio ancora avvertito come di altrui competenza. Per il momento a interessarsi degli influssi della psicanalisi su sono così solo gli psicologi. Il personaggio di Fellini è un erotomane, un sadico, un masochista, un mitomane, un pauroso della vita, un nostalgico del seno materno, un buffone, un mistificatore e un imbroglione. Per qualche aspetto rassomiglia un po' a Leopold Bloom, l'eroe dell'Ulysses di Joyce che Fellinimostra in più punti di aver letto e meditato. Il film è tutto introverso, ossia, in sostanza, è un monologo interiore alternato a radisquarci di realtà. La nevrosi dell'impotenza è illustrata da Fellini con una precisione clinica impressionante e, forse, talvolta persino involontaria. [...] I sogni di Fellini sono sempre sorprendenti e, in senso figurativo, originali; ma nei ricordi traluce un sentimento più delicato e più profondo. Per questo i due episodi dell'infanzia nella rustica casa romagnola e della fanciullezza con il primo incontro con la donna sulla spiaggia di Rimini, sono i più belli del film e tra i più belli di tutta l'opera di Fellini. 1614 Intervista sul cinema,F. Fellini, Grazzini Giovanni (a cura di), Roma-Bari, Laterza,1983, pp. 129-130. Il Mondo,A. Riccio, psicologo ma titolare della rubrica di cinema del settimanale 8½ recensendo (12 marzo 1963) si limita a un vago
Riferimento al concetto di "depersonalizzazione", "uno dei temi più vivi e recenti dei convegni internazionali di psichiatria" (Fellini sul divano dello psichiatra "Il Resto del Carlino", A. Miotto, in 198½ febbraio 1963, p. 3) dedica agli influssi junghiani su un articolo. Qualche riferimento alla psicanalisi si trova anche nella recensione di R. Buzzonetti (mezzo, cit., p. 120), cattolico come Miotto: Il film è la prestigiosa storia di una nevrosi, in cui i meccanismi difensivi della psiche (la proiezione, la regressione, l'identificazione, la rimozione sino all'autopunizione) sono puntualmente innestati in un grande conflitto, che severamente impegna l'io, il non-io e la coscienza. E persino la confessione autobiografica esemplifica la legittima applicazione dello slogan psicanalitico "conoscere è guarire". 16 "L'Espresso", A. Moravia, da 17 febbraio 1963; citato in Claudio G. Fava,
AldoI film di Federico Fellini,Viganò, Gremese, Roma, 1995, p. 108.
Otto e mezzo è un’opera che sfugge alle definizioni, che sconcerta il pubblico ecritica fin da subito. È figlio del tormento della sua epoca e del suo paese:l’Italia, in cui non si fa più la fame e c’è tempo per riflettere tra nuove libertà evecchie restrizioni. Si tratta di un film che ha subito svariate critiche, per viaLa dolce vita;della fama del regista e dei suoi precedenti film, fra cui del suoonirismo difficilmente comprensibile ad una prima lettura, il finale sospeso inun giro tondo della vita. Allo stesso tempo è un film che è riuscito a riscattarsi,un film che può vantare di essere chiamato “d’autore” in una stagione unicadel cinema italiano, che porta il nome di un grande regista come Fellini e cheOtto eancora oggi rappresenta il nostro cinema italiano in tutto il mondo.mezzo è l’esempio di come
Il cinema si sublima in arte. Un film che viene considerato eternamente contemporaneo in quanto Fellini è riuscito a configurare con sincerità che l'inadeguatezza dell'uomo/regista di fronte alla complessità dell'esistere è il vero cuore pulsante del Cinema. Perché il cinema non fotografa la vita, è vita.
Bibliografia: 8½, Rinascita, Argentieri Mino, in 16 febbraio 1963, p. 24.
"Il gattopardo e il telepata", Aristarco Guido, cit., p. 128.
La cultura, Storia d'Italia. Dall'Unità a oggi, Asor Rosa Alberto, in vol. IV, tomo II, Torino, Einaudi, 1975, pp. 1631-1658.
Guardando Otto e mezzo di Federico Fellini, Barreca Giuseppe, Gruppo Editoriale S.p.A., 2008, p. 7.
Otto e mezzo, Buzzonetti Renato, cit., p. 120.
Intervista sul cinema, Fellini Federico, Grazzini Giovanni (a cura di), Roma-Bari, Laterza, 1983, pp. 129-130.
Federico Fellini: "Otto e mezzo", Fofi Goffredo, cit., p.
- 95. 8½" e il cinema come istituzione. Il film “difficile” di Fellini e Giori Mauro, la cultura italiana del suo tempo, In Raffaele De Berti (ed.), Milano, 2006, p. 80. Corriere della sera», Grazzini Giovanni, da Milano, 16 febbraio 1963.
- «Cahiers du Cinéma», Kast Pierre, Parigi, luglio 1963, p. 145.
- «Federico – Fellini, la vita, i film, Kezich T., Feltrinelli, Milano, 2002
- Fellini sul divano dello psichiatra, «Il Resto del Carlino», Miotto Antonio, in 19 febbraio 1963, pg. 3. L'Espresso», Moravia Alberto, da 17 febbraio 1963; citato in Claudio G.
- «I film di Federico Fellini, Fava, Aldo Viganò, Gremese, Roma, 1995, p. 108.
- Cinema d’autore degli anni Sessanta