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Il percorso di Fleabag: un viaggio nel trauma non elaborato
Per enfatizzare il trauma non elaborato si fa largo uso di flashback, i quali, all'inizio della serie creano una sorta di disorientamento negli spettatori destinato ad attenuarsi verso la fine, man mano che i ricordi traumatici di Fleabag si fanno più chiari, e che spingono gli spettatori a cercare di individuare gli elementi che hanno contribuito a formare il presente stato emotivo dell'Eroina.
Questo percorso, però, viene declinato da Waller-Bridge in modo assolutamente personale, dichiaratamente femminile e smaccatamente contemporaneo. Ciò di cui veniamo a conoscenza nella prima stagione, fra una battuta e l'altra, è un sostanziale senso di smarrimento che Fleabag ha probabilmente sempre avvertito, ma che ora diventa realmente doloroso perché sono venuti a mancare determinati puntelli e punti di riferimento (soprattutto la madre, da cui ha ereditato l'indole dissacrante, e l'amica del cuore) che le.
consentivano di sentirsi meno sola. La solitudine provata da Fleabag è contemporaneamente una questione femminile e generazionale. La ragazza prova impulsi verbali e fisici (su tutti la sua spiccata sessualità) di cui va in qualche modo fiera e da cui trae piacere, ma allo stesso tempo subisce in maniera inconscia lo stigma di quanti, intorno a lei, la descrivono più o meno esplicitamente come una freak, una persona strana, spesso inopportuna."
Tuttavia, l'Eroina non si scoraggia di fronte alle sue esperienze drammatiche e dimostra fin da subito un certo attaccamento alla vita, espresso più volte proprio attraverso la sua vita sessuale: nel primo episodio della prima stagione "la prima cosa che Fleabag fa, infatti, è parlare direttamente col pubblico, guardando dritto nella macchina da presa, per raccontare di un incontro di sesso che sta per avere con un suo amante abituale. L'incontro ci verrà esplicitamente descritto nei
particolari <<mentre>> accade, in pochi ma eccezionali minuti dove la protagonista analizza le dinamichepsicologiche sottese alla scappatella, che si conclude con del sesso anale inaspettato e che, considerando il fatto che ilsuo partner molto dotato non l’aveva mai fatto prima, farà sorgere in Fleabag il tremendo dubbio di avere un <<buco delculo enorme>>.L’incipit di Fleabag è strano, spiazzante, velocissimo, maledettamente divertente e mette in scena una protagonista chesubito ci colpisce per la sua sboccata sfrontatezza, capace com’è di spezzare con leggiadria una gran mole di tabù più omeno espliciti, senza nemmeno dimenticare di mettere in scena qualche insicurezza, specie nelle operazioni di9preparazione all’incontro.”8Diego Castelli e Marco Villa, Serial Moments, i 20 anni che hanno cambiato la TV, UTETuniversità, Novara, 2020,pp. 270-271.9Diego Castelli e Marco Villa, SerialMoments cit., p. 269. Ed è racchiusa proprio in questo incipit la ribellione espressa da Phoebe Waller-Bridge lungo tutto l'arco della serie: la costruzione di un personaggio femminile molto sopra le righe ma anche vero, senza filtri e senza limiti nel dire e fare ciò che normalmente non sarebbe considerato appropriato dire e fare per una giovane donna inglese. A questo proposito, si può dire che generalmente "[...] più e diversamente dagli altri media, le arti si costituiscono come 'controcampo' conoscitivo/creativo, che lavora sulle strutture e le figure della cultura e ne genera altre, dotate di una particolare ostensività a valore simbolico, per le comunità e gli individui, che le utilizzano come tecnologie del sé: per conoscere e curare se stessi." In poche parole, durante il corso della prima stagione Fleabag non fa altro che rifiutare delle categorizzazioni troppo stringenti, il che le permette di.affrontare una presa di coscienza, il Viaggiointeriore che le consente di scoprire il lato più oscuro di sé ed accettare la paura che ne deriva (non a11caso Marina Pierri nel suo saggio Eroine la definisce infatti attraverso l'archetipo della "Folle"). Facendo scaturire, in questo modo, nel pubblico che la osserva e con cui lei interagisce un12sentimento di totale empatia nei suoi confronti. "Narrare è infatti un'operazione e una tradizione che contrassegna la costruzione di identità, le tecnologie del sé, i ruoli sociali e i consumi di un ceto trasversale e diffuso, che sembra costituirsi, almeno dal '68, come attore a volte in grado13di ridefinire i processi culturali, e parzialmente i rapporti di potere." L'empatia deriva anche dalla dissacrazione liberatoria compiuta dalla protagonista di un mondo che ci esige esseri performanti e, per usare un termine pirandelliano, "mascherati". Fleabag sipresenta14invece come personaggio "fuori di chiave" e incapace di indossare una maschera. "[...] non oggetto finzionale, non mediatrice tra pubblico e testo, ma personaggio vivo, quindi inevitabilmente portatore di contrasti. Come la farfalla che rimane chiusa in casa per errore, anche lei va a sbattere a più riprese contro il vetro della finestra chiusa. Sbaglia strada, si ammacca, è uno spettacolo tragicomico, ma il suo intento è chiarissimo: vuole15vivere in libertà."
Fleabag smaschera le contraddizioni della modernità, tramutandole in riso e riuscendo a ridere allo stesso tempo di e con loro, senza dissolvere l'esperienza nell'irrazionalismo o incasellarla come invece avevano fatto i contemporanei di Pirandello, ma mostrando a chiare lettere i risvolti amari delle debolezze altrui che sono anche le nostre.
10Giovanni Ragone, Per la mediologia della letteratura cit., p. 87.
11Marina Pierri, Eroine. Come i personaggi
delle serie tv possono aiutarci a fiorire, Edizioni Tlon, Roma, 2020.12
Ivi, p. 271.
Giovanni Ragone, Per la mediologia della letteratura cit., p. 43.
“Nella sua anormalità, non può che essere amaramente comica la condizione di un uomo che si trova ad essere sempre quasi fuori di chiave, ad essere a un tempo violino e contrabbasso” (L. Pirandello, L’umorismo, Garzanti, 2019, p. 189).
Lo stesso personaggio di Fleabag è quindi una metafora che contribuisce a creare nuovi codici sociali e comunicativi.
“Nella modernità l’io non vive il senso del mondo senza sottoporlo a regole e anti/regole, che vanno conciliate: Mente sistematica vs Spettacolo, Logica vs Inconscio, Scritto vs Audiovisivo. Proprio attraverso la continua conciliazione e compromesso interno, il soggetto del moderno si autonomizza come
principio percettivo e ordinatorio immerso in un flusso "naturale", che scorre come spettacolo, varietà. [...] Si fortifica, assumendo la propria natura come vera e in parte falsa, e la necessità di assumere maschere, nel grande teatro della vita sociale. Costruisce lo spettacolo artificiale, la tecnologia dello spettacolo [...] Si definisce strutturalmente come padronanza della relazione sociale, del denaro, del potere, dell'amore. In definitiva come super maschera [...] L'io e il flusso sono inseparabili. Ma il flusso inizia a diventare figura, occupando il primo piano. Per questo si inizia nelle arti a ipersemiotizzare il flusso, a segnalarne il surriscaldamento graduale. Tentando di percepire attraverso un "senso interno", il senso del frammento, accettato come autenticità soggettiva, che "vede" oggetti, corpi, segni, nel flusso [...] Per il materialista Sade, tutto è natura. Il soggetto vede e
comprende l'intero universo. [...] Tutte le convulsioni dell'umanità lo sono. Tutto degrada e rinasce. [...] Per questo nasce con la metropoli il "carattere": per distinguere e spiegare il soggetto come dominio di sé. [...] Il carattere, il "tipo", è un modello culturale di individuo nella società in lotta della metropoli. Una costruzione sociale "chiusa".
Tuttavia, il carattere si denaturalizza e si frammenta con l'avvento delle avanguardie e dell'era elettrica, rendendo anche il soggetto che lo possedeva instabile. Quest'ultimo, inoltre, riesce a sopravvivere a questa condizione solamente se viene predisposto a un certo margine di libertà, di apertura, diventando quindi plurimo e disposto a più dimensioni.
"Il silenzio era lo spazio della creazione, della soggettività che trovava nel ragionamento, o in seguito nella lettura/proiezione di
caratteri e eventi il modo di autodefinirsi, di produrre forma, e di rappresentare relazioni sociali.”Silenzio che non caratterizza sicuramente il personaggio di Fleabag, visto che quando non è impegnata a rispondere sagacemente ai suoi interlocutori (ma a volte anche quando lo è) si appresta ad interpellare direttamente chiunque la stia osservando dall'altra parte dello schermo. Eppure, come verrà esplicato più avanti, sarà proprio il silenzio dell'Eroina a concludere definitivamente la serie.“Così si districa nel quotidiano Fleabag, [...] tra la stasi e la foga, il silenzio e il rumore, l'ordine e il caos. Il suo movimento è complicato eppure [...] è autentico, narrato com'è da una voce nitida in grado di nominare – ossia di raccontare dal proprio punto di vista –, ma anche di essere saggiamente onesta sulla natura del gioco della Folle: arrivo e partenza, arresto eInvito alla frenesia, quiete e sconvolgimento fanno parte del bagaglio della Briccona agito a fasialterne.16
Giovanni Ragone, Per la mediologia della letteratura cit., p. 8.17
Ivi, p. 9.18
Ivi, p. 10.19
L'ultimo e il più sublime dei suoi scherzetti è l'amore iconoclasta nei confronti del sacro, l'hot priest, il Prete di Andrew Scott. Forse si ha presente la campagna abbinata al lancio della seconda stagione, nella quale Fleabag è ritratta come una santa."
Nella seconda stagione, infatti, Fleabag, dopo essere stata definitivamente lasciata dal suo ragazzo nella prima, si innamora del sacerdote cattolico scelto per celebrare il matrimonio tra la matrigna e il padre. Il prete (interpretato da Andrew Scott) non si può comunque certamente definire convenzionale: ha preso i voti relativamente tardi, ama l'alcol, non si fa problemi ad usare un linguaggio sboccato, è quindi un prete "moderno" e, come si
potrà constatare negli episodi successivi al primo, "non immune alle lusinghe della carne". È proprio grazie a questo "amore spirituale" che Fleabag