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Estratto del documento

Lavoro, il ricorso giudiziario ordinario ex art. 414 c.p.c. oppure il presso ricorso c.d.

Fornero ex art. 1, comma 48, legge n. 92/2012, o infine ricorso cautelare ex art. 700

c.p.c. il mancato rispetto anche di uno solo dei predetti terminl condurrà ad una

improcedibilità dell'impugnazione del licenziamento.

La disciplina del licenziamento per i lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015

Prima dell’entrata in vigore della c.d. Riforma Fornero (legge 92/2012) del contratto

a tutele crescenti c.d. Jobs act, la disciplina sanzionatoria sui licenziamenti si

presentava ormai da anni consolidata e molto meno incerta e frastagliata rispetto a

quella attuale. Anzitutto veniva opcrata una summa divisio tra la c.d. tutela

obbligatoria debole e la c.d. tutela reale forte del posto lavoro. La tutela reale trovava

indifferenziatamente applicazione ai licenziamenti (nulli, annullabili o inefficaci)

intimati a lavoratori occupati in unità produttive con più di 15 dipendenti, ovvero con

più di 15 addetti a livello endocomunale (sommando gli occupati nelle varie unità

produttive pid piccolc dello stesso com une del medesimo datore di lavoro) o, infine

più di 60 lavoratori a livello nazionale. In questi casi, ogni tipo di vizio che inficiasse

il licenziamento (nullità, annullabilità o inefficacia) dava luogo all applicazione

dell'art. 18 SL (vecchio testo) ossia alla reintegrazione nel posto di lavoro invece, nei

casi in cui non avesse trovato applicazione 1'art. 18 SL (vecchio testo), in ragione dei

limiti dimensionali del datore di lavoro per altre ragioni prev1ste dalla legge operava

la c.d. tutela obbligatoria (ma solo per i casi di licenziamento illegittimo) nella quale

il iudice condannava il datore di lavoro all'alternativa (a scelta di quest'ultimo) tra la

riassunzione del la voratore entro 3 gg. ovvero il pagamento di una indennità

risarcitoria.

La nuova disciplina dei licenziamenti per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo

2015

La c.d. Riforma Fornero (legge n. 92/2012) ha introdotto una sensibile innovazione in

materia di licenziamenti, soprattutto nella sfera di operatività dell'art. 18 SL.

Anzitutto, ha predisposto un apposito rito Speciale, pid concentrato e snello, per

l'impugnazione giudiziale dei licenziamenti soggetti a tutela reintegratoria, nel quale

il giudice del lavoro deve fissare la prima udienza di comparizione-trattazione entro e

non oltre 40 gg. dal deposito del ricorso, con termine per 1a notifica dello stesso e del

pedissequo decreto di fissazione dell"udienza, fino a 25 gg. prima, potendosi, la

controparte, costituire in giudizio nei 5 gg. precedenti all'udienza. Per espressa

previsione normativa oggetto del c.d. Rito Fornero può essere non solo

1'accertamento della legittimità/illegittimità di un licenziamento ma anche di altra

natura a condizione che sia fondato su identici fatti costitutivi. La prima fase del

giudizio è decisa dal giudice con ordinanza notivata, omessa ogni formalità non

essenziale al contraddittorio. Avverso tale provvedimento la parte soccombente può

proporre opposizione entro 30 gg. dalla com unicazione della stessa ai procuratori

delle parti. Il giudizio di opposizione non ha natura sommaria ma introduce una

cognizione piena come una normale causa di lavoro ex art. 414-416 c.p.c. ed e deciso

con sentenza reclamabile in Corte D Appello entro 25 gg. dalla sua com unicazione

a1 procuratori costituiti. Tra le più significative novità introdotte dalla Riforma

Fornero, sul piano sostanziale, si segnalano:

1. la reintegrazione nel posto di lavoro ex art. 18 SL (vecchio testo) non è più

generalizzata, ma è ammissibile nei soli casi tassativi ivi previsti: licenziamento nullo

in quanto orale, discriminatorio, ritorsivo di rappresaglia, per motivo illecito

determinante;

2 in caso di licenziamento illegittimo perché privo di giusta causa o di giustificato

motivo il giudice dichiara estinto il rapporto alla data del licenziamento,

riconoscendo al lavoratore licenziato una indennità risarcitoria onnicom prensiva da

12 a 24 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto percepita, decurtato

l'eventuale aliunde perceptum;

3.- in caso di licenziam ento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo

illegittimi, purché risulti l'insussistenza del fatto ontestato oppure che il fatto stesso

era previsto soltanto con una sanzione conservativa, alla stregua del codice

disciplinare di settore, il giudice ordina la reintegrazione nel posto di lavoro dalla

data della sentenza e, per il periodo precedente (dal licenziamento alla sentenza)

riconoscere al lavoratore una indennità risarcitoria onnicom prensiva fino a 12

mensilità dell' ultima retribuzione globale di fatto percepita, decurtato 1'eventuale

aliunde perceptum;

4.- in caso di licenziam ento per giustificato motivo oggettivo illegittimo, allorché

risulti la manifesta insussistenza del fatto, il giudice può ordinare la reintegrazione

nel posto di lavoro dalla data della sentenza e, per il periodo precedente (dal

licenziamento alla sentenza) riconoscere al lavoratore una indennità risarcitoria

onnicomprensiva fino 12 mensilità dell' ultima retribuzione globale di fatto percepita,

decurtato l'eventuale aliunde perceptum.;

5.- se il licenziamento è affetto da vizi motivazionali, violazioni del procedimento

disciplinare, omessa o incompleta com unicazione di avvio del licenziamento

collettivo, erronea valutazione dei criteri di scelta, il giudice dichiara l'estinzione del

rapporto alla data del licenziamento, e condanna il datore di lavoro alla

corresponsione di una indennità risarcitoria da 6 a 12 mensilità dell'ultima

retribuzione globale di fatto percepita.

Con la più recente riforma in materia di licenziamenti c.d. Jobs act d.lgs. n. 23/2015,

applicabile ai rapporti la di lavoro dei nuovi assunti dopo il 7 marzo 2015, si

restringono ancor più le tutele dei lavoratori contro il licenziamento illegittimo.

Anzitutto, possono accedere alla tradizionale reinte grazione nel posto di lavoro solo

le seguenti situazioni: licenziamento verbale, discrim inatorio, per causa di

matrimonio, della lavoratrice gestante, per motivo illecito nico e determinante; resta il

lim ite minim o delle 5 mensilità dell'ultima retribuzione utile per il calcolo del TFR

così come l'opzione alternativa alla riam missione in servizio di 15 mensilità; nel caso

di licenziamento illegittimo nel senso di privo di giusta eausa di giustificato motivo

soggettivo ed oggettivo opera sem prc la tutela indennitaria: il giudice dichiara estinto

il rapporto alla data del licenziamento e al lavoratore è riconosciuta una indennità

risarcitoria da 4 a 24 mensilità di retribuzione utile al calcolo del TFR (2 mensilità

per ogni anno di servizio): solo nel caso di licenziam ento per giusta causa o per

giustificato motivo soggettivo ove ricorra 1' insussistenza del fatto materiale

contestato il giudice annulla il licenziamento, ordina la reintegrazione del lavoratore

nel posto di lavoro e gli riconosce una indennità risarcitoria fino ad un massimo di 12

mensilità; nel caso di vizi motivazionali, violazioni del procedimento disciplinare,

omessa o incompleta comunicazione di avvio del licenziamento collettivo, erronea

valutazione dei criteri di scelta, il giudice dichiara 1'estinzione del rapporto alla data

del licenziamento, e condanna il datore di lavoro alla corresponsione di una indennità

risarcitoria da 2 a 12 mensilità utile per il calcolo del TFR.

Il licenziamento ad nutum

Malgrado le numerose discipline che si sono succedute nel tempo in materia di

licenziamenti individuali, residuano ancora talune ipotesi di licenziamento c.d, libero

ex art. 2118 c.c pet il quale, a prescindere dalla causale, è dovuto sempre e soltanto il

preavviso lavorato oppure l'indennità sostitutiva del preavviso. Così, ad esempio nel

lavoro in prova ex art. 2096 c.c. è sempre consentita la libera recedibilità delle parti, a

prescindere dall'esito della prova, salvo che non sia pattuita una durata minima

obbligatoria della prova stessa. Anche se una giurisprudenza risalente esıgeva che il

licenziamento durante il periodo di prova dovesse esserelsempre causalmente

collegato all esito negatıvo della prova stessa. Anche nel lavoro dirigenziale si può

parlare di libera recedibilità poiché 1'art. 10, della legge n. 604 del 1966, introduce 1l

regime vincolistico solo per operai, im picgati e quadri. Pertanto nel lavoro

dirigenziale vi è libertà di recesso anche se i vari CCNL di settore prevedono che in

caso di ingiustificatezza del licenziamento al dirigente spetti una indennità

supplementare di preavviso, computata sull'anzianità anagrafica dello stesso, che

dovrà essere accertata in sede di arbitrato irrituale ex art 808 c.p.c. oppure in via

giudiziale allorché il licenziamento del dirigente sia del tutto sfornito di ragioni o di

giustificazioni. E’ illegittimo il licenziamento ad nutum intimato nei confronti di un

direttore di giornale.

Le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro

Le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro sono due modalità

attraverso le quali un contratto di lavoro può essere estinto, ma presentano

caratteristiche e implicazioni giuridiche differenti. Le dimissioni rappresentano la

decisione unilaterale del lavoratore di porre fine al rapporto di lavoro. Il lavoratore ha

il diritto di dimettersi in qualsiasi momento, ma le dimissioni devono essere espresse

in modo chiaro e in conformità con le disposizioni legali. In Italia, le dimissioni

devono essere presentate per iscritto, e la legge prevede che il lavoratore, se è un

soggetto vulnerabile come una donna in gravidanza o un lavoratore protetto, debba

presentare una dichiarazione su moduli specifici, con una firma autenticata o

attraverso piattaforme online, per evitare che vi sia pressione indebita. Il lavoratore

che si dimette senza un giustificato motivo non ha diritto a una indennità di

disoccupazione, a meno che non sussistano condizioni particolari, come il

licenziamento che avrebbe potuto essere attuato dal datore di lavoro per giusta causa.

Inoltre, le dimissioni non danno diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, e il

lavoratore è tenuto a rispettare il periodo di preavviso, salvo che le dimissioni siano

immediate e non vengano contestate dal datore di lavoro. Se il datore di lavoro decide

di non accettare le dimissioni, può chiedere il risarcimento dei danni. La risoluzione

consensuale del rapporto di lavoro, invece, è una decisione presa congiuntamente dal

lavoratore e dal datore di lavoro di terminare il contratto. In questo caso

Dettagli
Publisher
A.A. 2024-2025
56 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher da.corinne01 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica "e-Campus" di Novedrate (CO) o del prof Mormile Paolo.