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In base alla Cassazione, sentenza n. 1175/1993, i contratti collettivi di lavoro o altri accordi
sindacali comunque validi su scala nazionale, assumono ef ficacia erga omnes, ovvero per
tutti i lavoratori, soltanto se sono recepiti in un Decreto del Presidente della Repubblica o al-
tro atto normativo. L'ef ficacia erga omnes introdotta per i contratti aziendali locali, verso
una serie indeterminata di soggetti e l'inderogabilità, equiparano di fatto il contratto colletti-
vo locale ad una legge ordinaria. Diversamente da queste, il contratto collettivo non persegue
in linea di principio l'interesse pubblico e il bene comune, ma interessi privati. È, infatti,
emanazione di soggetti di diritto privato, quali i sindacati e le associazioni datoriali, che han-
no lo scopo di tutelare l'interesse di due parti che, pur rilevanti, non sono l'intera società civi-
le, e che può differerire da quello collettivo, senza che necessariamente i due finiscano col
perseguire il bene comune pe runa sorta di mano invisibile. Quale atto di autonomia privata
collettiva, il contratto collettivo può, nella forma massima della sua ef ficacia, avere forza di
legge tra le parti. In merito al contenuto del contratto collettivo, si distingue la parte norma-
tiva dalla parte obbligatoria. In vero, si de finiscono "clausole normative quelle destinate a re-
golare i rapporti riconducibili al contratto, e clausole obbligatorie quelle che disciplinano
esclusivamente i rapporti tra le associazioni sindacali partecipanti alla stipulazione dei con-
tratti medesimi, creando obblighi e diritti per le parti stipulanti e non per i singoli lavoratori".
Elementi accessori della retribuzione
son costituiti dalle maggiorazioni per lavoro straordinario, notturno o festivo, ma anche dai
cosiddetti
scatti di anzianità, previsti con frequenza biennale e di cui è stabilito un numero massimo nei
contratti collettivi, ai quali si ha diritto per il semplice permanere all'interno di una stessa
quali fica per un periodo di tempo protratto, dai cosiddetti superminimi (assegni ad personam
o aumenti di merito) che superano i minimi tariffari previsti dai contratti collettivi, dalla 13e-
sima mensilità o grati fica natalizia.
Forme di retribuzione
L'art. 2099 del c.c. stabilisce che la retribuzione deve essere effettuata "con le modalità e nei
termini in uso nel luogo in cui il lavoro viene eseguito", possibilmente quindi sul posto di la-
voro, in denaro e periodicamente (solitamente mensilmente).È prevista tuttavia anche, del
tutto o in parte, la retribuzione in natura. La modalità di percepimento inoltre rende possibile
individuare quattro tipi di retribuzione: a tempo, a cottimo, a premio e con partecipazione
agli utili. La retribuzione a tempo prevede che l'ammontare del pagamento retributivo sia
proporzionato alla durata dell'attività lavorativa La retribuzione a cottimo invece è relazio-
nata al risultato conseguito da un singolo lavoratore (cottimo individuale) o da un gruppo di
lavoratori (cottimo collettivo) in termini di prodotto realizzato; il compenso unitario che
spetta al lavoratore può essere riferito al numero di unità prodotte (cottimo puro) o alla quan-
tità di lavoro realizzato e al tempo impiegato (cottimo a tempo). La retribuzione a premio è
commisurata a determinati risultati raggiunti (ad es. il volume di vendite raggiunto), può es-
sere rappresentato dalle provvigioni. La partecipazione agli utili è corrisposta sulla base del
risultato economico conseguito dall’azienda, ed è una forma aggiuntiva di retribuzione in
quanto è legata al rischio di impresa.
Il diritto alla privacy del lavoratore: limiti nel rapporto di lavoro.
Nel rapporto di lavoro la raccolta di dati personali è indispensabile allo svolgimento del rap-
porto stesso; per tale motivo la normativa sulla privacy riconosce la possibilità per il lavora-
tore dipendente di avere il "controllo" delle informazioni raccolte dal datore di lavoro e di
condizionarne l'utilizzazione. Ciò rafforza la tutela non solo della riservatezza in senso più
stretto, ma anche della identità personale del lavoratore che nel contesto lavorativo ha diritto
di limitare la diffusione di notizie che lo riguardano.
L'anticipazione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR)
La richiesta anticipo TFR 2018 è la procedura che consente ai lavoratori dipendenti da alme-
no 8 anni di poter chiedere un'anticipazione del trattamento di fine rapporto fino al 70% per
un giusti ficato motivo.
L'anticipo TFR 2018 dipendenti pubblici è stato introdotto dall'articolo 4, commi 4 e 5, del
D.L. 185/2008, che ha previsto l'estensione ai dipendenti pubblici la possibilità, già ricono-
sciuta ai dipendenti del settore privato, di ottenere l’anticipazione del trattamento di fine rap-
porto ma solo in determinati casi.
Requisiti lavoratore sono 8 anni di anzianità lavorativa.
Giusti ficati motivi invece sono:
• acquisto prima casa per il dipendente o per il figlio maggiorenne. La domanda di an-
ticipo TFR in questo caso può essere presentata una sola volta per questa motivazio-
ne.
• spese sanitarie sostenute o da sostenere per il dipendente o familiare a carico, Tali
spese devono essere però riconosciute dalle competenti strutture pubbliche. Questo è
l'unico caso, in cui è prevista la possibilità di richiedere un anticipo per più di una
volta, in caso di peggioramento delle condizioni di salute o se la domanda fosse fatta
a nome di un altro familiare a carico:
Il licenziamento individuale per motivo oggettivo
Ai sensi dell’art. 3 della legge 604/1966, Il licenziamento può essere intimato “per ragioni
inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di
essa”: si tratta del c.d. licenziamento per giusti ficato motivo oggettivo. Costituiscono, in
particolare, giusti ficato motivo oggettivo la crisi dell’impresa, la cessazione dell’attività o
anche solo il venir meno delle mansioni cui è assegnato il lavoratore, senza che sia possibile
il suo ricollocamento in altre mansioni esistenti in azienda e compatibili con il suo livello di
inquadramento. La riforma del 2012 ha ricondotto all’area del licenziamento per motivi og-
gettivi anche le ipotesi del licenziamento per superamento del periodo di comporto e del li-
cenziamento per inidoneità fisica o psichica del lavoratore.
La mancata attuazione dell'art. 39 Costituzione
L'art.39 Cost., dopo aver previsto nel primo comma che l'organizzazione sindacale è libera, e
che quindi i sindacati possono regolarmente esercitare la propria attività e prevedere, tramite
la scelta dei lavoratori/categorie professionali da tutelare, quale sarà il proprio campo di ap-
plicazione, prevede nei commi 2,3, e 4 che i sindacati siano sottoposti a registrazione, per la
quale è necessaria la democraticità degli statuti e che, in forza della registrazione, essi acqui-
siscano personalità giuridica, potendo stipulare contratti con ef ficacia ne confronti di tutti,
erga omnes. Il disposto dell'art.39 ri flette anzitutto la volontà di una parte politica che vole-
va salvare il sistema corporativo, modi ficandolo nel punto della libera elezione dei dirigenti,
ed in secondi la volontà di un'opposta parte politica che non voleva intromissioni da parte
dello Stato. I commi in questione, infatti, rimangono tuttora inattuati: essi, non essendo dota-
ti di ef ficacia diretta nell'ordinamento, necessitavano di un intervento da parte del legislato-
re, intervento che non è mai arrivato per una serie di ragioni: La registrazione avrebbe potu-
to essere un mezzo di intromissione dello Stato ed avrebbe comportato un controllo degli
iscritti ai vari sindacati, il che avrebbe inciso, in una ipotetica fase di contrattazione, sulla
rappresentanza negoziale del sindacato: la Cisl, a quel tempo minoritaria, avrebbe visto il
proprio ruolo sminuito rispetto all'antagonista di sempre, la Cgil, e pertanto si oppose alla al-
l'attuazione della norma costituzionale;
licenziamento discriminatorio
Il nostro ordinamento tutela il lavoratore anche dal cd. licenziamento discriminatorio, ossia
dal licenziamento intimato da ragioni di credo politico o di fede religiosa, dall’appartenenza
ad un sindacato o dalla partecipazione all’attività sindacale, tra cui è compresa la partecipa-
zione del lavoratore ad uno sciopero, nonché da ragioni razziali, di lingua o di sesso, di han-
dicap, di età o basate sull’orientamento sessuale o sule convinzioni personali del dipendente.
In caso di licenziamento discriminatorio, il lavoratore ha diritto alle tutele previste dalla leg-
ge, e in particolare: alle tutele indicate dai primi tre commi dell’art. 18 della legge 300/1970,
come modi ficati dalla legge 92/2012, se si tratta di lavoratore assunto prima del 7 marzo
2015; alle tutele indicate dall’art. 2 del decreto legislativo 23/2015 (decreto attuativo del cd.
Jobs act, contenente la disciplina del contratto a tutele crescenti), se l’assunzione è avvenuta
a decorrere dal 7 marzo 2015. Tali norme, peraltro, hanno contenuto sostanzialmente identi-
co: sia la nuova sia la vecchia disciplina prevedono infatti che il lavoratore cui sia stato com-
minato un licenziamento discriminatorio ha diritto alla cd. tutela reintegratoria piena, in for-
za della quale il datore di lavoro è obbligato a: reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro;
corrispondere al lavoratore un’indennità risarcitoria, nella misura della retribuzione maturata
dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto
eventualmente percepito dal lavoratore attraverso un’altra occupazione (l’indennità non può
comunque essere inferiore alle cinque mensilità); versare i contributi previdenziali ed assi-
stenziali per tutto il periodo intercorso fra il licenziamento a quello della reintegrazione;
L’ordinamento riconosce inoltre al lavoratore il cd. diritto di opzione, ossia la possibilità di
scegliere, in luogo della reintegra, il pagamento di un’indennità pari a quindici mensilità.
licenziamento per giusta causa
Il licenziamento per giusta causa può essere disposto dal datore di lavoro quando il lavorato-
re realizza comportamenti disciplinarmente rilevanti così gravi da non consentire anche in
via provvisoria la prosecuzione del rapporto di lavoro.
La nozione di giusta causa si rinviene nell’art. 2119 c.c., il quale prevede che le parti (ossia il
datore di lavoro e il lavoratore) possano recedere dal contratto di lavoro a tempo indetermi-
nato senza necessità di preavviso qualora si veri fichi, appunto, una causa che