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R.V -> RICORRENTE D.S. -> CONVENUTO

sostanzialmente integrato un'alienazione di azienda con la sostituzione di un soggetto con un altro, configurabile anche in presenza di una cessione di tutte o di parte delle quote qualora, sulla base di tutte le circostanze del caso ed a seguito di una verifica rigorosa, possa desumersi che tale cessione abbia concretato in effetti una sostituzione.

4. Riassunzione del giudizio di appello

Il giudizio veniva riassunto avanti ad altra sezione della Corte d'Appello di Firenze, la quale con sentenza del 14.1 - 19.6.2003 dichiarava che l'apertura del nuovo esercizio commerciale da parte dei coniugi D.S. e T.P costituisce violazione del divieto di concorrenza previsto dall'art. 2557 c.c., compensando integralmente le spese dell'intero giudizio e della fase cautelare.

Nell'uniformarsi ai principi espressi dalla Corte di Cassazione, la Corte d'Appello:

- rilevava che l'acquisto delle quote da parte dei

coniugi R.V ed M.A hanno acquisito completamente l'azienda, sostituendosi sostanzialmente agli altri soci nella titolarità dell'azienda. Ciò ha comportato l'assimilazione, ai fini della cessione delle quote, alla cessione dell'azienda stessa. In concreto, si è ravvisato l'esercizio di un'attività concorrenziale da parte dei coniugi D.S. e T.P., che hanno aperto un negozio di oreficeria con articoli sostanzialmente simili, in un piccolo centro come (OMISSIS), nelle immediate vicinanze del precedente esercizio. È stato ritenuto irrilevante il fatto che nel contratto di cessione non fosse stato menzionato alcun patto di non concorrenza, poiché, in assenza di un patto contrario, il divieto di concorrenza è implicito. Inoltre, dalle prove raccolte è emerso che D.S. aveva dichiarato di voler riprendere il suo vecchio lavoro come rappresentante.

essere contrario a stipulare un patto di non concorrenza proprio in considerazione dell'attività che aveva in animo di intraprendere.

5. Ricorso in Cassazione

Avverso tale sentenza della Corte d'Appello di Firenze del 14.1 - 19.6.2003 D.S.F. e T.P. propongono ricorso per Cassazione deducendo due motivi di censura.

Resistono con controricorso, R.V. e M.A. che propongono anche ricorso incidentale.

Pregiudizialmente i due ricorsi, il principale e l'incidentale, vanno riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c., riguardando la stessa sentenza.

Ricorso principale

a) Con il primo motivo del ricorso principale D.S.F. e T.P. denunciano violazione e falsa applicazione dell'art. 384 c.p.c., e dell'art. 2557 c.c.,

L'art. 384 c.p.c. al comma 1 e 2 sancisce: "La Corte enuncia il principio di diritto quando decide il ricorso proposto a norma dell'articolo 360, primo comma, n. 3, e in ogni altro caso in cui, decidendo su altri motivi del R.V. ->

RICORRENTED.S. -> CONVENUTO5 6comma 1, artt. 2322 , 2285 e 2289 c.c., nonché insufficiente e contraddittoria motivazione.

Lamentano che la Corte d'Appello, nell'uniformarsi al principio dell'applicabilità in via analogica dell'art. 2557 c.c., non abbia considerato che a tal fine è necessario il trasferimento da un soggetto ad un altro del potere di godere e di disporre del complesso dei beni. Nel caso in esame non si è realizzata la trasposizione dei poteri gestionali dai soggetti cedenti sui soggetti cessionari, come sarebbe stato necessario, ma un'ipotesi assimilabile al recesso dei soci, a sua volta non comparabile alla cessione d'azienda (Cass. 6160/03).

Sostengono altresì che la Corte d'Appello non ha indicato gli elementi utilizzati per la formazione del proprio convincimento in ordine al problema della sostituzione nella titolarità dell'azienda, lasciando intendere che qualsiasi cessione di quote,

poiché da inevitabilmente luogo ad unaimmutazione dell'assetto societario, produce gli stessi effetti della cessioned'azienda, senza tener conto se si sia verificata un'evoluzione nei rapportigestori dell'azienda. b) Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazionedell'art. 384 c.p.c., e dell'art. 2557 c.c., comma 1, artt. 2257, 2260, 2261 ,8 92295 e 2298 c.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoriaricorso, risolve una questione di diritto di particolare importanza. La Corte, quando accoglie il ricorso, cassa lasentenza rinviando la causa ad altro giudice, il quale deve uniformarsi al principio di diritto e comunque a quantostatuito dalla Corte, ovvero decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto.

L'art. 2322 c.c. sancisce: "La quota di partecipazione del socio accomandante è trasmissibile per causa dimorte. Salvo diversa

La disposizione dell'atto costitutivo, la quota può essere ceduta, con effetto verso la società, con il consenso dei soci che rappresentano la maggioranza del capitale.

L'art. 2285 c.c. e l'art. 2289 disciplinano l'istituto del recesso del socio. Il primo conferisce al singolo socio la facoltà di uscire dalla compagine sociale in qualsiasi momento, dando un preavviso di tre mesi ai soci e senza addurre alcuna spiegazione (per il principio secondo il quale è vietato vincolarsi contrattualmente in perpetuo). Altrimenti, il socio può recedere nei casi previsti convenzionalmente dal contratto sociale oppure per giusta causa.

Il secondo articolo sopra citato disciplina invece il diritto del socio uscente o dei suoi eredi alla liquidazione della quota da determinarsi secondo l'effettiva consistenza del patrimonio sociale al momento in cui opera lo scioglimento. La quota spettante al socio deve essere liquidata in danaro: la legge

esclude implicitamente che il socio uscente possa ottenere la restituzione dei beni conferiti in proprietà alla società.

L'art. 2260 c.c disciplina la responsabilità solidale degli amministratori verso la società per l'adempimento degli obblighi ad essi imposti dalla legge e dal contratto sociale, mentre l'art. 2261 attribuisce ai soci che non partecipano all'amministrazione il diritto al controllo sullo svolgimento degli affari sociali.

L'art. 2295 c.c. sancisce il contenuto essenziale dell'atto costitutivo di una società in nome collettivo, che disciplina la vita sociale e ne descrive l'attività.

L'art. 2298 c.c. disciplina il potere di rappresentanza delle s.n.c. in capo all'amministratore, il quale può compiere tutte le attività previste dall'oggetto sociale, salvo eventuali limitazioni al suo potere che, per poter essere opponibili ai terzi, devono essere inserite.

nell'atto costitutivo pubblicato nel registro delle imprese, oppure risultare dalla procura. 5motivazione. Affinché si consideri accertata l'esistenza di un caso simile allacessione d'azienda, è necessario che si verifichi un mutamento relazionale fra l'azienda gestita in forma societaria ed uno dei soggetti, in termini tali da integrare per qualità e quantità un mutamento soggettivo nelle funzioni di governo e di controllo. Erroneamente la Corte d'Appello ha ravvisato questo mutamento per il solo fatto che i due cessionari, dopo la cessione, hanno posseduto non più il 50% ma il 100% delle quote, non considerando che ciascuno dei soci attuali non possiede la maggioranza e che pertanto sono rimasti inalterati su base paritaria i rapporti di forza all'interno della società. Sostengono infine che tali considerazioni evidenziano anche il difetto di motivazione della sentenza impugnata la quale non si era fatta carico.

diesaminare l'atto costitutivo per verificare se effettivamente i cessionari sifossero sostituiti ai cedenti nella gestione dell'azienda. La Corte ha ritenuto gli esposti motivi di ricorso (da esaminarsi congiuntamente per l'identità delle questioni trattate) infondati. Ai sensi dell'art. 384 c.p.c., il giudice di rinvio doveva inderogabilmente attenersi al principio espresso dalla precedente sentenza n. 549 del 1997 e su di lui incombeva solo l'obbligo di accertare, attraverso una verifica condotta con il massimo rigore, se l'equiparazione fra l'ipotesi espressamente contemplata dalla norma (alienazione di azienda) e quella "fattualmente meno estesa" (cessione di quote) fosse in concreto configurabile alla luce di tutte le circostanze offerte dalle risultanze processuali. La Cassazione ha ritenuto che la Corte di merito abbia assolto adeguatamente al compito affidatole.

1. I ricorrenti hanno insistito sulla mancanza di

un’effettiva “trasposizione deipoteri gestionali” dai soggetti cedenti ai cessionari, mentre si rendevanecessario accertare se, a seguito della cessione delle quote e dell’uscitadalla società dei cedenti, si fosse verificata una situazione comparabile10 Deducono quindi che la Corte d’Appello ha omesso di effettuare un tale accertamento in concreto, limitandosia rilevare la sostituzione dei soci uscenti con i soci rimasti per il solo fatto dell’aumento della quota socialeposseduta complessivamente da questi ultimi.

Con la precedente sentenza n. n. 549 del 1997 pronunciata nel presente procedimento questa Corte, dopoaver escluso la natura eccezionale dell’art. 2557 c.c., comma 1, ha affermato il principio della applicabilità, peranalogia, del divieto di concorrenza previsto da detta norma anche all’ipotesi di cessione di quote sociali tutte levolte in cui si realizzi, a seguito di tale cessione, non necessariamente totalitaria.

La sostituzione di un soggetto con un altro nella gestione dell'azienda, vale a dire la stessa situazione che si verifica con l'alienazione e che la norma ha inteso disciplinare.12 Non si trattava più di accertare l'equiparabilità in astratto (risolta già positivamente dalla precedente sentenza di legittimità), ma era necessario un accertamento in concreto in ordine all'applicabilità del principio, in relazione alla peculiarità del caso in esame.613 All'ipotesi di alienazione di azienda. I ricorrenti hanno così commesso un errore di prospettiva andando a comparare il nuovo assetto societario con il precedente, senza una visione correlata al contesto giuridico (art. 2557 c.c.) in cui le esposte argomentazioni dovevano inserirsi.

2. Neanche sotto il prospettato profilo formalistico le deduzioni dei ricorrenti possono essere seguite in quanto, come correttamente ha rilevato la Corte d'Appello, a seguito della

cessione del 50% delle quote, i poteri gestionali,

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A.A. 2022-2023
15 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/04 Diritto commerciale

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