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III PARTE
L’imprenditore commerciale
La nozione di imprenditore commerciale può identificarsi combinando l’art. 2082 e l’art. 2195.
Art. 2082 c.c. "E’ imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica
organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi."
Art. 2195 c.c. "Sono soggetti all’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese gli imprenditori che
esercitano: 1) un’attività
industriale diretta alla produzione di beni non agricoli o di servizi; 2) un’attività intermediaria nella
circolazione dei beni; 3) un’attivitàdi trasporto per terra, per acqua o per aria; 4) un’attività
bancaria o assicurativa; 5) altre attività ausiliarie delle precedenti." La principale peculiarità
della disciplina dell'imprenditore commerciale è rappresentata dall'obbligo di iscrizione nel
registro delle imprese.
Tra gli obblighi previsti dalla legge a carico dell'imprenditore commerciale, particolare rilevanza ha
quello relativo alla tenuta dei libri e delle scritture contabili (art. 2214 c.c.). In base alla
disciplina civilistica, infatti, l'imprenditore commerciale ha l'obbligo di tenere regolarmente: il
libro giornale; il libro degli inventari; le altre scritture contabili richieste dalla natura e dalle
dimensioni dell'impresa. Le società di persone e le società di capitali
Le società di persone sono disciplinate dagli articoli 2251 a 2324 del Codice Civile. Le società di
persone non hanno personalità giuridica; i soci sono illimitatamente responsabili delle
obbligazioni sociali e quindi i creditori sociali possono rivalersi sia nei confronti della società che
nei confronti dei singoli soci per il soddisfacimento dei propri crediti. Sia i rapporti tra società e
soci che i rapporti
tra i soci sono condizionati dall’intuitus personae, cioè dall’affidamento e dalla fiducia reciproca;
l’essenza personale (di persone fisiche) segna la differenza di natura con le società di capitali. La
disciplina prevista dal Codice Civile per le società di persone è di tipo prevalentemente
suppletivo, opera cioè se i soci non stabiliscono diversamente. Questo vuol dire che ai soci è
lasciata ampia autonomia di determinazione del rapporto sociale, fatte salve alcune disposizioni
che invece sono inderogabili.
Esistono tre tipi di società di persone:
1) la società semplice (s.s.);
2) la società in nome collettivo (s.n.c.);
3) la società in accomandita semplice (s.a.s.)
Il principio fondamentale delle società di capitali è previsto nell’art. 2325, comma 1 del Codice
Civile che stabilisce la responsabilità limitata dei soci con riferimento alle obbligazioni sociali.
Art. 2325 c.c. "Nelle società per azioni per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con
il suo patrimonio". Dall’art. 2325 c.c. si desume non soltanto che i soci non rispondono delle
obbligazioni sociali ma si desume pure un altro principio fondamentale: neanche chi agisce in
nome e per conto della società risponde delle obbligazioni sociali. Quest’ultimo principio
sottolinea la differenza delle società di capitali rispetto alle società di persone. coloro i quali
agiscono per conto di una società di persone invece in nessun caso hanno responsabilità
limitata (es. gli accomandatari ed i soci rappresentanti di società di persone sono sempre
inderogabilmente responsabili delle obbligazioni sociali). Nelle società di capitali invece né i
soci, né gli amministratori rispondono delle obbligazioni sociali: i creditori sociali, per il
soddisfacimento del loro credito verso la società, possono rivalersi soltanto sul patrimonio della
società. Per questa ragione, una parte fondamentale della disciplina delle società di capitali è
dettata a tutela dell’integrità del capitale sociale, che costituisce una fondamentale garanzia
per i terzi che vogliono porre in essere dei rapporti giuridici con la società. Esistono tre tipi di
società di capitali:
1) la società per azioni (s.p.a.);
2) la società a responsabilità limitata (s.r.l.);
3) la società in accomandita per azioni (s.a.p.a.)
Le società di capitali sono enti forniti di personalità giuridica. La loro esistenza ha inizio con
l’iscrizione nel Registro delle Imprese. La regolamentazione delle società di capitali è
disciplinata principalmente dalla legge. In quanto persone giuridiche, le società di capitali
acquistano in proprio diritti ed obblighi con piena capacità giuridica patrimoniale. La
costituzione di una società di capitali consente pertanto la gestione impersonale dell’impresa
commerciale. Coloro che agiscono per la persona giuridica sono organi della stessa con diretta
imputazione degli effetti sulla persona giuridica. Gli organi delle società di capitali sono:
1) l’assemblea dei soci;
2) il consiglio di amministrazione;
3) il collegio sindacale
L’assemblea esprime la volontà della società secondo il procedimento di decisione dei soci
che funziona in base alla regola maggioritaria: è la maggioranza dei soci in assemblea
che esprime la volontà sociale.
Gli enti no-profit
L’espressione non profit è una locuzione di origine angloamericana, dove la negazione “non” unita
al sostantivo “profit” è stata utilizzata per indicare quelle organizzazioni che operano senza
scopo di lucro e, dunque, di profitto. Le organizzazioni non profit, infatti, sono parte del
cosiddetto Terzo settore (terzo perché si colloca tra lo Stato e il mercato) e si caratterizzano
per avere come obiettivo il bene comune. Con il termine no profit si indicano le attività svolte
non professionalmente e senza scopo di lucro, che quindi perseguono un fine diverso dal
profitto. In realtà, per essere precisi, le associazioni non profit possono svolgere attività a
pagamento e possono conseguire profitti, ma non possono dividerli tra i soci (a differenza di
quanto avviene nelle società commerciali). I soldi incassati dall’ente no profit vengono
accantonati e riutilizzati dallo stesso per finanziare le sue attività e raggiungere i suoi scopi
statutari. Da un punto di vista giuridico, gli enti no profit possono essere strutturati in diverse
forme, Da un punto di vista fiscale, invece, gli enti no profit possono assumere una delle
seguenti vesti: ente commerciale, ente non commerciale, onlus.
La disciplina della concorrenza
Art. 41 della Costituzione, prevede il principio della libertà d’iniziativa economica privata recitando
che “L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o
in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i
programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere
indirizzata e coordinata a fini sociali” Diretta conseguenza di questo principio è il riconoscimento
della libertà di concorrenza: chiunque può
iniziare un’attività economica anche se la stessa è già esercitata da altri imprenditori. Diretta
conseguenza di questo principio è il
riconoscimento della libertà di concorrenza: chiunque può iniziare un’attività economica anche se
la stessa è già esercitata da altri imprenditori. Solo una piena competizione può consentire che
le imprese più efficienti progrediscano a scapito di quelle meno efficienti. Maggiore
concorrenza stimola l’innovazione. Permette maggiore scelta e prezzi più bassi, a vantaggio dei
consumatori. La concorrenza deve svolgersi però con il rispetto di determinate regole. Qualsiasi
impresa è soggetta alla disciplina della concorrenza, che si ha quando più operatori economici
sul mercato rispondono alla stessa domanda di beni e servizi. Il mercato ideale dove si potrebbe
svolgere questa "gara" è quello della "concorrenza perfetta", vediamone le caratteristiche: vi
sono molte imprese sul mercato nessuna delle quali è in grado di controllare il prezzo delle
merci vendute con conseguente assenza di grandi imprese in
grado di condizionare il mercato; assenza di ostacoli all’ingresso di nuovi operatori; libertà nel
mercato dei fattori produttiva; lo Statofavorisce lo sviluppo della concorrenza e vigila sui
comportamenti che potrebbe limitarla; il consumatore è giudice assolto della gara. La
concorrenza perfetta, però, non si è mai completamente realizzata, perché ben difficilmente si
sono verificate tutte le sue condizioni; anzi, in una fase di capitalismo avanzato, come quella
attuale, si è imposto un altro tipo di mercato, il mercato oligopolistico che può considerarsi
l'antitesi di quello concorrenziale, in questo mercato, infatti: operano poche imprese di notevoli
dimensioni; l’ingresso nel mercato di nuove imprese è estremamente difficoltoso poiché sono
necessari ingenti investimenti; tendenza alla stipulazione di accordi tra imprese per limitare la
concorrenza con il rischio di danneggiare il consumatore. Il fenomeno dell'oligopolio ha spinto il
legislatore ad intervenire,sia a livello nazionale che comunitario, per controllare le intese tra le
grandi imprese che operano sul mercato (i c.d. cartelli), ma non perché queste siano di per sé
illecite, ma perché si corre il rischio che gli accordi stipulati danneggino il consumatore che
potrebbe acquistare beni(o servizi) a prezzi maggiori e tecnologicamente poco avanzati rispetto
a quelli che potrebbe ottenere se le imprese operassero in concorrenza le une con le altre.
L’imprenditore agricolo
Art. 2135 c.c. "E’ imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del
fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.[…]". A norma dell'art. 2135, è
imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività :
– –
· attività agricola essenziale = coltivazione selvicoltura allevamento, ovvero attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo
–
biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo
bosco
– acque; Al riguardo si è stabilito che è impresa agricola ogni impresa la cui attività è fondata sullo
svolgimento di un ciclo biologico naturale.
· attività agricole connesse = si dividono in tipiche ed atipiche