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BASI TEORICHE DEL SERVIZIO SOCIALE
Come ogni professione, il ss dispone di una base di conoscenze teoriche e una base
metodologica. La teoria rappresenta una conoscenza che orienta l’operatività. Al fine di
utilizzare,come schema di riferimento mentale per l’operatività, il bagaglio di conoscenze teoriche
ricavate dalle teorie delle scienze sociali (sociologia,psicologia,antropologia) e le riflessioni ricavate
dall’agire professionale, il ss nel corso del suo sviluppo ha messo a punto del modelli teorico-
operativi. Un modello operativo rappresenta uno strumento per osservare la realtà e operare su di
essa. Nella formulazione dei modelli si deve tener conto di alcuni aspetti: i principi del servizio
sociale come ad es il rispetto della persona,sviluppo della sua autonomia; si deve tener conto del
contesto giuridico-istituzionale, culturale economico e politico dei diversi paesi. Per questo modelli
formulati in paesi stranieri difficilmente potranno essere applicati al nostro paese. Esistono modelli
teorici differenziati per le diverse dimensioni del servizio sociale: (individuo, gruppi, comunità,..).
Dimensione individuale
Alcuni dei filoni teorici a cui possiamo ricondurre i modelli per la dimensione ind dell’intervento
sociale sono stati elaborati soprattutto in America e in Inghilt. Vi sono diversi modelli:
-MODELLO PSICOSOCIALE: che ha come esponente principale l’americana Florence Hollins.
Questo modello parte dal presupposto che si debba curare una disfunzione, una patologia nel
processo di adattamento, di integrazione fra l’individuo e la sua situazione sociale. quindi si utilizza
lo schema metodologico di impostazione medica studio-diagnosi.trattamento, con lo scopo di
aiutare l’utente a comprendere come funzionano i suoi pensieri e le sue emozioni e di capire le
cause che li provocano. Il concetto chiave è quello di “insight”, riflessione. L’elemento centrale è il
trattamento che si realizza attraverso un approfondito rapporto tra a.s. e utente. L’obbiettivo è la
cura di quelle percezioni distorte di sé e delle situazioni, che creano una disfunzione,una risp
esagerata alle pressioni ambientali. Centro dell’attenzione divengono quindi le reazioni dell’utente
e l’obbiettivo è giungere a cambiamenti di comportamento e di personalità. L’operatore svolge un
intervento rivolto all’utente (trattamento diretto) o sull’ambiente (trattamento indiretto). Il
trattamento diretto include:
1 un’esplorazione continua nel tempo,che fa crescere e migliorare la comprensione del complesso
persona-situazione.
2 una buona dose di verbalizzazione da parte dell’utente.
3 una riflessione sugli aspetti e sulle dinamiche del comportamento, e sui primi anni di vita, che
possono aver provocato i problemi.
4 un sostegno di natura verbale. Queste componenti possono variare a seconda dei casi,allo stile
dell’operatore,alla natura dei problemi,alla disponibilità dell’utente. Quando invece l’operatore
interviene sull’ambiente, gli strumenti sono,da una parte i colloqui di
mediazione,negoziazione,informazione ecc, dall’altra l’espletamento di pratiche amministrative per
ottenere risorse istituzionali e contatti con le possibili risorse comunitarie.
Per la Hollins vi sono diversi tipi di comunicazione: di sostegno, in cui l’operatore cerca di offrire
aiuto attraverso dimostrazioni di interesse,solidarietà,comprensione; influenza diretta, che
stimolano o scoraggiano in modo diretto il comportamento;riflessive,usate per sollecitare
considerazioni riflessive,dei modelli e dinamiche dei comportamenti,degli aspetti dei primi anni di
vita che si pensa abbiano influito sull’attuale comportamento.
-MODELLI PROBLEM SOLVING: vi è poi il filone che si basa sull’approccio problem solving
(processo di soluzione dei problemi) elaborato da Perlman, si sviluppò negli anni `40-`60 e trovava i suoi
fondamenti teorici nelle teorie sia psicoanalitiche che nel cognitivismo; e anche nelle teorie freudiane che
insistono sul concetto di un IO libero da conflitti,che guida e orienta il comportamento. L’idea di fondo
definisce l’uomo come un soggetto in uno stato di insoddisfazione perenne (bisogni), che per poter essere
soddisfatto si ritrova a dover affrontare un continuo processo di soluzione dei problemi. Quando, però,
l’efficacia personale e sociale iniziano ad incontrare delle difficoltà, la lettura del problema può essere
limitata da una percezione distorta e dall’attivazione dei meccanismi ansiosi. In questa situazione si può
creare un circolo vizioso in cui l’individuo non riesce a trovare delle soluzioni alternative al problema,
causandogli un senso di impotenza e insolubilità. È per questo che l’aiuto esterno diventa importante ed
essenziale per far ritrovare alla persona equilibrio e benessere. In tal caso il ruolo dell’assistente sociale
consiste nell’aiutare l’utente ad analizzare il problema senza ansie e a differenziare il reale dall’immaginario,
stimolando in lui nuove motivazioni ed energie ed insegnandogli ad usare le risorse disponibili in modo
sempre diverso ed efficace. Il professionista deve accettare le difficoltà dell’utente sostenendolo anche
quando non è capace di prendere delle decisioni autonomamente. Non sempre i fallimenti di una persona
dipendono da lei, ma anche dall’ambiente sociale con cui interagisce e con cui l’assistente sociale deve
entrare in contatto.
L’ambiente, infatti, può diventare la fonte di molte informazioni non pervenute durante il colloquio individuale
con l’utente, durante il quale l’operatore pone domande, fa commenti e dà informazioni. Le domande
servono per appurare in maniera obiettiva i fatti. I commenti fatti dall’assistente sociale all’utente lo aiutano
nella comprensione e nell’accettazione, nella rielaborazione e riflessione dei fatti. Le informazioni
prettamente tecniche vengono fornite al cliente per permettergli di attivarsi e riuscire a soddisfare
Quindi qui. Il processo di aiuto del ss,non è tanto una cura, ma
efficacemente il suo bisogno.
essenzialmente un processo di apprendimento di modalità nuove più adeguate per affrontare e
risolvere situazioni di difficoltà esistenziale attraverso la sperimentazione di comportamenti più
adatti. Le fasi che caratterizzano il processo di problem-solving possono essere così sintetizzate:
1. espressione del problema: in questa fase è importante stabilire un rapporto significativo con
l’utente che consenta di capire il problema ed esprimere sensazioni e sentimenti;
2. analisi e chiarificazione: è opportuno aiutare l’utente a ripensare il problema;
3. decisione: si stimola l’utente a prendere decisioni che conducano alla modificazione dei
suoi comportamenti;
4. intervento: il momento in cui si dà concretezza alle decisioni prese;
5. valutazione dei risultati conseguiti: ciò serve all’utente per rafforzare l’io e l’autostima;
all’operatore per attivare la riflessione sulle attività svolte.
Altri modelli che si ispirano al problem solving sono:
.il modello centrato sul compito: elaborato da William Reid. Ha come fulcro il “compito”, inteso
come insieme di azioni concrete affidate all’utente, che si impegna a realizzarle e a parlarne
successivamente con l’assistente sociale. Il compito serve all’utente per mettere in pratica
comportamenti diversi da quelli usuali e per interiorizzarli. L’azione dell’a.s consiste nel rinforzare
la capacità del’utente di assolvere a determinati compiti, nell’aiutarlo a vedere più lucidamente la
situazione, nel fornire il sostegno delle risorse,delle prestazioni necessarie.
.il modello esistenziale: fondato dalla studiosa Grmain. Individua due specifiche funzioni del
servizio sociale: la promozione dello sviluppo della persona umana; l’influenzamento dell’ambiente,
del contesto sociale e familiare dell’utente, affinché quest’ultimo ottenga sostegno nel suo
processo di sviluppo. L’ambiente viene visto come ricco di stimoli e di proprietà che possono avere
ripercussioni positive sullo sviluppo della persona, protagonista di un processo naturale del suo
cambiamento che concerne le diverse fasi del ciclo vitale (infanzia, adolescenza, etc) e/o eventi
critici (separazioni, lutti), la gestione dei quali può incontrare difficoltà di adattamento. Compito del
servizio sociale è quello di creare un punto d’incontro tra persona e ambiente; l’assistente sociale
agirà quindi:- sulla persona, con attività di sostegno, di informazione per rafforzare o costruire la
stima di sé; - sull’ambiente, per promuovere servizi socio-assistenziali, per rimuovere le barriere
spazio- temporali, per facilitare l’accesso alle risorse presenti.
.modello unitario:elaborato da Goldstein. Questo modello avevo lo scopo di garantire l’unitarietà del
servizio sociale nei suoi metodi e tecniche, come intreccio di interventi diretti alla persona e al suo ambiente
in un processo costante di contestualizzazione della dimensione istituzionale e organizzativa e della
dimensione territoriale. Viene sorpassata del tutto la concezione che non vi sia influenza tra gli individui e
l’ambiente, ma si ritiene che vi sia interazione tra loro. In quegli anni gli assistenti sociali intervenivano in
molte situazioni collettive, iniziarono a considerare la persona nella sua globalità. .
.modello Integrato: è stato il prodotto di uno studio di cinque anni svolto negli anni `70 da Pincus e Minahan
La funzione dell’assistente sociale è di aiutare le persone al problem solving per le funzioni esistenziali,
facilitando i legami dell’utente con i sistemi di risorse e quelli sociali. Quando si parla di risorse ci si riferisce
anche a quelle materiali che possono essere erogate tramite sussidi, buoni, ecc., dall’operatore secondo le
norme date dall’istituzione di cui fa parte. Durante l’intervento professionale l’assistente sociale lavora in
quattro sistemi di base:
-il sistema agente di cambiamento, l’assistente sociale stesso o lente che rappresenta;
-il sistema cliente, ossia l’individuo, il gruppo o la comunità con il quale si stabilisce un contratto;
-il sistema bersaglio include le persone da influenzare per raggiungere il cambiamento;
-il sistema d’azione, l’insieme dei soggetti che agiscono nel sistema agente di cambiamento o come risorse
per il processo di aiuto.
-MODELLO COMPORTAMENTISTA: vi è poi il filone che si collega al modello di modificazione del
comportamento, che prende origine dagli orientamenti teorici del comportamentismo. Il modello
parte dal presupposto che ogni comportamento, anche quello problematico, è app