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Santa Maria delle Grazie
Le origini del complesso
Meno di dieci anni dopo la presa del potere di Francesco Sforza (aprile 1450) i Domenicani della
Congregazione di S. Apollinare a Pavia decisero di insediarsi a Milano. Nel 1459, in attesa di trovare
un’idonea residenza, i primi frati abitarono provvisoriamente fuori Porta Vercellina, fino a quando il terreno
adatto alla costruzione del nuovo convento fu individuato in un’area sulla via di Porta Vercellina. Quest’area
era stata data in enfiteusi al conte Gaspare Vimercati, capitano ducale.
Sul terreno ambito dai frati esisteva “una certa parte di fabbrica [...] ove si conservavano le provvisioni di
guerra [e] ristoravano gli soldati infermi, in forma di quattro alle, o portici sostentati con colonne di legno, con
camere ed altre officine annesse”. C’era anche una piccola cappella con un’immagine già assai venerata
fatta dipingere dallo stesso Vimercati.
È possibile dedurre facilmente che, oltre che da devozione probabilmente sincera, la sua generosità doveva
essere motivata principalmente dall’ambizione. A lui e ai frati spetta certamente la formulazione del
programma edilizio del nuovo complesso. L’ideale di semplicità e di umiltà doveva, per loro, essere sempre
presente. Vimercati, al contrario, tendeva al grandioso, al ricco, al monumentale, inoltre, al nuovo e al
“moderno”, così come doveva essere nelle intenzioni di Francesco Sforza. In ogni caso, il programma per il
nuovo complesso doveva certamente prevedere una nuova chiesa corredata di sacrestia e costruita
rispettando, almeno in parte, la vecchia Cappella della Madonna. Il convento, attorno ad un primo chiostro,
doveva raggruppare la sala del Capitolo, il Refettorio corredato di lavamano, il dormitorio con le celle dei
frati. Nell’attuazione, era necessario stabilire alcune priorità, dando la preferenza a quanto era più
necessario alla funzionalità della vita conventuale.
I vincoli, le preesistenze, il progetto.
Questo programma poteva essere attuato solo tenendo conto dei vincoli, derivanti dalle preesistenze e dalla
situazione dell’area, rappresentati anzitutto dalle costruzioni, probabilmente modeste, che costituivano gli
alloggiamenti militari. Inoltre si sarebbe dovuto tenere conto dell’andamento della strada di Porta Vercellina e
della posizione e dimensione della Cappella della Madonna eretta in precedenza dal Vimercati. La
conservazione, almeno provvisoria, di parte delle vecchie strutture militari era dettata dalla opportunità di
alloggiare subito il nucleo iniziale di frati. La conservazione della Cappella era imposta non soltanto da
ragioni di devozione popolare, ma probabilmente anche dalla necessità di avere un luogo di culto e di
riunione subito disponibile. Tenendo conto dello spazio disponibile tra la vecchia cappella e la strada,
l’architetto deve aver fissato la larghezza complessiva delle tre navate. Prendendo come lato questa
grandezza, egli ha diviso l’altro lato in 3 reparti, in modo da ottenere campate rettangolari sia nelle navate
laterali che in quella centrale. Ottenute così le dimensioni dell’unità spaziale tipo, egli l’ha ripetuta un certo
numero di volte (sette nella chiesa costruita) in modo da formare l’intero corpo longitudinale dell’edificio.
Secondo Arnaldo Bruschi, nella sua originaria precisazione progettuale, il complesso conventuale doveva
risultare funzionalmente efficiente, costruttivamente corretto ed architettonicamente a sufficienza rigoroso,
senza rigidità, forzature, corrispondenze, assialità o simmetrie preconcette. Un progetto che prevedeva un
ampio insieme di spazi scoperti e di ambienti chiusi, decorosamente, ma semplicemente definiti, senza
ambiziose esibizioni di grandezza. Un metodo che utilizza duttilmente assi ed allineamenti, che ricerca
proporzioni determinate delle singole parti, ma che procede in larga misura per giunzioni più che in base ad
un’idea rigorosamente unitaria e precisa anche nei particolari. La visione “prospettica” e sintattica
rinascimentale è, in altri termini, ancora sostanzialmente assente come strumento di organizzazione e di
coordinamento visivo dell’insieme.
La costruzione del convento
La costruzione del complesso conventuale deve essere stata iniziata verosimilmente dall’ala contigua alla
vecchia Cappella della Madonna, con la sala del Capitolo, coperta a volta (come la sala adiacente e, forse in
questo tempo, anche la vecchia cappella) e solo distinta dalla disposizione delle sue aperture. L’ unità del
partito complessivo è ricercata attraverso l’assonanza di forme e la ricorrenza di proporzioni. È difficile
tuttavia pensare che l’architetto (e il committente o chiunque fosse) che decise questa organizzazione del