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FINAL FANTASY – DAL VIDEOGIOCO AL FILM
Laureando: D.s. Insegnante: Quaresima Leonardo
1. Cenni storici
Siamo giunti agli anni Ottanta. I videogame hanno appena superato la maggiore età
mentre il cinema è già un anziano ultraottantenne (un anziano molto attivo a dire il
vero). Nelle sale cinematografiche vengono proiettati capolavori come “E.T. l’extra-
terrestre” (Steven Spielberg, 1981), “Blade Runner” (Ridley Scott, 1982), “Terminator”
(James Cameron, 1984), “Ritorno al Futuro” (Robert Zemeckis, 1985), “Top Gun”
(Tony Scott, 1986) e “Chi ha incastrato Roger Rabbit” (Robert Zemeckis, 1988); tutti
film che già fanno un uso intenso di effetti speciali che per il momento i videogame,
sia pur fieri della loro grafica “cubettosa”, possono solo sognare.
In quel periodo venivano continuamente inventati nuovi generi videoludici; certo la
nozione di genere varia con il passare del tempo, i progressi della tecnica e i gusti del
pubblico, ma fu proprio in quegli anni che, in maniera analoga agli albori della
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cinematografia a partire dallo Studio System , cominciano a palesarsi le prime
distinzioni.
Sempre nel corso degli anni Ottanta fu lanciato sul mercato un gioco che permise al
mondo dei videogame di superare un altro step evolutivo rispetto al’ormai famoso
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“Donkey Kong ”: “Final Fantasy”. Prodotto da Square Co. nel 1987, non solo aveva
una trama degna di un romanzo fantasy, ma per la prima volta utilizzava anche
soluzioni stilistiche direttamente mutuate dal linguaggio cinematografico: all’inizio
della partita il videogiocatore viene catapultato nel bel mezzo dell’azione.
1 http://en.wikipedia.org/wiki/Studio_system. http://it.encarta.msn.com/encyclope-
dia_981525334/Generi_cinematografici.html. Esempi di generi cinematografici degli anni Venti erano la Slapstick
Comedy, il Western Movie, la Gangster Story e altri.
2 https://it.wikipedia.org/wiki/Donkey_Kong
I quattro guerrieri della luce (comandati dal giocatore) sono convocati dal re che li
implora di salvare la principessa dal cattivo che l’ha rinchiusa (prendendo spunto da
questa sequenza, si noti intanto come i dialoghi, sotto forma di sottotitoli, siano ormai
parte integrante del videogame). Il giocatore a questo punto si equipaggia di armi e
armature e si reca al tempio dove il malvagio Garland tiene prigioniera la principessa.
Qui, dopo una battaglia dalla quale escono vittoriosi, i Guerrieri della Luce recuperano
la principessa e la riportano al castello. Il re li aggiorna sul proseguo della loro
missione: devono attraversare un ponte che egli stesso ha fatto costruire e che li
porterà in un altro continente per visitare i quattro templi elementali sparsi per il
mondo. È solo a questo punto, quando i Guerrieri della Luce attraversano il ponte,
che viene mostrato il titolo del videogame, parte il tema musicale del gioco e, cosa
assolutamente inedita prima, scorrono i titoli di testa.
Dopo questa breve trama di Final Fantasy, parlando del videogioco in generale, si
trova oggi nella stessa condizione del cinema degli anni Venti: l’avvento del sonoro ha
completamente rivoluzionato la natura stessa del medium, che si è progressivamente
scrollato di dosso le influenze del teatro, della radio, del vaudeville e ha sviluppato
una propria estetica. Al “cinema delle attrazioni” fa seguito il cinema narrativo. Il
videogioco sta vivendo oggi un’analoga transizione. Nato come pura forma di puro
spettacolo ludico sta diventando sempre più complesso e sofisticato. Come il film,
nella sua fase pionieristica il videogame è stato oggetto di scherno da una parte della
Torre d’Avorio, perché esattamente come il cinema, ha debuttato come espressione
culturale “bassa”, popolare.
Il vero cambio del paradigma è avvenuto quando i primi teorici hanno saputo
dimostrare che il montaggio – considerato da molti teorici un semplice “trucco”,
un gioco di prestigio tecnologico, un’aperta violazione del “realismo” del teatro – ha
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introdotto un nuovo modo di creare arte .
Quanto detto sopra, ci porta verso un parallelismo evolutivo tra la storia del cinema
e del videogame, e ci introduce allo studio dei primi timidi passi che hanno portato il
videogioco a trasformarsi progressivamente da fenomeno di baraccone a medium
maturo, mutuando spesso e volentieri il linguaggio figurativo del cinema.
Il primo essenziale passo in questo senso è stata la conquista di una dimensione
narrativa. I primi videogiochi non avevano una storia; iniziare una partita significava
trovarsi immediatamente catapultati nell’azione e ripetere una serie di “mosse” senza
nemmeno chiedersi il perché. A ben vedere, il paragone diretto con i film delle origini
appare ancora più lampante: non si può certamente dire che un film come “L'arrivée
d'un train en gare de la Ciotat” dei fratelli Lumière avesse un intento narrativo; esso
mostra un treno che arriva alla stazione e delle persone che scendono, ma non
sappiamo perché quel treno è lì, chi sono le persone che vediamo, dove ci troviamo…
Ha invece un intento esclusivamente dimostrativo, punta a colpire lo spettatore con
il movimento delle immagini piuttosto che con una loro concatenazione significativa.
Eppure, così come la dimensione narrativa ha fatto capolino nel linguaggio
cinematografico da subito – si pensi già al film “L'arroseur arrosé”, sempre dei
Lumière, proiettato nella stessa serata di “L'arrivée d'un train en gare de la Ciotat” –
in maniera analoga si è dimostrata ben presto particolarmente congeniale anche al
videogioco.
C’è in particolare un videogame che è stato pioniere in questo senso: l’insospettabile
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“Breakout ” (Atari, 1976); insospettabile perché si tratta di un gameplay che di base
3 Matteo Bittanti (a cura di), Schermi interattivi, il cinema nei videogiochi, Meltemi Editore, Roma, 2008, pag. 13.
4 https://it.wikipedia.org/wiki/Breakout_(videogioco)
non aveva nulla di diegetico: il giocatore doveva limitarsi a rompere un muro di
mattoni facendoci rimbalzare sopra una pallina.
È però con “Pac-Man” (Midway Games, 1980) che gli elementi narrativi cessarono di
essere veicolati unicamente dalla grafica stampata sul coin-op per entrare a far parte
del gameplay. Fu uno dei primi videogames a prevedere delle vere e proprie sequenze
cinematiche: esse nel caso specifico non erano altro che intermezzi animati tra un
livello e l’altro, in cui si mostravano i protagonisti in situazioni buffe; erano in origine
pensate per premiare i giocatori più bravi, più che per portare avanti la storia.
Ma Il primo gioco che poteva vantare un vero e proprio pretesto narrativo a fare da
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background alle fasi più propriamente ludiche, fu “Donkey Kong” (Nintendo/Atari
1981) già citato sopra. Con “Donkey Kong” la narrazione e le sequenze cinematiche
entrarono a pieno diritto nella storia del videogame, e questo fu il primo
fondamentale passo verso l’odierna convergenza tra cinema e videogioco. Da quel
momento in poi, lo sceneggiatore divenne una figura professionale imprescindibile
anche per la produzione di un videogame, tanto che spesso si occupava addirittura
del game design. I videogames del periodo immediatamente successivo hanno
cominciato a giovarsi di veri e propri momenti narrativi, non interattivi, in cui spesso
erano presenti anche dei sottotitoli che indicavano i dialoghi tra i personaggi o
commentavano le immagini (come evitare a questo punto il paragone con i cartelli
del cinema muto?). Nei videogiochi più moderni, tali sequenze si sono evolute nelle
cosiddette Cut-Scenes che hanno ormai tutte le caratteristiche del linguaggio
cinematografico.
5 http://it.wikipedia.org/wiki/Donkey_Kong_%28videogioco%29.
2. Final Fantasy.
Questa lunga introduzione ci serve per comprendere la portata della rivoluzione di cui
“Final Fantasy” si è fatto pioniere; in Final Fantasy ci sono almeno tre elementi
direttamente mutuati dal linguaggio cinematografico: in primis l’inizio dell’azione in
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medias res . A dire il vero, questa è una strategia narrativa letteraria prima ancora
che cinematografica, ma il cinema ne ha sviluppato magistralmente i canoni:
l’importanza di un incipit in medias res sta nella sua capacità di catturare
immediatamente lo spettatore, lasciandogli il compito di riempire progressivamente
i vuoti lasciati dal brusco ingresso nella storia. La seconda caratteristica mutuata dal
linguaggio cinematografico è la presentazione posticipata del titolo, una tecnica
utilizzata spessissimo per catturare il pubblico sin dal primo fotogramma e ingenerare
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attesa .
L’ultimo elemento rivoluzionario in questa presentazione fu l’inserimento di titoli di
testa sempre in Final Fantasy. Prima di allora quasi nessuno aveva ritenuto i
programmatori di videogiochi tanto importanti da meritare di venir menzionati
all’interno del videogioco stesso.
O per meglio dire, il motivo per cui intorno al 1985 quasi nessun gioco aveva titoli di
testa o di coda era la volontà delle case produttrici di videogame di tenere nascosta
6 Tecnica narrativa (dall’espressione latina “nel mezzo delle cose, nel mezzo degli avvenimenti”) per cui la narrazione
di una vicenda inizia a metà degli stessi. E’ un procedimento per cui un narratore inverte la dispositio (ovvero,
“l’ordine”) degli eventi della trama, così che l’intreccio può narrare prima degli accadimenti che in realtà, nell’ordine
della fabula, sono successivi dal punto di vista cronologico.
7 Chris Kohler, Power Up, come i videogiochi hanno dato al mondo una vita extra, multiplayer.it edizioni, stampato in
Italia presso Grafiche DIEMME Perugia, prima edizione, pag. 98.
l’identità dei propri programmatori o designer, per evitare che venissero assunti dalla
concorrenza.
Per tale motivo capitava persino che quei pochi giochi che prevedevano dei titoli,
facessero scorrere sullo schermo degli pseudonimi invece dei nomi reali dei
professionisti coinvolti. Ciò rende ancora più evidente la portata epocale della scelta
dei produttori di “Final Fantasy”. Si deve a questo gioco infatti la successiva
attestazione di merito degli artisti e designer implicati nella realizzazione, che oggi
arriva al punto tale che, in alcuni casi, il nome di personaggi importanti viene
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addirittura anteposto al titolo del videogioco (per esempio “American McGee's Alice”
titolo creato dall’omonimo American McGee per conto di EA).
Con un occhio come