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La legge 40 si pone inoltre la finalità di assicurare i diritti di tutti i soggetti coinvolti
e in particolare quelli del concepito risultando esso il soggetto più debole, da qui
è scaturito un ragionamento che ha imperniato i lavori preparatori della stessa
legge e che conseguentemente ha portato ha fondare il divieto dell'eterologa
sulla presunzione che il ricorso all'utilizzo di gameti esterni al patrimonio della
coppia possa essere nocivo da un punto di vista psicosociale per il nascituro.
L'obiezione apportata su quest'ultimo punto riguarda l'irragionevolezza della
stessa legge in quanto innanzitutto non esiste alcun accertamento inerente la
questione in materia psicopedagogica,secondariamente perchè la giustificazione
apportata a riguardo contrasta palesemente con l'incentivo che la stessa legge
all'art.6 fa nei confronti dell'adozione. In quest'ultimo caso,infatti,saremmo in
presenza di quella che potremmo definire una "doppia fecondazione eterologa"
in quanto i patrimoni genetici di entrambi i genitori sarebbero estranei a quelli del
nascituro.
Accanto ai principi di uguaglianza e ragionevolezza si potrebbe prospettare
l'illegittimità del divieto anche in riferimento all'art.32 Cost. che garantisce il diritto
alla salute. Vietare il ricorso a queste tecniche,quindi ai gameti forniti da un
donatore,significa infatti negare un rimedio terapeutico indispensabile per
superare una situazione patologica e per rimuovere le sofferenze connesse alla
difficoltà di realizzare il desiderio di essere genitori.
Da quanto appena esposto si potrebbe sostenere l'illegittimità costituzionale
dell'art.4 comma 3,soprattutto se prendiamo a sostegno di questa tesi quanto
detto dalla Corte di Strasburgo in riferimento a 2 casi austriaci e alla luce
dell'art.117 Cost.
L'art. 117 dispone infatti che "la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle
Regioni nel rispetto della Costituzione,nonchè dei vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali".
Inerentemente a quanto appena esposto l'opinione pubblica si è frazionata in due
schieramenti opposti:
- La prima tesi a favore della legittimità costituzionale del divieto assoluto di
fecondazione eterologa(art.4 L.40)giustifica questa scelta in quanto ritiene che
sia il miglior modo per perseguire finalità di tutela dell'embrione oltre che il diritto
del nascituro di conoscere entrambi i genitori biologici .Infatti secondo coloro che
portano avanti questa teoria da una parte il nascituro potrebbe essere esposto a
ripercussioni negative di natura psicologica,mentre dall'altra potrebbero crearsi
squilibri di natura affettiva riguardo ai genitori. Inoltre vi è una supposizione
secondo la quale il bambino avrebbe potuto legarsi maggiormente al genitore
biologico,noi invece abbiamo riscontrato un caso in cui è stato il padre naturale a
non affezionarsi al figlio nato tramite lo spermatozoo di un terzo donatore. Oltre
queste motivazioni di carattere psicologico sono stati evidenziati i dati di
carattere statistico inerenti alle percentuali di riuscita delle tecniche in
questione,si parla infatti di una perdita di embrioni di gran lunga superiore al
numero della popolazione mondiale,evento questo,che nel caso specifico
potrebbe comportare un ulteriore disagio psicologico all'interno della
coppia.L'opinione supportata prevalentemente dai Cattolici considera la
legalizzazione dell'eterologa non come donazione di gameti ma come
sostanziale abbandono di un figlio da parte di chi lo ha generato con violazione
del principio costituzionale secondo cui "i genitori hanno il dovere di
istruire,mantenere ed educare i figli"(art.30). Vi sarebbe il rischio di un rifiuto di
un figlio da parte di colui, assai spesso l'uomo, che non lo ha generato. Verrebbe
impedito il diritto del figlio di conoscere le proprie origini, ciò che talvolta è
importante, non solo per ragioni psicologiche, ma anche per ragioni mediche.
L'adozione non può essere presa ad esempio, perché essa è finalizzata a dare
genitori a chi non ne ha e non viceversa inolre è un rimedio ad un male,ovvero
l'abbandono di cui un bambino è vittima,e non la soluzione ideale.
- la seconda tesi a favore dell'introduzione nel nostro ordinamento della
fecondazione di tipo eterologo ribalta le teorie contrastanti partendo da questi
quesiti:
I bambini nati da fecondazione eterologa hanno problemi psicologici?
Non esiste alcuna evidenza scientifica della tesi secondo la quale i bambini nati
da fecondazione eterologa sarebbero infelici o vittime di disturbi psicologici.
Esistono anzi evidenze contrarie. Scegliere di affrontare i costi psicologici, fisici e
finanziari della fecondazione eterologa, infatti, rappresenta per la coppia una
decisione difficile e ragionata, e richiede uno sforzo di amore e di responsabilità
se possibile maggiore di quello già necessario nel momento in cui si decide di
mettere al mondo un figlio.
Esistono alternative al divieto totale di fecondazione eterologa?
Sarebbe possibile evitare la proibizione totale, consentendola solo in casi
particolari (sterilità o infertilità incurabile o malattia trasmissibile per via genetica,
da verificare da parte di una commissione medica pubblica) e nel rispetto di
alcune condizioni molto precise (per esempio la gratuità della donazione).
I principali oppositori della fecondazione eterologa sostengono che, se verrà
ammessa, il figlio "in provetta" non avrà un padre.
In realtà mantenendo il presupposto di legge secondo il quale "possono
accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di
maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente
fertile, entrambi viventi" non potranno accedere alla fecondazione eterologa le
coppie gay, quelle lesbiche, i single di qualunque tipo, le mamme nonne o altro…
Ci saranno semplicemente un uomo e una donna che, non potendo avere figli
con normali rapporti sessuali, si rivolgono alla fecondazione assistita di tipo
eterologo.
Il figlio che nascerà, perciò,avrà un padre e una madre: uno sarà il genitore
biologico, l’altro il genitore acquisito.
Ricordiamo che, nel caso dell’adozione di un bimbo, entrambi i genitori sono
acquisiti… I principi dettati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo
Nell'aprile 2010 il dibattito sulla fecondazione eterologa si è arricchito di una
componente ulteriore in seguito all'emissione da parte della Corte europea dei
diritti dell'uomo di una sentenza in materia.
La decisione della prima sezione della Corte di Strasburgo del 1 Aprile 2010
risulta di grande interesse poiché affronta il tema dell'accesso alle tecniche di
PMA di tipo eterologo e della sua compatibilità con la CEDU.
Il caso è sorto da un ricorso contro la Repubblica d'Austria effettuato da quattro
cittadini austriaci,in particolare si trattava di due coppie coniugate.
La prima ricorrente è affetta da sterilità alle tube di Falloppio,e suo marito è
anch'egli infertile.
Per poter realizzare il loro desiderio di procreare necessitavano di una
fecondazione eterologa con donazione di spermatozoi in vitro.
Questa tecnica è però vietata dalla sezione 3.1 e 3.2 della Artificial Procreation
Act.
La terza ricorrente è invece affetta da agonadismo ;ciò vuol dire che non produce
assolutamente ovuli. Quindi la stessa risulta assolutamente sterile,ma in
possesso di un utero completamente sviluppato. Per lei l'unico modo per avere
un figlio sarebbe stato tramite donazione di ovuli da parte di una donatrice terza
che sarebbero stati fecondati con i gameti del marito e poi una volta ottenuto
l'embrione avrebbe dovuto essere impiantato all'interno del suo utero.
Questa tecnica non è però stata consentita dall'Artificial Procreation Act.
I ricorrenti hanno sostenuto che la legge austriaca, vietando queste
tecniche(fecondazione in vitro con donazione di gameti maschili e
femminili)violava i loro diritti ai sensi dell'articolo 8,letto da solo e in combinato
disposto con l'art.14 della Convenzione.
Infatti la legge austriaca n.293 del 1 luglio 1992 consente solo la
fecondazione eterologa con donazione di gameti maschili in vivo e non in
vitro,oltre a vietare in ogni caso la donazione di ovociti(art.3).
Il Governo austriaco nella sua difesa cerca di dimostrare di aver agito
correttamente nell'ambito del margine di apprezzamento a lui concesso,
sollevando tutti gli argomenti possibili al fine di legittimare la differenza di
trattamento che ha di fatto realizzato introducendo il divieto di fecondazione
eterologa in vitro e non in vivo e il generale divieto di donazione di ovuli e non di
spermatozoi.
In particolare il Governo considera di aver effettuato un bilanciamento equilibrato
tra i beni in gioco, poiché tali divieti sarebbero “ragionevolmente ed
obiettivamente giustificati” in quanto finalizzati a tutelare “la salute ed il
benessere delle donne e dei bambini,nonchè la salvaguardia dei generali valori
etici e morali della società”.
Dunque il Governo austriaco ha voluto introdurre la PMA stabilendo però dei
limiti come il divieto di fecondazione in vitro per evitare ripercussioni negative
come la “selezione”dei bambini,la mercificazione e l'umiliazione delle donne in
particolare quelle con problemi economici.
Un'ulteriore questione rilevata dal Governo austriaco riguarda le parentele
atipiche che si verrebbero a creare introducendo la fecondazione in vitro,
negando ai bambini la possibilità di conoscere le loro origini biologiche;oltre alla
difficoltà nel controllare questa tecnica dal punto di vista giuridico.
Valutazione della Corte:
“La Corte ribadisce che la nozione di “vita privata”,ai sensi dell'articolo 8
della Convenzione,è un concetto ampio che comprende,inter alia,il diritto di
stabilire e sviluppare relazioni con altri esseri umani,il diritto allo “sviluppo
personale”o il diritto all'autodeterminazione.Esso comprende elementi come i
nomi,l'identificazione del genere,l'orientamento sessuale e le abitudini
sessuali e il diritto al rispetto sia della decisione di avere,sia di quella di non
avere un figlio.”
Una volta appurato che il caso concreto rientra nella fattispecie
descritta dalla'articolo 8 CEDU,la Corte rammenta che l'articolo
14,invocato nel caso di specie,non ha valenza autonoma bensì solo in
relazione al “godimento dei diritti di libertà”garantiti dalle disposizioni
della Convenzione.
La Corte dunque, in questo