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La forma di governo presidenziale fu introdotta negli stati uniti alla fine del 18esimo secolo.
Basandosi su una rigida separazione dei poteri assomiglia a quella costituzionale pura, ma si
caratterizza per la presenza di un potere esecutivo monocratico, affidato ad un presidente della
repubblica eletto direttamente dal popolo e non legato al parlamento da un rapporto di fiducia. Il
presidente della repubblica non è solo capo dello stato ma anche capo del governo, e si avvale di
segretari di stato con funzioni simili a quelle dei ministri ma che non rispondo al parlamento, bensì
al presidente. Governo e parlamento sono due poteri separati, non legati da un rapporto di
fiducia, ma la separazione non è assoluta, in quanto i rapporti tra gli organi sono strutturati in
modo da creare un sistema di pesi e contrappesi che eviti i comportamenti arbitrari. Inoltre non
esistendo un rapporto di fiducia tra governo e parlamento, il presidente, il vicepresidente e tutti i
titolari di cariche pubbliche civili, ritenuti colpevoli di gravi reati, posso essere messi in stato di
accusa dal congresso (parlamento) tramite l’impeachment. La possibilità di avviare tale
procedimento è affidata alla camera dei rappresentanti mentre il giudizio avviene di fronte al
senato. Questo procedimento ha un impiego molto limitato, in particolare ha riguardato 3
presidenti: Andrew Jonhson, Richard Nixon e Bill Clinton. Tutte le nomine che il presidente può
compiere sono soggette a ratifica da parte del senato. Esistono poi meccanismi attraverso i quali il
presidente può influenzare sull’esercizio delle funzioni del congresso, il principale è il veto
presidenziale sulle leggi. Questa forma fi governo si è poi diffusa anche in America Latina e in molti
stati Africani e Asiatici. Forma di governo direttoriale
Questa forma di governo prende il nome dal direttorio, l’organo di governo ideato nell’ultima fase
della rivoluzione francese. La caratteristica della forma di governo direttoriale è l’assenza di figure
monocratiche di rilievo costituzionale (presidente della repubblica e primo ministro) e la divisione
del potere politico tra un parlamento eletto e un governo che svolge sia la funzione di esecutivo
che di capo dello stato ed è composto da ministri individuati dal parlamento. Un esempio di
questa forma di governo la si trova in Svizzera, dove accanto al parlamento eletto a suffragio
universale, vi è un direttorio (consiglio federale) composto da 7 membri, che vengono eletti dal
parlamento ma non sono da essi revocabili. Questo direttorio svolge sia le funzioni tipiche del
governo che quelle di capo dello stato.
Forma di governo semipresidenziale
Tale forma di stato nasce da una fusione tra la forma di governo parlamentare e quella
presidenziale, in particolare sul tronco della forma di governo parlamentare è stata inserita
l’elezione diretta dell’esecutivo. In questa forma di governo convivono dunque un presidente della
repubblica dotato di legittimazione popolare diretta e a cui spettano le competenze proprie
dell’esecutivo, e un governo collegiale condizionato da un rapporto di fiducia con il parlamento.
L’esperienza storica più significativa è quella della V repubblica francese nata con la costituzione
del 1958. Le sue caratteristiche si ritrovano già dopo la prima guerra mondiale in Finlandia e nella
repubblica di wimar, tuttavia sono da considerarsi forme di governo semipresidenziali apparanti in
quanto il presidente, pur eletto dal popolo, non esercitava un ruolo di primo piano nell’indirizzo
politico. Nella repubblica semipresidenziale il presidente gode di vasti poteri:
a) Nomina il primo ministro e su proposta di questo, i ministri
b) Presiede il consiglio dei ministri
c) Può su proposta del governo o di entrambi i rami del parlamento, sottoporre a referendum
qualunque progetto di legge riguardante i pubblici poteri
d) Può scogliere anticipatamente il parlamento, dopo aver consultato il primo ministro e i
presidenti delle camere, purché sia passato un anno dalle elezioni
e) Ha ampie competenze in materia di difesa e politica estera
f) Gli settano poteri eccezionali in caso di grave crisi
Nel governo francese si è notato come fasi di predominanza presidenziale si sono alternati a
momenti in cui i rapporti tra gli organi si avvicinavano alla forma di governo parlamentare. Il
motivo principale è da ricercare nella coincidenza o meno tra la maggioranza parlamentare e
quella che sostiene il presidente. Ad esempio nelle situazioni di coabitazione il ruolo del
presidente risulta notevolmente depotenziato.
Forma di governo neoparlamentare
È basata sull’elezione diretta del vertice dell’esecutivo, che è però al contempo vincolato dal
rapporto di fiducia con l’assemblea legislativa. I due organi sono legati dal principio “aut simul
stabunt, aut simul cadent”, per cui se uno dei due per qualche motivo dovesse cadere, anche
l’altro è costretto a dimettersi e si trona a votare contestualmente per entrambi. Un esempio di
tale forma di stato la si è avuta in Israele a partire dal 1992, con scarso successo. È stata poi
adottata anche in Italia dal 1993 per i comuni e le province e dal 1995 per le regioni. In questi
contesti il Neoparlamentarismo, affiancato da sistemi elettorali maggioritari, ha avuto esiti
migliori. Sistemi elettorali
I sistemi politici sono profondamente influenzati dalle diverse legislazioni elettorali che
costituiscono un elemento essenziale della democrazia rappresentativa. La parte centrale della
legislazione elettorale è il sistema elettorale, ossia il meccanismo volto a trasformare i voti in
seggi. Vi sono due tipologie di sistemi elettorali:
a) Il sistema maggioritario, quando chi ottiene più voti all’interno della circoscrizione
conquista tutti i seggi assegnati alla circoscrizione stessa. Di solito si tratta di piccoli collegi
ai quali spetta un solo seggio. In questo sistema ogni partito presenta un candidato e viene
eletto quello che ottiene più voti. Tra i sistemi maggioritari si collocano oltre a quelli a
turno unico, anche quelli a doppio turno, nei quali il candidato più votato viene eletto solo
se raggiunge una certa maggioranza (50%), altrimenti si effettua una seconda votazione a
breve distanza dalla prima, detta Ballottaggio, alla quale partecipano i candidati che al
primo turno hanno raggiunto il maggior numero di voti. Il sistema maggioritario consente
di individuare una chiara maggioranza capace di formare e sostenere il governo, tuttavia
comporta una perdita di rappresentatività degli organi elettivi, dai quali vengono esclusi i
partiti più piccoli.
b) I sistemi proporzionali prevedono circoscrizioni plurinominali (sono eletti molteplici
rappresentanti), nelle quali le competizioni non si svolgono tra candidati ma tra liste
concorrenti e i seggi vengono attribuiti alle liste in base ai voti che ottengono. Questo
sistema favorisce una tendenziale corrispondenza tra l’organo elettivo e la volontà
popolare espressa in voti, ma spesso non garantisce la governabilità, in quanto l’organo
elettivo risulta composto da un gran numero di partiti, talora assai piccoli. In assenza di una
maggioranza chiara risultante dalle elezioni, è necessario formare governi di coalizione,
spesso molto instabili.
Per cercare di minimizzare i difetti dei due sistemi sono stati elaborati sistemi misti che
introducono correttivi di tipo maggioritario nel sistema proporzionale. I correttivi più utilizzati
sono “la soglia di sbarramento” con la quale sono escluse dall’assegnazione dei seggi le forze
politiche che non ottengono una certa percentuale di voti, e “il premio di maggioranza” che
consiste nell’assegnazione di un numero supplementare si seggi rispetto a quello ottenuto con
il sistema proporzionale a favore della forza politica che ha ottenuto più voti.
Dal regno d’Italia all’avvento del fascismo
L’ordinamento del regno di Sardegna proclamato dallo stato del 1848 aveva i caratteri di una
forma costituzionale pura, però si trasformò quasi immediatamente in una forma di governo
parlamentare. Fino al 1919 il regno d’Italia ha conosciuto un’alternanza di sistemi elettorali di
tipo maggioritario, basati su collegi uninominali o plurinominali di piccole dimensioni.
Attraverso successive riforme si giunse nel 1919 al suffragio universale maschile che vide la
nascita di partirti politici di massa, i quali sostennero l’introduzione di una nuova legge
elettorale di tipo proporzionale. Tuttavia, il breve esperimento di democrazia parlamentare si
scontrò con la crisi del dopoguerra che vide l’affermazione del movimento fascista: a seguito di
una prova di forza del partito fascista attraverso la marcia su Roma del 1922, il re nominò
Mussolini presidente del consiglio nonostante il partito fascista fosse minoritario in
parlamento. Una delle prime misure del nuovo governo fu l’adozione della “legge acerbo” che
attribuiva i 2/3 dei seggi alla lista che avesse ottenuto la maggioranza dei voti, purché avesse
raggiunto almeno ¼ di voti nel collegio unico nazionale. Nelle elezioni del 1924 il partito
fascista raggiunse facilmente tale maggioranza dando vita al regime autoritario in Italia.
LEGGE ELETTORALE N^165/2017
Questa legge, votata dal parlamento con il medesimo procedimento di qualsiasi legge
ordinaria, è stata utilizzata per le elezioni politiche del 2018. La sua particolarità è di essere
uguale sia per la camera dei deputati che per il senato. Essa prevede che i 630 seggi della
camera dei deputati debbano essere spartiti in 232 seggi a collegio uninominale (formula
maggioritaria) e 386 seggi in collegio plurinominale (formula proporzionale), i 12 seggi
rimanenti sono attribuiti agli italiani all’estero. La medesima procedura si effettua per il senato
solamente che a proporzioni dimezzate in quanto il senato ha 315 seggi.
I seggi sono ripartiti in circoscrizioni in base alla popolazione di un determinato territorio o in
base alla legge. La camera dei deputati presenta 28 circoscrizioni: 1 per regione, tranne la
Lombardia che ne ha 4 e Piemonte, Veneto, Lazio, Campania e Sicilia che ne hanno 2. Il senato
invece ha 20 circoscrizioni, 1 per regione.
Ogni circoscrizione presenta più collegi plurinominali, e a ognuno di essi corrispondono 2 o più
collegi uninominali. La forma di governo regionale e locale
Per quanto riguarda la forma di governo regionale e locale, dal 2014, si possono distinguere
nell’ordinamento italiano, due modelli: da un lato ci sono le regioni e i comuni, la cui forma di
governo è di tipo neoparlamentare, dall’altro lato vi sono le province e le città metropolitane
per le quali la legge n^56/2014 prevede l’elezione indiretta degli organi.
1) La forma di governo delle regioni ordi