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MANAGERIALI
Per la verifica della validità del modello delle Intelligenze Manageriali, è stato coinvolto un
campione rappresentativo di imprenditori e top manager di comprovato successo, tramite
interviste strutturate basate su un questionario standard.
Con questa operazione si sono volute vagliare le modalità fondamentali con le quali gli attori
coinvolti mettono in pratica le varie Intelligenze Manageriali
I risultati emersi sono ampiamente confortanti circa la correlazione tra efficacia manageriale e
pieno utilizzo delle citate intelligenze. In sintesi, emerge una significativa convergenza sul
possesso elevato delle Intelligenze Manageriali negli imprenditori e nei manager di successo.
Questo, ovviamente, non vuol dire che non si siano presentati aspetti contradditori, i quali,
però, derivano più dai diversi stili adottati che da contrapposizioni vere e proprie.
Le decisioni efficaci vengono prese da tut t i gli intervistat i tramite l’intuito verificato con la
razionalità.
Quando l’intuito è affidabile deriva da una sorta di “estratto dell’esperienza”. Ma l’approccio
logico-razionale è indispensabile quando si affrontano tematiche strategiche, molto complesse,
nuove o sulle quali non si è competenti.
L’applicazione delle decisioni è basata su deleghe accompagnate da metodologie di controllo
“razionali” e “relazionali”.
Calcoli, indici e parametri rappresentano un mezzo indispensabile, soprattutto per dare ordine,
collegare, comprendere e memorizzare in modo efficace in relazione a: controllo risultati,
verifica andamenti, consolidamento dei processi di analisi, previsione del futuro, scelta in
condizione di incertezza. Il rapporto con le altre persone: collaboratori, clienti, fornitori,
concorrenti, ecc., è basato su attenti processi di feedback, la fonte principale del
coinvolgimento e dell’interazione costruttiva.
La consapevolezza e il dialogo interiore sono essenziali per comprendere sé stessi in termini
dinamici e interattivi: capire se e dove si sta sbagliando, avere conferme in termini di “serenità
decisionale”, superare le incoerenze e puntare sulla produttiva armonia tra mondo interiore e
ambiente. In tutti gli intervistati è emersa la convinzione che la realtà (e non solo quella dei
mercati) è condizionata sovente da ciò che appare sconosciuto o improbabile, mentre il rischio
da evitare è di continuare a occuparsi di aspetti secondari o di concentrarsi su ciò che è
conosciuto e tende a ripetersi costantemente.
Sembra che gli imprenditori e i top manager di successo riescano più facilmente a non cadere in
questa trappola rifuggendo le routine tranquillizzanti. Essi appaiono “intelligentemente umili”.
Pur essendo profondamente esperti non si lasciano orientare e trascinare pesantemente dalle
loro conoscenze ed esperienze
In altri termini, riescono a contrastare la tendenza spontanea e molto diffusa a concentrarsi solo
sulle conferme rifuggendo le confutazioni: si dedicano sistematicamente anche alle verifiche
critiche. Quando gli imprenditori e i top manager di successo tentano di prevedere il corso degli
eventi, formulando ipotesi o costruendo scenari, continuano comunque a cercare prove che
potrebbero invalidare le ipotesi emerse e modificare sostanzialmente gli scenari disegnati.
Questo scetticismo sistematico di carattere strumentale è sorretto da una fiducia in sé stessi
priva di ogni forma di distorcente auto-esaltazione, tipica dell’espressione elevata
dell’intelligenza introspettiva. Come abbiamo accennato, le decisioni efficaci vengono
diffusamente prese integrando intuito e razionalità.
Ma un aspetto importante che riguarda la capacità di decidere efficacemente, rispetto ad un
ventaglio di possibilità, è la tendenza a “vedere”, oltre le conseguenze ovvie e facilmente
definibili, anche le conseguenze “opache” che si presentano dietro le pieghe di andamenti
lineari.
Cercando conseguenze non scontate diviene possibile aprire orizzonti originali, che possono
divenire produttivi in quanto nicchie di azione scarsamente prese in considerazione e non ancora
sfruttate. Da questa angolazione, si può dire che il “mestiere” degli imprenditori e dei top
manager di successo non è quello di correre rischi.
Chi affronta i rischi spavaldamente è simile ad un giocatore d’azzardo: prima o poi incapperà in
un rovescio.
La loro idea dominante è, invece, acquisire consapevolezza dei rischi per aggirarli.
Questo atteggiamento comporta l’apparente paradosso di tener conto della rilevanza di ciò che si
ignora e della diffusa “cecità verso le probabilità” (ampiamente analizzata e confermata
dall’economia cognitiva e sperimentale).
I nostri personaggi evidenziano, più o meno, la tendenza a tener conto dell’imprevedibile, del
fatto che possono capitare casi fortuiti positivi o negativi, a fronte dei quali è indispensabile
essere razionalmente ed emotivamente preparati per sfruttarli o contenerli tempestivamente.
Un altro aspetto emerso è che tutti gli intervistati hanno evidenziato di non soffrire della
sindrome dell’accumulo delle informazioni.
Sono consapevoli che più informazioni si raccolgono, più, durante il periodo di raccolta,
tendono a formarsi ipotesi intermedie che incrostano la necessaria ingenuità mentale
distorcendo la facoltà di sintesi.
Troppe informazioni si dimostrano tossiche perché ingolfano la mente e rallentano i percorsi
interpretativi.
Quando nella mente si formano precocemente opinioni, diventa difficile accoglierne di nuove,
anche quando queste risultassero più centrate. Siccome tutte le persone hanno difficoltà a
cambiare idea, più si tarda a formulare ipotesi e teorie interpretative, meno si ha bisogno di
enormi raccolte di informazioni e più si riesce ad essere efficaci e a giungere alle soluzioni
Il segreto, quindi, sta nel congelare il giudizio mentre si raccolgono i dati e le informazioni. In
ogni caso, tutti gli intervistati sono risultati consapevoli della difficoltà di sospendere il giudizio
osservando in modo distaccato i fatti e resistendo alla tentazione di giungere a interpretazioni e
spiegazioni anzitempo. Tutti, in forme diverse, hanno riconosciuto che la chiave di volta non sta
nella quantità di informazioni disponibili, ma nella capacità di ritardare il ricorso alle
conclusioni.
Il modello interpretativo che sostiene questo approccio parte dalle considerazioni che
moltissimi fenomeni hanno carattere casuale facendo apparire la realtà caotica e,
conseguentemente, minacciosa e inestricabile.
Dare, quindi, un significato, il prima possibile, a ciò che si manifesta consente di ottenere una
rassicurante e deterministica causalità, assolutamente fallace e che restringe la visione in grado
di cogliere opportunità e minacce
In altri termini, alla tendenza a favorire collegamenti e spiegazioni sequenziali, la prevalenza
degli intervistati ha dichiarato di preferire la sperimentazione e la costante verifica in termini di
“scetticismo indagativo” o scetticismo pragmatico e costruttivo. Tutti gli intervistati, con diverse
modalità e ampie sfumature, hanno poi evidenziato l’importanza di contenere gli autoinganni.
In particolare, ci appare emblematica questa riflessione che abbiamo raccolto: “ciò che conta
non è quante volte abbiamo dimostrato di avere ragione, ma l’entità cumulativa degli errori,
anche pochi, commessi”
La protezione e l’esaltazione dei propri meriti non è percepita di alcuna utilità.
Quello che conta è riuscire ad avere la mente aperta per accettare e utilizzare i fenomeni
accidentali, non percepibili facilmente, come segnali minacciosi o opportunità da sfruttare.
Citando Pasteur, questo approccio è sintetizzato dalla seguente frase: “la fortuna favorisce la
mente preparata”: se hai il coraggio di andare a cercare l’India puoi scoprire l’America …
Un altro intervistato ha evidenziato il paradosso produttivo di focalizzare l’attenzione su ciò che
emerge come distonico, sbagliato, anziché puntare le carte su ciò che si è convinti sia giusto
In questo senso, nessuno dei personaggi coinvolti nella ricerca si è dimostrato schiavo dei
modelli matematici e delle sofisticate elaborazioni statistiche. I metodi quantitativi e il calcolo
delle probabilità sono emersi solo come strumenti di indagine, mezzo di comprensione non
vincolante. Allo stesso tempo l’ossessione sul breve termine (indotta e diffusa dalle contabili
trimestrali o addirittura mensili tipiche degli investitori – “speculatori” – istituzionali) oggi molto
diffusa, è stata da tutti bilanciata da una visione più ampia e lungimirante, tradizionalmente
considerata di carattere strategico
Questo approccio è risultato indispensabile per non rimanere intrappolati dalla “tirannia
dell’urgenza”. Il rischio della pericolosa facile prevedibilità è stato evocato tramite la parabola
del pollo (utilizzata anche dal filosofo Bertrand Russel): mettetevi nei panni di un pollo al quale
viene dato abbondantemente da mangiare tutti i giorni per un lungo periodo.
Ad ogni pasto nella sua mente si consolida la convinzione che chi lo accudisce gli vuole bene e
lo accudirà per il resto della sua vita. Tutto ciò fino al giorno prima di Natale, data in cui gli
tirerà il collo per cucinarlo e mangiarlo … Occorre avere il coraggio di porsi il problema che ciò
che ha funzionato fino ad ora potrebbe smettere di funzionare: questo non è necessariamente
una minaccia se si ha la forza d’animo di ipotizzarlo. La carenza considerata più pericolosa, fra
le Intelligenze Manageriali, dalla stragrande maggioranza degli intervistat i è stata quella
Introspettiva.
Quando l’intelligenza introspettiva risulta inadeguata si manifesta, tra gli imprenditori e i top
manager, un atteggiamento “egoico” di esaltazione compensatoria di sé stessi.
Imprenditori e top manager che hanno manifestato scarsa intelligenza introspettiva
(evidenziando la tendenza ad autocelebrarsi, a tiranneggiare i collaboratori e a puntare
ossessivamente al convincimento e al condizionamento altrui nei rapporti interpersonali),
hanno spesso concluso la loro carriera con una “Campagna di Russia”, napoleonica fine
ingloriosa di chi si fa travolgere dalla sindrome del successo e perde i contatti con i limiti delle
proprie, pur ricche, facoltà, perdendo spesso anche il contatto con la propria intelligenza etica
Questo atteggiamento è la diretta conseguenza di una scarsa o distorta autostima, la