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DOMANDE APERTE

• Individuare uno dei cosiddetti “generi minori” e ripercorrerne le fasi di evoluzione fra

cinque e seicento.

Uno dei generi meno prestigiosi è la pittura di paesaggio, considerata da Giustiniani come un

campo con due categorie di artisti: da un lato, i pittori italiani che si dedicano a rappresentare

dettagli ma senza particolare attenzione e cura, e dall'altro, i pittori fiamminghi che si sforzano

di catturare la naturalezza del paesaggio nei loro dipinti. Questa forma d'arte era stata vista da

Vasari come di scarso valore, adatta più per le abitazioni di artigiani come i ciabattini o per le

stanze delle donne. Tra i pittori italiani di paesaggi che Giustiniani menziona ci sono nomi

importanti come Tiziano, Raffaello, i Caracci e Caravaggio. Questi ultimi due furono molto

importanti grazie alla loro abilità nel mescolare la rappresentazione del reale con elementi di

fantasia. È significativo notare che la posizione di Giustiniani riflette un cambiamento di

visione, suggerendo che anche i grandi artisti devono essere in grado di ritrarre soggetti meno

elevati per essere considerati tali. Verso la fine del Cinquecento, i paesaggi iniziano a occupare

un posto sempre più rilevante nelle collezioni d'arte. È interessante notare che

l’apprezzamento per questo genere è cresciuto al punto che a Roma si stabilirono i fratelli

Brill, che aprirono una bottega dedicata, e le opere di artisti come Dosso e Garofalo, che

uniscono il paesaggio nordico con quello veneziano, diventarono sempre più richieste.

Tuttavia, è importante sottolineare che la rivalutazione della pittura di paesaggio non è

avvenuta istantaneamente; sebbene Brill abbia infuso vitalità in queste opere, esse rimangono

perlopiù su tele di piccolo formato.

• Portare un esempio di dispersione di una collezione.

Un grande esempio di dispersione di una collezione riguarda la collezione estense il quale,

con il reintegro di Ferrara nei domini papali, fu completamente trasferita nella collezione

Aldobrandini, dove rimase fino al 1633, accessibili a tutti gli studiosi desiderosi di osservarla.

La presenza di queste opere a Roma contribuì a far emergere una corrente neo-veneta che

influenzò il Barocco. I medesimi protagonisti leggendari presenti in questa collezione, in

particolare Bacco, furono fonte di ispirazione per Annibale Carracci, che li scelse come

soggetti per la sua opera nella volta di Palazzo Farnese a Roma. I baccanali furono riprodotti

numerose volte fin dai primi anni del Seicento e influenzarono anche il pittore francese

Poussin. È stato inoltre accertato che "Il Baccanale degli Andrii", insieme a "L'offerta a

Venere", furono nel 1621 trasferiti al cardinale Ludovico Ludovisi da Olimpia Aldobrandini,

e successivamente ceduti nel 1633 a Filippo IV di Spagna in occasione della concessione del

Principato di Piombino. Le opere di Luca Giordano mostrano l'influenza dei baccanali che lui

probabilmente ebbe modo di vedere durante gli anni in cui le tele si trovavano a Napoli.

• Scegliere un’importante collezione del Seicento e delinearne le principali caratteristiche.

La collezione Spada fu creata dalla famiglia Spada a Roma ed è composta da un'importante

raccolta di opere artistiche e archeologiche, nata su iniziativa del Cardinale Bernardino Spada.

Una porzione della quadreria è ancora esposta nelle sale del palazzo Spada Capodiferro,

trasformato in museo, il quale fu acquistato dal cardinale Bernardino nel 1632 dal cardinale

Girolamo Spada. Nel corso del Seicento, le raccolte furono ulteriormente arricchite dal

pronipote, il Cardinale Fabrizio Spada. La collezione si distingue per un particolare interesse

verso l'arte antica, la pittura nordica e, soprattutto, per le scuole artistico-emiliana e bolognese.

Tra le opere si trovano capolavori di Guido Reni, Guercino, Cerquozzi e Cerrini. La collezione

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fu tutelata dal fidecommesso che, nel 1816, i principi Spada imposero per evitarne la

dispersione.

• Sintetizzare l’evoluzione degli spazi dedicati al collezionismo privato.

Lo Studiolo è concepito come uno spazio intimo e rifugio in cui l’intellettuale può dedicarsi

alla lettura e alla meditazione. Al suo interno vengono conservati gli strumenti di studio e

piccoli oggetti d’arte che ne fanno un vero e proprio museo privato. In questo ambiente,

l’esperto gode della "solitudo", una condizione che lo eleva a uno stato quasi divino,

considerata fondamentale per ogni attività creativa. Una caratteristica essenziale dello studiolo

è la presenza di una finestra che consente il contatto con la natura, elemento imprescindibile

per l’intellettuale. Nel Trecento, lo studiolo aveva un’accezione religiosa e mistica, poiché gli

studiosi erano quasi tutti ecclesiastici. Con l’Umanesimo e il Rinascimento, esso si afferma

anche nei palazzi nobiliari come luogo dove conservare le collezioni degli umanisti. Mantiene

comunque un forte carattere privato, essendo solitamente situato in zone riservate degli edifici,

spesso decorato con cicli di affreschi con significati nascosti.

Nel tempo, lo studiolo si trasforma in camerino, esprimendo il piacere di mostrare le opere

preziose che racchiude. Assumendo un carattere più museale, non risponde più a esigenze

religiose, ma a una tendenza più libera e pagana, che privilegia l’esposizione e la condivisione

delle proprie collezioni. Un esempio celebre è lo Studiolo di Isabella d’Este, in cui ogni

elemento rappresentava un tassello del messaggio della filosofia platonica. Un altro noto

camerino è quello di Francesco De’ Medici, accessibile dalla stanza del Duca, pensato come

un guardaroba privato di oggetti rari e preziosi. La galleria, simile allo studiolo, riflette la

mentalità umanistica di esposizione e fruizione di opere d’arte e oggetti di valore. La sua

origine è incerta: alcuni studiosi ipotizzano che sia nata in Francia, come risultato della

trasformazione delle stanze dei castelli francesi, creando uno spazio ampio e allungato, o

dall’adattamento degli ambulacri a causa del clima rigido; altri, come Julius von Schlosser,

sostengono che si tratti di uno spazio tutto italiano. In generale, si riconosce che le gallerie

siano nate come corridoi di passaggio, collegando diverse parti di edifici e richiedendo

decorazioni cicliche. Sono nate per rispondere al desiderio di esporre il proprio patrimonio

artistico, e quindi erano aperte a ospiti e visitatori selezionati. Col tempo, le gallerie si

ampliarono fino a raggiungere dimensioni imponenti, come quelle di Fontainebleau. Si tratta

di corridoi di collegamento tra le ali di un palazzo, aperti su entrambi i lati e illuminati dalle

finestre poste lungo i lati. Ispirandosi a Fontainebleau, anche in Italia si realizzarono le prime

gallerie per l’esposizione delle collezioni private.

• Delineare sinteticamente l’evoluzione degli spazi in cui, nel corso dei secoli, si allestirono

le raccolte private.

Lo Studiolo è concepito come uno spazio intimo e rifugio in cui l’intellettuale può dedicarsi

alla lettura e alla meditazione. Al suo interno vengono conservati gli strumenti di studio e

piccoli oggetti d’arte che ne fanno un vero e proprio museo privato. In questo ambiente,

l’esperto gode della "solitudo", una condizione che lo eleva a uno stato quasi divino,

considerata fondamentale per ogni attività creativa. Una caratteristica essenziale dello

studiolo è la presenza di una finestra che consente il contatto con la natura, elemento

imprescindibile per l’intellettuale. Nel Trecento, lo studiolo aveva un’accezione religiosa e

mistica, poiché gli studiosi erano quasi tutti ecclesiastici. Con l’Umanesimo e il Rinascimento,

esso si afferma anche nei palazzi nobiliari come luogo dove conservare le collezioni degli

umanisti. Mantiene comunque un forte carattere privato, essendo solitamente situato in zone

riservate degli edifici, spesso decorato con cicli di affreschi con significati nascosti.

Nel tempo, lo studiolo si trasforma in camerino, esprimendo il piacere di mostrare le opere

preziose che racchiude. Assumendo un carattere più museale, non risponde più a esigenze

religiose, ma a una tendenza più libera e pagana, che privilegia l’esposizione e la condivisione

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delle proprie collezioni. Un esempio celebre è lo Studiolo di Isabella d’Este, in cui ogni

elemento rappresentava un tassello del messaggio della filosofia platonica. Un altro noto

camerino è quello di Francesco De’ Medici, accessibile dalla stanza del Duca, pensato come

un guardaroba privato di oggetti rari e preziosi. La galleria, simile allo studiolo, riflette la

mentalità umanistica di esposizione e fruizione di opere d’arte e oggetti di valore. La sua

origine è incerta: alcuni studiosi ipotizzano che sia nata in Francia, come risultato della

trasformazione delle stanze dei castelli francesi, creando uno spazio ampio e allungato, o

dall’adattamento degli ambulacri a causa del clima rigido; altri, come Julius von Schlosser,

sostengono che si tratti di uno spazio tutto italiano. In generale, si riconosce che le gallerie

siano nate come corridoi di passaggio, collegando diverse parti di edifici e richiedendo

decorazioni cicliche. Sono nate per rispondere al desiderio di esporre il proprio patrimonio

artistico, e quindi erano aperte a ospiti e visitatori selezionati. Col tempo, le gallerie si

ampliarono fino a raggiungere dimensioni imponenti, come quelle di Fontainebleau. Si tratta

di corridoi di collegamento tra le ali di un palazzo, aperti su entrambi i lati e illuminati dalle

finestre poste lungo i lati. Ispirandosi a Fontainebleau, anche in Italia si realizzarono le prime

gallerie per l’esposizione delle collezioni private.

• Ripercorrere l’evoluzione degli spazi del collezionismo dall’epoca Medievale al Seicento.

Lo Studiolo è concepito come uno spazio intimo e rifugio in cui l’intellettuale può dedicarsi

alla lettura e alla meditazione. Al suo interno vengono conservati gli strumenti di studio e

piccoli oggetti d’arte che ne fanno un vero e proprio museo privato. In questo ambiente,

l’esperto gode della "solitudo", una condizione che lo eleva a uno stato quasi divino,

considerata fondamentale per ogni attività creativa. Una caratteristica essenziale dello

studiolo è la presenza di una finestra che consente il contatto con la natura, elemento

imprescindibile per l’intellettuale. Nel Trecento, lo studiolo aveva un’accezione religiosa e

mistica, poiché gli studiosi erano quasi tutti ecclesiastici. Con l’Umanesimo e il Rinascimento,

esso si afferma anche nei palazzi nobiliari come luogo dove conservare le collezioni degli

umanisti. Mantiene comunque un forte carattere privato, essendo solitamente situato

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Publisher
A.A. 2024-2025
46 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/02 Storia dell'arte moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ila944 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica "e-Campus" di Novedrate (CO) o del prof Vicentini Cecilia.