vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Istituito nel 1984 dal gruppo Patrons of New Art, il premio è dedicato alle opere realizzate da artisti
10 britannici, residenti in patria o all’estero, ed ha lo scopo di stimolare la discussione sull’arte
contemporanea (Tate, n.d.).
11 Il sentimento di rimembranza ha un valore melanconico, di accettazione dell’impossibilità di ritorno del
passato che si desidera ricordare (Codognato, 2007)
7
Annachiara Callegaro, Le molteplici forme del calco in Rachel Whiteread
pure la scultura che ne originò, la quale rimase visibile al pubblico per circa quattro mesi
(Artangel, 1994; Jones, 2012; Gagosian, 2017; The Architectural Review, 2017; Luhring
Augustine, n.d.).
Procedendo in maniera simile a quanto fatto in Ghost, Whiteread rimosse la maggior
parte degli arredi interni rimasti e procedette applicando gesso e cemento armato sulle
pareti interne; l’ultimo passo consistette nella rimozione degli elementi esterni
dell’abitazione, dopo la quale la scultura si rivelò come il gigantesco calco grigiastro di
una casa, completo in tutti i suoi particolari, dall’impronta degli infissi delle finestre a
quella delle bocche dei caminetti (Artangel, 1994).
Fin dalla sua realizzazione l’opera creò attorno a sé un vivace dibattito, i cui partecipanti
si schierarono tanto a favore quanto contro la creazione di Whiteread; venne ricondotta
alla problematica dei senza tetto a Londra – una questione sociale all’epoca di primaria
importanza e alla quale si riteneva che il governo non stesse dando le adeguate soluzioni
- e al diritto universale di avere una propria abitazione (Rice, 2000, p. 59; Goodin, n.d.).
Per Whiteread House era la rappresentazione della casa e di tutto ciò che essa convoglia
in termini di relazione, affettività e sentimento - temi questi già affrontati in Ghost –
tant’è che, nonostante avesse incontrato gli ex proprietari dell’edificio, che fino a non
molto tempo prima vi avevano abitato, le parve opportuno sottolineare che “It was like
I'd cast their [gli ex proprietari] history. I didn't want to intrude in that way.” (Wroe,
2013). Assieme al calco - come forma di creazione, il tema della memoria è una costante
della produzione di Whiteread e nel caso di Holocaust Memorial (2000) ne diviene il
perno. Commissionato nel 1995 dal governo austriaco in ricordo dei 65 mila ebrei uccisi
durante la Seconda Guerra Mondiale, il monumento si presenta come un blocco
rettangolare di cemento che sorge su un lato della Judenplatz di Vienna, piazza di
primaria rilevanza per la storia degli ebrei viennesi, in quanto sito di un’antica sinagoga
medievale ormai distrutta e teatro di un violento pogrom avvenuto nel 1421 (Goodin,
n.d.).
La struttura si compone di una fila di scaffali di una libreria, disposti in un rettangolo di 7
m per 10 m e interrotti su uno dei due lati corti dal calco di una coppia di massicce porte
sbarrate; sul basamento sono incisi i nomi dei campi di sterminio ai quali vennero
destinati gli ebrei austriaci. Questa volta Whiteread spinge la soluzione del calco verso
nuove dimensioni, associando nella medesima scultura volumi positivi e volumi negativi:
8
Annachiara Callegaro, Le molteplici forme del calco in Rachel Whiteread
le profonde incisioni che attraversano perpendicolarmente la superficie del blocco
12
originano dallo spazio che le scaffalature occuperebbero, mentre i libri che esse
13
sorreggerebbero sporgono dal volume centrale come calchi positivi . L’ambiguità e
l’illogicità della compresenza di due diversi tipi di calco pongono una sfida alla capacità di
comprensione dell’osservatore di grado maggiore rispetto ad altri lavori della scultrice,
tuttavia risultano funzionali alla resa del significato – o meglio, dell’impossibilità di dare
un significato – dell’evento dell’Olocausto. L’incoerenza della struttura rimanda
all’illogicità e all’incomprensibilità dell’evento storico, al quale il monumento non può
dare alcuna rappresentazione coerente, bensì può spingere il fruitore ad un tentativo di
cogliere i suoi volumi e, nel fallimento di questa elucubrazione, ad una riflessione tanto
sulla memoria (Goodin, n.d.) quanto sulla sua assenza (Ricci, 2007). La mancanza di un
significato diretto, che pone l’opera di Whiteread in netta opposizione alla lunga
tradizione di monumenti trionfalistici dell’Ottocento e del primo Novecento, è qui
simboleggiata dai libri che rivolgono il taglio verso l’osservatore, impedendo la lettura
del titolo, e, doppiamente, dal calco delle porte sbarrate; inoltre, a sottolineare
ulteriormente l’indecifrabilità di Holocaust Memorial, i libri qui riprodotti in calco non
provengono da un originale reale, bensì sono il medesimo modello astratto (e quindi
privo di riferimento a qualsiasi storia dell’oggetto), ripetuto molteplici volte (Houser,
2001; Goodin, n.d.).
Il proposito di Whiteread non prevede la realizzazione di un monumento che si riveli
immediatamente nei suoi significati e nelle sue intenzioni, quanto di un’opera che, per la
difficoltà della sua comprensione, provochi la memoria e la riflessione su di essa
(Dennison, Houser, 2001); in questo l’artista si reputa vicina all’operazione compiuta
dall’architetto statunitense Maya Ling Ting con il Vietnam Veterans Memorial a
Washington DC (Houser, 2001).
L’impiego del calco positivo ritorna nella carriera di Whiteread con la commissione
di un lavoro per il quarto plinto in Trafalgar Square a Londra, rimasto vuoto dal 1841, da
12 Secondo Katia Ricci e Analisa Violich Goodin, la scelta del libro sarebbe da ricollegare all’identificazione
dell’ebraismo e degli ebrei come religione e popolo del Libro.
13 L’azione di parziale svuotamento di un’architettura era stata esplorata precedentemente dallo
statunitense Gordon Matta-Clark, che Whiteread considera tra gli artisti che l’hanno influenzata
(Houser, 2001; The Architectural Review, 2017). Sebbene accomunati dalla presenza di tagli che
attraversano la costruzione, Holocaust Monument non è da ritenersi collegato al Museo ebraico di
Berlino, realizzato da Daniel Libeskind, come la stessa artista ha precisato in un’intervista (Houser,
2001). 9
Annachiara Callegaro, Le molteplici forme del calco in Rachel Whiteread
14
parte della Cass Sculpture Foundation in accordo con il Fourth Plinth Project
(London.gov, 2017); nel 2001 vede la luce Monument (conosciuto anche come Plinth o
Inverted Plinth), l’esatta copia in resina poliuretanica trasparente del plinto ottocentesco
per il quale venne creata e sul quale venne posta capovolta, di modo che le due facce
superiori fossero a contatto l’una con l’altra (Codognato, 2017; Luhring Augustine, n.d.).
Visitando la piazza londinese, la scultrice rimase particolarmente colpita dalla svettante
Colonna di Nelson, che si leva al di sopra del caotico via vai di quella che è una delle aree
più vivaci della città; la verticalità del monumento spinge lo sguardo del passante verso il
cielo e la sua calma, dicotomicamente opposti al caos sottostante. Un simile movimento
è riprodotto dal lavoro di Whiteread: lo sviluppo in verticale porta gli occhi verso l’aria
soprastante la piazza e la tranquillità del cielo è presagita dalla trasparenza permessa
dalla resina, la quale garantisce alla scultura mutamenti cromatici continui al minimo
variare delle condizioni atmosferiche (Houser, 2001; Codognato, 2007).
Ad un primo approccio, l’ultima opera di Whiteread analizzata in questa sede
sembrerebbe avere poco o nulla a che fare con il linguaggio proprio dell’artista fatto di
calchi e materiali industriali; tuttavia, ben si presta ad assurgersi quale esempio delle
molteplici variazioni che ella riesce di operare sul suo personale lessico artistico. Village
(2007) è un’installazione realizzata appositamente per la mostra su Whiteread, tenutasi
presso il Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina a Napoli nello stesso anno: si
15
presenta composta da circa un’ottantina di case di bambola , di varia grandezza,
illuminate dall’interno e tutte di seconda o terza mano, acquistate dall’artista stessa
presso negozi dell’usato o su e-Bay nell’arco di circa vent’anni. La scultrice iniziò la
raccolta di questi pezzi per interesse personale, senza una reale intenzione artistica, ma,
quando visitò Pompei, Ercolano e Napoli ed ammirò i presepi tipici napoletani, venne
positivamente impressionata dalle architetture urbane e dalla cultura edilizia sulla quale
si basano; decise così di realizzare l’installazione, per la quale una fonte di ispirazione fu
anche il plastico di Pompei esposto presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli
(Codognato, 2007; Ricci, 2007).
Nei materiali, l’installazione rimanda alla pratica del pottering, espressione inglese che
identifica i lavori piacevoli svolti in compagnia, ed in particolare in famiglia, durante la
14 Annualmente sul plinto sono esposte opere appositamente commissionate ad importanti artisti
contemporanei (Londo.gov, 2017).
15 Numero dei pezzi e grandezza dell’installazione variano negli anni e nelle varie esposizioni (Codognato,
2007). 10
Annachiara Callegaro, Le molteplici forme del calco in Rachel Whiteread
sera, una consuetudine andata via via scomparendo con la diffusione delle nuove forme
di intrattenimento, ma che Whiteread percepisce come una situazione di comunicazione
e legame tra i membri di un nucleo famigliare (Codognato, 2007). Tra le occupazioni
annoverate nel pottering vi era la costruzione di casette per bambole, un’attività che
coinvolgeva indifferentemente tutti i componenti della famiglia e che Whiteread stessa
ricorda come episodio della sua infanzia (Ricci, 2007).
Per quanto non immediatamente comprensibile all’osservatore, in questo lavoro il calco
è presente, sebbene non tanto dal punto di vista spaziale e fisico - come nelle precedenti
opere analizzate - bensì dal punto di vista temporale, secondo la lettura che ne dà
Eduardo Cicelyn: Village costituirebbe il calco temporale negativo dell’età adulta della
donna, in quanto la casa di bambola è un oggetto tipico ed evocante il tempo
dell’infanzia e deve essere abbandonata affinché il processo di sviluppo dell’individuo
possa procedere verso la maturità (Codognato, 2007, p. 11). È personale opinione della
scrivente che un calco spaziale possa essere comunque individuato nella luce che
fuoriesce da ciascuna casetta: il chiarore delle lampadine poste all’interno degli edifici
evidenzia il volume interno di questi, spostando in secondo piano le mura esterne.
Dalle opere analizzate in questa occasione si può evincere come lo svilup