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CARL GUSTAV JUNG
(1875-1961)
Nato nel 1875 a Kesswil, si laurea in Medicina e lavora all’ospedale psichiatrico
di Zurigo. Intrattiene intensi scambi epistolari con Freud, del quale è allievo e
seguace fino alla pubblicazione di Trasformazioni e simboli della libido (1912),
col quale inizia un processo di emancipazione dal pensiero freudiano. Viaggia
per conoscere e studiare le culture primitive, periodo cui segue la pubblica-
zione di Tipi psicologici (1921). Al 1934 risale la pubblicazione di Sugli archetipi
dell’inconscio collettivo, opera di spicco nel processo di separazione dal pen-
siero freudiano. All’immagine di inconscio personale affianca quella di inconscio
collettivo:
“La poderosa massa ereditaria spirituale dello sviluppo dell’umanità, che
rinasce in ogni struttura cerebrale individuale”.
Una sorta di memoria dell’umanità presente in tutti i popoli, senza alcuna di-
stinzione di luogo e di tempo. Gli archetipi lasciano le loro tracce nei miti, nelle
favole e nei sogni, che, contrariamente a quanto pensava Freud, non sono
appagamento di desideri individuali legati alla sessualità infantile ma espressioni
dell’ inconscio collettivo. La parola archetipo, infatti, deriva dal greco antico ed è
somma di arché (“originale”) e tipos (“modello”, “marchio”, “esemplare”).
Alcuni dei principi junghiani sono stati spiegati da scienziati e psicologi come
una sorta di memoria genetica presente nel DNA, una specie di istinto animale.
Altri, come Michel Talbot, premettendo che tutte le percezioni sono soggettive
ipotizzano lo spazio e il tempo come proiezione tridimensionale della psiche,
che può quindi viaggiare in essi ed interagire con altre menti, il che spieghe-
rebbe il concetto di inconscio collettivo. Jung, infatti, notò che spesso i risultati
nelle arti e nelle scienze sembrano uscire allo scoperto indipendentemente e
simultaneamente tra società e culture diverse.
In una scena del film Waking Life il protagonista parla della reincarnazione come
“espressione poetica del concetto di memoria collettiva”, raccontando di aver
letto uno studio che scoprì che un gruppo casuale di persone risolse il cruciver-
ba del giorno precedente con risultati nettamente migliori rispetto al cruciverba
del giono stesso, come se le risposte si fossero sedimentate nella memoria
collettiva di ogni individuo.
Il pensiero junghiano ha dato notevole impulso all’espressione artistica in ambito
psicoterapeutico. Egli non dà valore all’arte in senso convenzionale ma in quan-
to rappresentazione di forme archetipiche che sorgono dall’inconscio come il
disegno, la danza, la pittura, i mandala.
Al suo orientamento deve molto anche la nascita e lo sviluppo dell’arteterapia.
Anche la semiotica, o scienza dei segni e della loro trasmissione ed interpreta-
zione, ha radice in un bacino di simboli universalmente riconosciuti. Così come
le teorie della Gestalt possono essere collegate al principio di inconscio collet-
tivo. Come possono due individui, con vissuti diversi, associare ad un segno,
una forma, un medesimo significato?
Numerosi artisti sono stati influenzati dal pensiero junghiano e dalle sue teorie
sull’inconscio collettivo. In particolare le prime opere di Pollock (che era seguito
da uno psicologo junghista) riprendono soggetti mitologici o allegorici. Forme
che hanno il compito di trasmettere significati universali legati agli archetipi. Il
metodo stesso è primitivo e irrazionale. Jung infatti legava l’inconscio collettivo
alla mente primitiva. Tra gli influenzati dal pensiero junghiano dell’inconscio an-
che gli artisti legati alla Beat Generation.
Gothic, 1944 Moon Woman, 1942
Parsiphae, 1943
Stenographic figures, 1942
Anche il mondo della pubblicità e l’avvento del consumismo di massa hanno
portato a numerose ricerche sul comportamento umano e sulla psiche.
Scrive il filosofo canadese Marshall McLuhan:
“Nessun gruppo di sociologi può essere paragonato ad un team pubbli-
citario nella raccolta e nell’elaborazione dei dati sociali utilizzabili. Le squa-
dre pubblicitarie dispongono di miliardi da spendere annualmente sulla
ricerca e sull’esame delle reazioni, e i loro risultati sono magnifiche raccol-
te di materiale sull’esperienza condivisa e sui sentimenti della comunità.”
I risultati di queste ricerche vengono applicati alle pubblicità, ai film, alle campa-
gne elettorali. Così il marketing non è che la ricerca del simbolo che colpisca
sia l’individuo che la coscienza collettiva.
La propaganda si rivolge ai bisogni più primordiali dell’uomo, ai suoi istinti. Mira a
generare reazioni emotive e irrazionali che spingano l’individuo verso il soggetto
desiderato.
Guardati attorno.
Avevi VERAMENTE bisogno di tutte le cose che ti circondano?