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Estratto del documento

(IEC)

Cromatografia di esclusione solida liquida

molecolare(EC) Tabella 8)

All'interno delle precedenti categorie si possono avere ulteriori suddivisioni. In

particolare la cromatografia liquida si suddivide in cromatografia liquida ad

alta prestazione (HPLC) e cromatografia liquida classica (utilizzata a scopo

preparativo); inoltre vi è un'ulteriore suddivisione basata sul meccanismo di

separazione: si distinguono infatti la cromatografia di affinità, di

adsorbimento, ionica, nonché la cromatografia a permeazione di gel

(impiegata nella separazione dei polimeri in funzione del loro peso

molecolare).

L'utilizzo di fasi stazionarie chirali consente anche la separazione di miscele

racemiche in enantiomeri puri.

6.4)Cromatografia Liquida ad Alta Pressione (HPLC)

Tecnica estremamente versatile utilizzata per la determinazione (qualitativa e

quantitativa) di uno o più analiti in matrici complesse (plasma, alimenti)

difficilmente risolvibili con altre tecniche analitiche.

Si basa sulla differente interazione che le molecole da separare esercitano

nei confronti della fase stazionaria (forze di Van DerWaals, interazioni

ioniche, ecc ). Sotto l’azione chimica e meccanica dell’eluente si ha l’eluizione

delle molecole secondo un ordine preciso: la molecola che interagisce meno

è eluita più velocemente, mentre tutte le altre si staccano secondo una

sequenza legata alla crescente affinità. L’HPLC si basa sui principi generali

delta cromatografia d’adsorbimento, di ripartizione, di scambio ionico ecc.;

essa permette di analizzare miscele difficilmente risolvibili con le tradizionali

cromatografie. Le colonne HPLC hanno una maggiore risoluzione dovuta

all’impiego di fasi stazionarie molto finemente suddivise alto scopo di

realizzare una superficie di interazione molto grande ed un migliore

impaccamento, questo comporta che la fase mobile attraversi la fase

stazionaria delta colonna ad una pressione molto alta per permettere una

eluizione accettabile net tempo. Per una simile tecnica cromatografica, la

fase stazionaria, che presenta una granulometria generalmente compresa tra

5-10 nm, deve avere requisiti particolari per adattarsi al tipo di separazione

da effettuare ed inoltre deve avere come requisiti indispensabili: a) essere

stabile idroliticamente e termicamente; b) resistere all’azione meccanica del

flusso dell’eluente. I vantaggi dell’HPLC possono essere cosi riassunti:

Possono essere analizzate miscele di sostanze termolabili, esplosive e

 non volatili

Possono essere evidenziate piccolissime quantità di sostanze grazie

 all’alta sensibilità dei rivelatori che si utilizzano

Semplicità d’uso

 Tempi brevi d’esecuzione

 Riproducibilità delle condizioni sperimentali

 Le colonne possono essere usate più volte

L’HPLC permette di separare due o più composti presenti in un solvente

sfruttando l'equilibrio di affinità tra una "fase stazionaria" posta all'interno della

colonna cromatografica e una "fase mobile" che fluisce attraverso essa. Una

sostanza più affine alla fase stazionaria rispetto alla fase mobile impiega un

tempo maggiore a percorrere la colonna cromatografica (tempo di ritenzione),

rispetto ad una sostanza con bassa affinità per la fase stazionaria ed alta per

la fase mobile. Il campione da analizzare è iniettato all'inizio della colonna

cromatografica dove è "spinto" attraverso la fase stazionaria dalla fase mobile

applicando pressioni dell'ordine delle centinaia di atmosfere. Per ottenere

un'elevata efficienza nella separazione è necessario che le dimensioni delle

particelle del riempimento siano molto ridotte (di solito hanno diametri

compresi da 3 a 10 μm), per questo motivo è indispensabile applicare

un'elevata pressione se si vuole mantenere una ragionevole velocità di flusso

dell'eluente e quindi un tempo di analisi adeguato. Alla fine della colonna è

applicato un rilevatore (IR, UV-VIS, spettrofluorimetrico, spettrometro di

massa) e un calcolatore che permettono una analisi in continuo dell'uscita

della colonna e quindi di poter quantificare e/o identificare le sostanze

iniettate. A causa delle elevate pressioni di esercizio, la strumentazione per

HPLC è di norma più complessa rispetto a quella per altre tecniche

cromatografiche. I componenti principali dell'apparecchiatura per HPLC sono:

Contenitori per la fase mobile: che necessitano di essere degassati per

 ‟

impedire l ossidazione dello strumento e delle molecole durante la

corsa delle stesse in quanto se c è Ossigeno si rischia di alterare le

molecole antiossidanti che stiamo analizzando. Si degassa con l elio o

altri gas inerti che competono con l Ossigeno oppure tramite ultrasuoni.

Pompe:Le pompe per HPLC devono soddisfare requisiti molto

 stringenti, tra i quali i più importanti sono:

Capacità di sostenere pressioni fino a centinaia di atmosfere;

 Stabilità della pressione generata (importante per non creare rumore

 nel cromatogramma);

Erogare flussi di fase mobile nell'intervallo comunemente compreso tra

 0,1 e 10 ml/min;

Garantire la riproducibilità del flusso relativa migliore dello 0,5%;

 Resistenza alla corrosioni.

I principali tipi di pompe impiegate negli strumenti sono: pompe alternative a

pistone, pompe a siringa e pompe pneumatiche. Il sistema di pompe

garantisce la separazione, favorendo la vincita della resistenza. Attraverso

questi meccanismi, i pigmenti raggiungono la colonna e vengono iniettati al

detector cioè al rilevatore, che opera la lettura a differenti lunghezze d onda

quindi registra l assorbanza facendo come una “foto” della molecola.

Sistemi di introduzione del campione

Colonna : il solvente deve passare in colonna -fase stazionaria-

 vincendo la resistenza. È il mezzo in cui il materiale è separato,

ed a seconda dei solventi, gli analiti possono raggiungere diverse

velocità di eluizione, in base anche alla loro composizione. Il

materiale più impiegato per la costruzione delle colonne per

HPLC è l'acciaio inossidabile levigato. Nonostante i solventi

impiegati in HPLC siano appositamente purificati, è sempre

possibile che contengano contaminanti che potrebbero intaccare

la buona funzionalità della colonna. Per ovviare a questo

problema e dunque aumentare la vita media delle colonne

analitiche si applicano colonne di protezione, più corte

dellecolonne analitiche, in cui la fase mobile viene fatta passare

prima di accedere alla colonna analitica. In sostanza la colonna di

protezione funge da filtro. Inoltre serve anche per saturare la fase

mobile con la fase stazionaria, minimizzando quindi le perdite di

fase stazionaria nella colonna analitica.

Riempimento della colonna:I riempimenti usati in HPLC sono

 sostanzialmente di tre tipi, a particelle pellicolari, a particelle

porose e con tecnologia fused-core. Le particelle pellicolari sono

impiegate quasi esclusivamente per le colonne di protezione.

Sono granuli sferici e non porosi di vetro o materiale polimerico.

Sulla superficie dei granuli viene depositato uno strato poroso di

silice, allumina o resina a scambio ionico. Se si necessita di una

fase stazionaria liquida, può essere applicata per adsorbimento.

Per le particelle porose il materiale più usato è la silice

microporosa, ma possono essere costituite anche di allumina o

resina a scambio ionico. Anche in questo caso vengono applicati

rivestimenti specifici, legati o per adsorbimento o attraverso

legami chimici alla superficie delle particelle. Le particelle di silice

C18, hanno gruppi ossidrilici esterificati con catene alifatiche di

idrossicarburi che hanno C18. Questo porta a idrofobicità della

fase stazionaria, quindi si ha una separazione inversa dove i

solventi saranno più idrofilici. Le particelle fused-core hanno

dimensione inferiore a 2 μm, tipicamente si usa attribuire alla

strumentazione che utilizza queste colonne il nome di UHPLC

(Ultra HPLC)

Rivelatori: Perché un rivelatore sia idoneo all'uso in HPLC

 dovrebbe soddisfare le seguenti caratteristiche:

Sensibilità adeguata, che ovviamente dipende sia dalle particolari

• esigenze dell'operatore che dal tipo di campione da analizzare

Buona stabilità e riproducibilità

• Risposta lineare per più ordini di grandezza

• Tempo di risposta breve

• Elevata facilità d'uso e affidabilità

• Uniformità di risposta nei confronti di tutti gli analiti o al contrario elevata

• specificità per particolari composti

Rivelazione non distruttiva

• Piccolo volume interno per evitare allargamento delle bande

I rivelatori più usati sono ad assorbimento UV, vi sono poi i metodi a

fluorescenza (per le proteine), i rilevatori ad assorbanza, a indice di rifrazione,

rilevatori elettrochimici, rilevatori a serie di diodi, a spettrometro di massa.

7)ESTRAZIONE CAROTENOIDI.

7.1) Introduzione e funzioni Carotenoidi:

I carotenoidi sono pigmenti vegetali di natura lipidica, deputati alla

cattura della luce non assorbita dalla clorofilla e di quella presente

in eccesso (fungono da agenti fotoprotettivi). Molto abbondanti in

natura, i carotenoidi si trovano un po' in tutte le parti della pianta,

compresi frutti, semi, foglie e radici. L'uomo può così assumerli

attraverso il regolare consumo di alimenti vegetali; ne sono

particolarmente ricchi la zucca, la carota, l'anguria, il peperone, il

pomodoro, l'albicocca ed il melone. E' interessante notare come il

colorito di questi alimenti, che ricopre le varie sfumature del rosso,

dell'arancio e del giallo, sia un segno inconfutabile dell'attività

pigmentante dei carotenoidi; non a caso questi nutrienti sono ben

rappresentati anche in insalate, prezzemolo, cavoli ed altri vegetali

a foglia verde. Esistono oltre 600 tipi di carotenoidi conosciuti;

vengono normalmente suddivisi in due classi: i caroteni (che sono

idrocarburi quindi privi di ossigeno) e le xantofille (che invece lo

contengono). Sono pigmenti accessori che nella fotosintesi

consentono di assorbire lunghezze d'onda differenti rispetto alla

clorofilla e che proteggono quest'ultima dalla fotoossidazione[1]. La

degradazione ossidativa dei carotenoidi produce una particolare

specie di alcheni chiamati apocarotenoidi, polieni contenenti gruppi

OH, CHO e COOH; la vitamina A (retinolo), per esempio, è un

apocarotene con 20 atomi di carbonio che si originano per

ossidazione del beta-carotene.

7.2) Prop

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
51 pagine
3 download
SSD Scienze chimiche CHIM/10 Chimica degli alimenti

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Giulio 241291 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Nutraucetica e composti bioattivi e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Ranieri Anna Maria.