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Il ruolo del servizio sociale nell’ambito della disabilità.
Il ruolo del servizio sociale a favore delle persone con disabilità rientra nelle misure
che possono consentire un effettivo esercizio dei diritti fondamentali della persona
umana, i cui aspetti di fragilità possono essere amplificati nelle disabilità.
Le persone disabili essendo discriminate, non avendo piena partecipazione nella
società e dovendo affrontare condizioni difficili, devono essere tutelate e devono
essere riconosciute loro pari opportunità rispetto alle persone “normali”.
La convenzione ONU è il primo trattato internazionale che sancisce il passaggio a un
nuovo approccio culturale verso la disabilità.
Anche la Repubblica italiana, alla luce dell’art.3 della Costituzione, si impegna ad
attuare i principi innovatori contenuti nella normativa nazionale e regionale: la
l.104/92, che è la legge-quadro per l’assistenza e l’integrazione sociale, scolastica e
lavorativa; la l.r. 29/1997, che garantisce ai disabili il diritto alla vita autonoma anche
nell'ambiente di vita; la l.328/2000 e la l.r. 2/2003 che da diritto all'accesso ed alla
fruizione di un sistema integrato di interventi e servizi sociali che garantiscano
assistenza sociale e sanitaria, promozione della qualità di vita della persona disabile,
sostegno e supporto alla famiglia.
In particolare la l.104/92 definisce l’handicappato una persona che “presenta una
minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di
difficoltà di apprendimento, di relazione, o di integrazione lavorativa, e tale da
determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”. Al comma 3
dell’art.3 aggiunge: “qualora la minorazione, singola o plurima abbia ridotto
l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento
assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di
relazione, la situazione assume connotazione di gravità”.
Un riferimento importante in senso operativo può essere la classificazione
internazionale dell’OMS, che si riferisce alla correlazione tra menomazione
permanente delle condizioni fisiche e/o psichiche e processi di emarginazione sociale.
Alla menomazione, che è perdita o anomalia a carico di strutture o funzioni
psicologiche, fisiologiche o anatomiche, consegue una disabilità, cioè una restrizione o
carenza della capacità di svolgere un’attività nel modo o nei limiti ritenuti normali, che
dà luogo all’handicap, cioè una condizione di svantaggio che limita o impedisce la
possibilità di ricoprire il ruolo normalmente proprio in base all’età, al sesso e ai fattori
culturali e sociali.
Dal punto di vista istituzionale si è così evidenziata la problematicità connessa alla
condizione di handicap, processo precedentemente chiuso e cronicizzato nei recinti
delle istituzioni totali o sommerso presso le famiglie che erano in grado di contenerlo.
In quest’ottica l’assistente sociale che lavora nell’ambito della disabilità deve fare
riferimento soprattutto alla l.r. 2/2003 che parla a questo proposito di “responsabilità
del caso” cioè:
- contribuire alla lettura del bisogno della persona disabile e della sua famiglia in
una prospettiva di rete;
- valutare in un’ottica multidimensionale come porta del welfare;
- attivare l’accesso alla rete integrata dei servizi socio-sanitari;
- definire e implementare un progetto individuale integrato sotto l’aspetto
sociale, sanitario ed educativo formulato insieme alla persona-utente (obiettivi,
azioni, tempi di realizzazione e di verifica).
Tale integrazione è mirata al miglioramento della qualità di vita e centrata sullo
sviluppo delle opportunità psico-sociali con ricadute positive per la persona.
Gli interventi dell’assistente sociale sono agevolati dal fondo regionale per la non