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LA VIA ALTA E LA VIA BASSA
Possiamo dire che si intravede una via alta alla flessibilità, capace di dinamismo, innovazione e condizioni di
lavoro più favorevoli in produzioni diversificate e di qualità. Essa può essere centrata su reti di imprese (i
distretti) o su imprese-rete. I paesi più sviluppati la mettono in atto in quanto non possono essere competitivi
con quelli più arretrati per quanto riguarda le produzioni standardizzate.
Vi è poi la via bassa alla flessibilità che gioca molto su condizioni di impiego e di costo del lavoro per
rafforzare la competitività di prezzo in produzioni di minore qualità, che spesso si radicano in tutto o in parte
nell’economia nascosta (evasione delle norme fiscali e di quelle che regolano i rapporti di lavoro). Perché
questo avvenga non bastano condizioni di disoccupazione diffusa, di carenza di reddito o di scarsa
copertura del welfare, ma necessitano un complesso di risorse cognitive e normative che non sono sempre
presenti. 33
Capitolo 5
Gli studi di sociologia economica a livello micro non sono stati alimentati solo dalle ricerche sui modelli di
organizzazione produttiva flessibile. Un importante contributo è venuto dal dibattito teorico sulla varietà delle
forme di organizzazione delle attività economiche. In contrasto con le spiegazioni proposte dal
neoistituzionalismo economico, e in particolare dalla teoria dei costi di transazione, la nuova sociologia
economica mette in luce il ruolo delle reti sociali e del capitale sociale, e quello dei fattori culturali nel
plasmare l’organizzazione delle attività produttive e dei servizi.
Nell’ultimo ventennio del Novecento economisti e sociologi hanno cercato di sviluppare nuovi strumenti per
analizzare la crescente varietà dei modelli di organizzazione economica; gli uni e gli altri sono stati mossi
dall’insoddisfazione nei riguardi delle teorie tradizionali prevalenti nelle rispettive discipline.
1. IL NEOISTITUZIONALISMO ECONOMICO
La microeconomia tradizionale opera a un livello di astrazione troppo elevato per poter spiegare
efficacemente la fenomenologia concreta dell’organizzazione economica e tende a rinviare la questione a
determinanti tecnologiche concentrandosi sullo studio del mercato. Questa soluzione è insoddisfacente per
spiegare perché alcune “transazioni” (scambi di beni e servizi) avvengano nel mercato e altre vengano
internalizzate nell’impresa, e perché in alcuni casi l’impresa cresca e si affidi maggiormente alla gerarchia e
in altri resti di piccole dimensioni. Il nuovo approccio vede nel mercato, nell’impresa, o nelle forme di
collaborazione tra aziende, delle istituzioni economiche che possono essere spiegate come “reti di contratti”
tra soggetti volti a massimizzare il proprio interesse.
A differenza del modello neoclassico tradizionale, si ipotizza però l’esistenza di costi di transazione variabili,
dovuti a condizioni di incertezza e a carenza di informazioni, che possono creare spazi più o meno grandi
per comportamenti opportunistici. Da qui emergono una serie di accorgimenti contrattuali volti a ridurre i costi
di transazione che si presentano nelle diverse situazioni di scambio economico.
L’ANALISI DEI COSTI DI TRANSAZIONE ci soffermiamo sull’economia dei costi di
Tra gli studi riconducibili al neoistituzionalismo economico
transazione di Oliver Williamson (1986) perché è quello che fa più riferimento a variabili non economiche e
sostiene la necessità di una maggiore collaborazione con la sociologia.
L’economista americano sostiene che per comprendere i costi di transazione non è sufficiente riferirsi ai
fattori ambientali, in particolare al mercato, ma occorre prendere in considerazione anche i fattori umani.
È indispensabile superare i postulati della piena razionalità e della condotta ottimizzante dei decisori, propri
del modello economico tradizionale passando al concetto di razionalità limitata (formulato da Herbert
Spencer) per caratterizzare informa più realistica le decisioni dei soggetti economici (in pratica, è impossibile
conoscere tutte le alternative e tutte le loro possibili conseguenze quando si deve prendere una decisione
per cui la razionalità è sempre limitata e mira a ottenere risultati soddisfacenti piuttosto che ottimali,
basandosi sulla selezione di un ristretto numero di informazioni). È anche necessario tenere conto della
all’opportunismo,
tendenza cioè della mancanza di sincerità e onestà negli scambi che può portare al
perseguimento del proprio interesse con l’inganno. Quando tra i fattori ambientali prevalgono condizioni di
incertezza, si fanno spazio i vincoli derivanti dai fattori umani (razionalità limitata e opportunismo) per cui si
manifestano dei costi di transazione e l’impresa può decidere di coordinare per via gerarchica tali attività
attraverso l’internalizzazione (al contrario invece ricorrerà maggiormente al mercato)
2.LA NUOVA SOCIOLOGIA ECONOMICA
Nella nuova sociologia economica confluiscono approcci diversi, tra i quali distingueremo in particolare
quello centrato sulle reti sociali e quello che si può definire più specificamente come neoistituzionalismo
sociologico. Prima di esaminare il contributo di questi filoni è però opportuno sottolineare ciò che li unisce e
insieme li distingue dal neoistituzionalismo economico.
Possiamo fare riferimento a due aspetti tra loro collegati: 34
• la teoria dell’azione come socialmente orientata: criticano l’atomismo e l’utilitarismo che resta
prevalente nell’economia istituzionale. Riprendendo una distinzione proposta da Mark Granovetter
(1985) si può dire che la critica della nuova sociologia economica prende uguali distanze da una visione
in cui il comportamento dei soggetti è fortemente condizionato dalla cultura e dalle norme introiettate con
il processo di socializzazione. L’approccio strutturale sottolinea maggiormente la collocazione dei
nelle reti sociali, come fattore che condiziona l’interazione e gli orientamenti mentre il
soggetti
neoistituzionalismo sociologico dà invece più peso alle componenti cognitive e normative della cultura
che si producono e riproducono nell’interazione sociale;
• la varietà delle forme di organizzazione economica: entrambe le posizioni condividono la critica
all’economia istituzionale per quel che riguarda le origini delle varie forme di organizzazione economica
che non appaiono riducibili alla ricerca razionale di soluzioni
efficienti per minimizzare i costi di transazione, ma che risentono del radicamento sociale dell’azione
economica (per i sostenitori dell’approccio strutturale vale l’influenza autonoma esercitata dalle reti in cui
bisogna fare riferimento all’embeddedness cognitiva e
i soggetti sono inseriti; per i neoistituzionalisti
normativa dell’azione e quindi al ruolo autonomo della cultura).
L’APPROCCIO STRUTTURALE E LE RETI SOCIALI
all’approccio strutturale l’azione è sempre socialmente orientata e non può
Per gli autori riconducibili
essere spiegata soltanto sulla base di motivazioni individuali. Il radicamento sociale è visto in termini
strutturali perché si assume che l’azione sia fondamentalmente influenzata dalla collocazione dei singoli
soggetti nelle reti di relazioni sociali in cui sono coinvolti.
Tra i diversi autori, Mark Granovetter (1085) ne ha chiarito sia i presupposti metodologici che le
conseguenze applicative.
Egli critica la teoria dell’azione prevalente di Williamson e la nuova economia istituzionale in genere perché
hanno una visione iposocializzata dell’attore, si pensa che l’opportunismo possa essere tenuto sotto
controllo da istituzioni efficienti che hanno lo scopo di minimizzare i costi di transazione.
Altri economisti invece hanno una visione ipersocializzata dell’attore simile a quella parsonsiana e pensano
che sia importante la fiducia per lo svolgimento ordinato delle attività economiche e che questo problema sia
“moralità generalizzata”, cioè di norme di comportamento che vengono
risolto dalla presenza diffusa di una
interiorizzate dai soggetti. Per Granovetter entrambi le posizioni non sono soddisfacenti perché tendono a
l’opportunismo e limitata la
trascurare il meccanismo principale attraverso il quale viene tenuto sotto controllo
disonestà.
Con la nozione di embeddedness sottolinea i ruoli delle relazioni personali concrete e delle strutture di tali
relazioni nel generare fiducia e nello scoraggiare la prevaricazione. L’inserimento dei soggetti in stabili reti di
relazioni personali permette di diffondere le informazioni e di tenere sotto controllo il comportamento,
generando fiducia e isolando rapidamente coloro che non la meritano.
Per Granovetter, e per i seguaci dell’approccio strutturale in genere, le forme di organizzazione economica
non possono essere spiegate come risposte efficienti al problema dei costi di transazione da parte di
soggetti che perseguono razionalmente il loro interesse ma sono invece socialmente costruite, nel senso
che riflettono i condizionamenti derivanti dall’esistenza e dai caratteri delle reti di relazioni sulle scelte dei
e dell’impresa di
soggetti. Continua criticando Williamson perché sopravvaluta la capacità della gerarchia
gestire transazioni complesse (sottovalutando il mercato) quando l’evidenza empirica invece mostra che
anche transazioni complesse e potenzialmente rischiose possono essere condotte attraverso il mercato se
esistono delle reti di relazioni fiduciarie che legano le imprese coinvolte e quindi abbassano autonomamente
i costi di transazione. Al contrario, transazioni semplici che si svolgono in mercati concorrenziali tendono ad
assumere spesso un carattere stabile e ripetuto perché si radicano in reti di relazioni personali tra fornitori e
clienti. Il ricorso al mercato, alla gerarchia o a forme intermedie sarà dunque autonomamente influenzato
dall’esistenza e dai caratteri delle reti sociali. Questa prospettiva permette di evitare i rischi di una
spiegazione funzionalista in termini di efficienza delle istituzioni economiche. L’adattamento istituzionale sarà
mediato dal ruolo delle reti di relazioni sociali che possono essere più o meno presenti e possono favorire o
meno determinate soluzioni (le reti di relazione possono impedire comportamenti scorretti ma possono
anche facilitarli come abbiamo visto nelle forme di economia criminale o nell’insider trading).
L’approccio strutturale ha trovato applicazione empirica in campi diversi, occorre ricordare uno studio
pionieristico dello stesso Granovetter sull’influenza delle reti sociali nel favorire l’inco