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SONO UNA CREATURA
Valloncello di Cima Quattro il 5 agosto 1916
Come questa pietra Disanimata
Del S. Michele Come questa pietra
Così fredda È il mio pianto
Così dura Che non si vede
Così prosciugata La morte
Così refrattaria Si sconta
Così totalmente Vivendo.
Il poeta paragona se stesso alla dura e fredda pietra del monte S. Michele. Come la roccia del
monte è prosciugata e senz’anima così il pianto del poeta stenta a trovare sfogo nelle lacrime.
Questa è la storia di un uomo che ha assimilato sul corpo e sullo spirito le forme del
paesaggio carsico. Un paesaggio arido, brullo, arso, impermeabile e disumanizzante che gli è
rimasto scolpito nel cuore e gli ha prosciugato anche le lacrime per piangere
SAN MARTINO SUL CARSO
Valloncello dell’albero isolato il 27 agosto 1916
Di queste case
Non è rimasto
Che qualche
Brandello di muro
Di tanti
Che mi corrispondevano
Non è rimasto
Neppure tanto
Ma nel cuore
Nessuna croce manca
È il mio cuore
Il paese più straziato
In questa poesia il poeta esprime tutto il suo dolore per la perdita dei commilitoni e lo strazio
per la rovina di cui è testimone. A ogni assenza, a ogni voragine procurata dai combattimenti,
corrisponde una cicatrice indelebile nel suo cuore.
71
GIROVAGO
Campo di Mailly maggio 1918
In nessuna
Parte Già gli ero stato
Di terra Assuefatto
Mi posso E me ne stacco sempre
Accasare Straniero
A ogni Nascendo
Nuovo Tornato da epoche troppo
Clima Vissute
Che incontro Godere un solo
Mi trovo Minuto di vita
Languente Iniziale
Che Cerco un paese
Una volta Innocente
In questa poesia Ungaretti esprime tutta l’ansia di trovare un paese che non abbia visto la
distruzione e vissuto il dolore. Ha visitato diversi luoghi ma in nessuno di essi si è più sentito
a casa propria. Dopo aver respirato climi diversi, si ritrova sempre insofferente e nostalgico
per l’impossibilità di ambientarsi. Il poeta vorrebbe trovarsi, anche un solo minuto, in un
paese che non abbia commesso il peccato della guerra.
Il poeta stesso ci fornisce un’interpretazione personale di questa lirica.
“Girovago. Questa poesia composta in Francia dov’ero stato trasferito con il mio
reggimento, insiste sull’emozione che provo quando ho coscienza di non appartenere a un
particolare luogo o tempo. Indica anche un altro dei miei temi, quello dell’innocenza, della
32
quale l’uomo invano cerca traccia in sé o negli altri sulla terra” .
SOLDATI
Bosco di Courton luglio 1918
Si sta come
D’autunno
Sugli alberi
Le foglie.
In questi brevi versi è espressa tutta la precarietà e l’attesa del soldato. La foglia sul ramo
decimato, fragile e indebolita nel vento d’autunno che la minaccia, attende, caduca,
vulnerabile come il soldato, dopo una lunga stagione di guerra.
32 Giuseppe Ungaretti, Ungaretti vita di un uomo, Meridiani, Milano 1969, pag. 526.
72
ALLEGATO N. 13 ‘99
I Ragazzi del
‘99
Durante la prima guerra mondiale, ragazzi del era la denominazione data ai sodati di leva
che nel 1917 compivano diciotto anni e che pertanto potevano essere impiegate sul campo di
battaglia.
Furono chiamati quando non avevano ancora compiuto diciotto anni. I primi contingenti,
80.000 circa, vennero convocati nei primi quattro mesi del 1917 e altri 180.000 nel mese di
maggio. Furono frettolosamente istruiti e inquadrati in battaglioni di Milizia Territoriale. I
‘99
primi ragazzi del furono inviati al fronte nel novembre del 1917, nei tragici giorni di
Caporetto. ‘99
Le giovanissime reclute appena diciottenni del sono da ricordare in quanto, dopo la
disfatta di Caporetto (24 ottobre 1917), in un momento di gravissima crisi per il Paese e per
l’esercito, risaldarono le file del Piave, del Grappa e del Montello, permettendo all’Italia la
‘18
riscossa nel a un anno esatto da Caporetto con la battaglia di Vittorio Veneto e quindi la
firma dell’armistizio di Villa Giusti da parte dell’Impero Austro-Ungarico. A partire dal
“ragazzi ‘99”
primo dopoguerra, il termine del si radicò ampiamente nella storiografia da
33
entrare nell’uso comune per riferirsi a tutti i militari nati nel 1899 .
34
Elogio alla leva dei ragazzi del 1899
–
Regio esercito italiano Comando supremo
Ordine del giorno dell’esercito
(da diramare fino ai comandi di plotone)
“I Giovani soldati della classe 1899 hanno avuto il battesimo del fuoco. Il loro contegno è
stato magnifico e sul fiume che in questo momento sbarra al nemico le vie della Patria, in un
superbo contrattacco, unito il loro ardente entusiasmo all’esperienza dei compagni più
anziani, hanno trionfato; alcuni battaglioni austriaci che avevano osato varcare il Piave sono
stati annientati; 1200 prigionieri catturati; alcuni cannoni presi dal nemico sono stati
riconquistati e riportati sulle posizioni che i corpi degli artiglieri, eroicamente caduti in una
disperata difesa, segnavano ancora.
In quest’ora suprema di dovere e di onore nella quale le Armate con fede salda e cuore
sicuro arginavano sul fiume e sui monti l’ira nemica, facendo echeggiare quel grido di
“Savoia” che è sempre stato squillo di vittoria , io voglio che l’Esercito sappia che i nostri
giovani fratelli della classe 1899 hanno mostrato di essere degni del retaggio di gloria che su
di essi discende”.
Zona di guerra, 18 novembre 1917 Il capo di S. M. dell’esercito A. Diaz
“i ‘99”.
33 Tratto dal sito www.wikipedia.org alla voce ragazzi del
34 Tratto dal sito www.storiaxxisecolo.it/grandeguerra. 73
ALLEGATO N. 14
Un generale della Prima guerra mondiale: Ama lei la guerra?
“Un 35
Di Emilio Lussu, anno sull’altopiano” .
Prese il comando della divisione il tenente generale Leone. L’ordine del giorno del
“un
comandante di corpo d’armata ce lo presentò soldato di provata fermezza e
d’esperimentato ardimento”. Io lo incontrai la prima volta a Monte Spil, nei pressi del
comando di battaglione. Il suo ufficiale d’ordinanza mi disse che egli era il nuovo
comandante la divisione ed io mi presentai.
Sull’attenti, io gli davo le novità del battaglione.
— — —
Stia comodo, mi disse il generale in tono corretto e autoritario. Dove ha fatto la
guerra, finora?
— Sempre con la brigata, sul Carso.
— È stato mai ferito?
— No, signor generale.
— Come, lei ha fatto tutta la guerra e non è stato mai ferito? Mai?
— Mai, signor generale. A meno che non si vogliano considerare tali alcune ferite
leggere che mi hanno permesso di curarmi al battaglione, senza entrare all’ospedale.
— No, no, io parlo di ferite serie, di ferite gravi.
— Mai, signor generale.
— È molto strano. Come lei mi spiega codesto fatto?
— La ragione precisa mi sfugge, signor generale, ma è certo che io non sono stato mai
ferito gravemente.
— Ha preso lei parte a tutti i combattimenti della sua brigata?
— A tutti.
— “gatti
Ai neri”?
— “gatti
Ai neri”.
— “gatti
Ai rossi”?
— “gatti
Ai rossi”, signor generale.
— Molto strano. Per caso, sarebbe lei un timido?
Io pensavo: per mettere a posto un uomo simile, ci vorrebbe per lo meno un generale
comandante di corpo d’armata. Siccome io non risposi subito, il generale, sempre grave, mi
ripeté la domanda.
— —
Credo di no, risposi.
— Lo crede o ne è sicuro?
— —
In guerra, non si è sicuri di niente, risposi io dolcemente. E soggiunsi, con un
—
abbozzo di sorriso che voleva essere propiziatorio: Neppure di essere sicuri.
35 Lussu E., Un anno sull’altopiano, Einaudi, Torino, 1966, pag. 54.
Emilio Lussu, nato nel 1890 in provincia di Cagliari, partecipò giovanissimo alla Grande Guerra. Era ufficiale di
fanteria della Brigata Sassari. Credendo in quel che faceva, lo compì bene e fu più volte decorato al valor
militare. La guerra finì nel 1918: Lussu ne aveva tratto anche insegnamenti politici, e l’anno successivo fondava
il Partito sardo d’Azione, a carattere democratico, autonomista. Fu deputato nelle due legislature del 1921 e
1924, partecipando alla secessione dell’Aventino. Il suo antifascismo intransigente lo espose a feroci
aggressioni. In una di esse, avvenuta nel 1926, trovò la morte uno squadrista che aveva preso parte all’assalto
della sua casa cagliaritana. Fu confinato poco dopo a Lipari. Evase dall’isola nel 1929, insieme a Fausto Nitti e
“Giustizia
Carlo Rosselli. Con essi, a Parigi, fu tra i fondatori del movimento e Libertà”. Tornato in Italia dopo
l’8 settembre 1943, divenne uno dei grandi animatori della Resistenza (militando nel Partito d’Azione). Con la
corrente di sinistra di questo partito, della quale era stato il leader, passò nel 1949 nelle file del PSI. È stato
ministro nel governo Parri e nel primo gabinetto De Gasperi; senatore in più legislature. È morto nel 1975. Da
www.wikipedia.org 74
Il generale non sorrise. Già, credo che per lui fosse impossibile sorridere. Aveva l’elmetto
d’acciaio con il sottogola allacciato, il che dava al suo volto un’espressione metallica. La
bocca era invisibile, e, se non avesse portato dei baffi, si sarebbe detto un uomo senza labbra.
Gli occhi erano grigi e duri, sempre aperti come quelli d’un uccello notturno di rapina.
Il generale cambiò argomento.
— Ama lei la guerra?
Io rimasi esitante. Dovevo o no rispondere alla domanda? Attorno v’erano ufficiali e soldati
che sentivano. Mi decisi a rispondere.
— Io ero per la guerra, signor generale, e alla mia Università, rappresentavo il gruppo
degli interventisti.
— — —
Questo, disse il generale con tono terribilmente calmo, riguarda il passato. Io
le chiedo del presente.
— La guerra è una cosa seria, troppo seria ed è difficile dire se... è difficile... Comunque,
—. —
io faccio il mio dovere E poiché mi fissava insoddisfatto, soggiunsi: Tutto il mio
dovere.
— — —
Io non le ho chiesto, mi disse il generale, se lei fa o non fa il suo dovere. In
guerra, il dovere lo debbono fare tutti, perché, non facendolo, si corre il rischio di essere
fucilati. Lei mi capisce. Io le ho chiesto se lei ama o non ama la guerra.
— —
Amare la guerra! esclamai io, un