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Con l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana l’apparato amministrativo è arricchito dalle Regioni:
enti dotati di potere legislativo e statutario, oltre che di funzioni amministrative. Nel disegno originario, le
Regioni avrebbero dovuto esercitare le proprie funzioni delegandole a Comuni e Province, poiché intese
quali enti di gestione, di promozione e di coordinamento di attività operative demandate ad enti già
esistenti. Questo disegno, tuttavia, è rimasto incompiuto, perché le Regioni si sono dotate di un apparato
organizzativo proprio ed hanno esercitato in proprio le funzioni. A partire dagli anni ‘90 l’assetto
organizzativo si complica ulteriormente, con il trasferimento di numerose funzioni direttamente agli enti
locali minori. Arriviamo, quindi, alla Riforma del Titolo V della Costituzione (legge cost. n. 3/2001), che
modifica l’art. 114 istituendo una formale equiparazione tra tutti gli enti territoriali («La Repubblica è
costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato»). Con questo
passaggio si sancisce, in via definitiva, il superamento della concezione unitaria che aveva permeato in
origine l’organizzazione dell’apparato amministrativo. Lo Stato non è l’organizzazione pubblica, ma è solo
una parte di esso. Il nuovo criterio distributivo delle funzioni amministrative tra gli enti territoriali si basa sui
principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza (art. 118 Cost.). Si afferma, quindi, un vero e
proprio «sistema policentrico» costruito sul c.d. principio autonomistico: «I Comuni, le Province, le Città
metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati
dalla Costituzione» (art. 114, co. 2 Cost.). Sistema, quest’ultimo, che è orientato verso un modello di
federalismo moderato. Nei primi anni duemila, però, anche il modello delle società a partecipazione
pubblica entra in crisi. A ciò hanno contribuito una pluralità di fattori: • le istanze pro-concorrenziali
derivanti dal diritto dell’Unione europea; • l’esigenza di far fronte alla situazione di crisi finanziaria che ha
investito l’Italia e l’Europa. Da qui l’adozione di norme volte a limitare l’impiego dello strumento societario
da parte delle P.A., con l’introduzione di limiti di fine e di scopo alla loro costituzione, nonché all’acquisto ed
al mantenimento delle relative partecipazioni.
16. Descriva il candidato l'evoluzione dell'assetto organizzativo della P.A. dal periodo post-unitario ai primi
anni '90 del XX secolo
L’assetto organizzativo della Pubblica Amministrazione, per come oggi lo conosciamo, deriva da una lunga
evoluzione. Punto di partenza si ha con la c.d. «unificazione amministrativa» che si è realizzata con la
lOMoARcPSD|13333869
formazione del Regno d’Italia come Stato unitario. In questo periodo, è sorta infatti l’esigenza di uniformare
i diversi apparati amministrativi e di ricondurli ad un modello unitario, avuto riguardo alle loro strutture ed
alle loro funzioni. Il modello che fu preso a riferimento fu quello del Regno sabaudo, che era l’unico Stato
costituzionale esistente al momento della formazione del Regno d’Italia. Il processo di «unificazione
amministrativa» sul modello sabaudo fu facilitato dal fatto che, nel 1859, il Governo piemontese aveva
rivisto ed aggiornato la propria legislazione proprio in vista di un allargamento del proprio territorio,
approvando leggi fondamentali sull’ordinamento comunale e provinciale, sul Consiglio di Stato, sulla Corte
dei conti, sull’amministrazione centrale. Il modello organizzativo dell’assetto amministrativo era fortemente
accentrato e costruito sulla responsabilità ministeriale. La fisionomia dell’organizzazione amministrativa
risultante dalla «unificazione» era, come si è detto, fortemente accentrata e connotata da una forte
gerarchia. Le strutture organizzative erano concentrate su pochi enti territoriali (Stato, Provincia e Comuni)
ed erano pochissimi gli enti pubblici non territoriali. In questo contesto, la nozione di P.A. era fatta
coincidere con quella di Stato, nel senso che ciò che era pubblico era rapportato allo Stato. Province e
Comuni erano concepiti quali membra e/o articolazioni interne dello Stato, dal quale dipendevano. la
fisionomia dell’apparato amministrativo post unitario si è evoluto nel corso del tempo. A ciò hanno
contribuito diversi fattori: • aumento delle funzioni assegnate alle Pubbliche Amministrazioni; •
allargamento del corpo elettorale; • affermarsi delle autonomie locali. L’aumento delle funzioni assegnate
alle Pubbliche Amministrazioni è stato causato dal dilatarsi delle esigenze organizzative dello Stato. Questo
ha comportato l’introduzione di nuovi modelli organizzativi: i dipartimenti, le aziende autonome, le agenzie,
i grandi enti pubblici funzionali, le società a partecipazione pubblica, le Autorità amministrative
indipendenti. Questo processo evolutivo si compone di numerose fasi e prende avvio sul finire del XIX
secoloRisale all’inizio del XX secolo (1903), invece, la nascita delle aziende municipalizzate, con le quali gli
enti locali forniscono servizi pubblici (di illuminazione, acqua, trasporto pubblico ecc.) in favore dei cittadini.
Nel periodo fascista, l’apparato amministrativo è integrato dai grandi enti pubblici funzionali (INPS, INA, IRI).
Lo Stato fa ingresso in numerosi settori, da quello del credito, alle assicurazioni, fino al mondo industriale.
Con l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana l’apparato amministrativo è arricchito dalle Regioni:
enti dotati di potere legislativo e statutario, oltre che di funzioni amministrative. A partire dagli anni ‘90
l’assetto organizzativo si complica ulteriormente, con il trasferimento di numerose funzioni direttamente agli
enti locali minori. Arriviamo, quindi, alla Riforma del Titolo V della Costituzione (legge cost. n. 3/2001), che
modifica l’art. 114 istituendo una formale equiparazione tra tutti gli enti territoriali. Con questo passaggio si
sancisce, in via definitiva, il superamento della concezione unitaria che aveva permeato in origine
l’organizzazione dell’apparato amministrativo. Lo Stato non è l’organizzazione pubblica, ma è solo una parte
di esso. Il nuovo criterio distributivo delle funzioni amministrative tra gli enti territoriali si basa sui principi di
sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza (art. 118 Cost.). Si afferma, quindi, un vero e proprio «sistema
policentrico» costruito sul c.d. principio autonomistico: «I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le
Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla Costituzione»
(art. 114, co. 2 Cost.). Sistema, quest’ultimo, che è orientato verso un modello di federalismo moderato
17. Descriva il candidato i rapporti tra Stato, Comuni e Province nell'assetto organizzativo post-unitario della
fine del XIX secolo
L’assetto organizzativo della Pubblica Amministrazione, per come oggi lo conosciamo, deriva da una lunga
evoluzione. Punto di partenza si ha con la c.d. «unificazione amministrativa» che si è realizzata con la
formazione del Regno d’Italia come Stato unitario. In questo periodo, è sorta infatti l’esigenza di uniformare
i diversi apparati amministrativi e di ricondurli ad un modello unitario, avuto riguardo alle loro strutture ed
alle loro funzioni. Il modello che fu preso a riferimento fu quello del Regno sabaudo, che era l’unico Stato
costituzionale esistente al momento della formazione del Regno d’Italia. Il processo di «unificazione
amministrativa» sul modello sabaudo fu facilitato dal fatto che, nel 1859, il Governo piemontese aveva
rivisto ed aggiornato la propria legislazione proprio in vista di un allargamento del proprio territorio,
approvando leggi fondamentali sull’ordinamento comunale e provinciale, sul Consiglio di Stato, sulla Corte
lOMoARcPSD|13333869
dei conti, sull’amministrazione centrale. Il modello organizzativo dell’assetto amministrativo era fortemente
accentrato e costruito sulla responsabilità ministeriale. L’«unificazione amministrativa» fu definitivamente
attuata nel 1865, con l’emanazione della legge n. 2248 (costituita da un solo articolo e da sei allegati da A a
F). La fisionomia dell’organizzazione amministrativa risultante dalla «unificazione» era, come si è detto,
fortemente accentrata e connotata da una forte gerarchia. Le strutture organizzative erano concentrate su
pochi enti territoriali (Stato, Provincia e Comuni) ed erano pochissimi gli enti pubblici non territoriali. In
questo contesto, la nozione di P.A. era fatta coincidere con quella di Stato, nel senso che ciò che era
pubblico era rapportato allo Stato. Province e Comuni erano concepiti quali membra e/o articolazioni
interne dello Stato, dal quale dipendevano. La fisionomia dell’apparato amministrativo post unitario poteva,
pertanto, essere distinta in: • amministrazione diretta: se facente capo allo Stato; • amministrazione
indiretta: se facente capo agli enti minori che dipendevano dallo Stato. Comuni e Province erano sottoposti
ad una accentuata gerarchia rispetto allo Stato ed erano soggetti a poteri di ingerenza da parte di
quest’ultimo, tanto da essere concepite quali «corpo compatto governato dal centro».
Lezione 009
01. La nozione di persona giuridica:
è propria delle sole figure soggettive immateriali
02. secondo la sua nozione originaria l'atto amministrativo è
03. l'atto amministrativo da atto unilaterale d'autorità diviene atto controllabile nella sua fase preparatoria
14. quale è l'evoluzione giurisprudenziale del concetto di atto amministrativo
Atto adottato da una pubblica amministrazione in quanto autorità. Si distingue dagli
accordi, dalle convenzioni, dai contratti, che la pubblica amministrazione conclude
non in posizione di autorità, ma in posizione di sostanziale parità nei confronti
dell’amministrato. L’evoluzione della categoria. - Inizialmente, la nozione di atto
amministrativo era molto ampia e comprendeva tutte le misure adottate
unilateralmente da pubbliche amministrazioni: dalla semplice nota indirizzata da un
ufficio a un altro, ai pareri, agli accertamenti tecnici, ai bilanci, alle decisioni di
espropriare proprietà private per ragioni di pubblica utilità. In seguito, grazie alla
giurisprudenza, si è introdotta una distinzione fra atto amministrativo in senso stretto
e proprio, da un lato, e provvedimento amministrativo, dall’altro. L