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A) LIMITI TEMPORALI
Il principio di irretroattività delle norme penali sfavorevoli all'agente
In uno Stato liberale di diritto il cittadino deve poter sapere prima di agire
se dal suo comportamento potrà derivare una responsabilità penale e quali sono
le sanzioni in cui potrà incorrere, solo così può compiere liberamente le sue
scelte, assumendosi la responsabilità delle sue azioni; ecco perché i fondatori
dei principi dello Stato liberale di diritto per la tutela del cittadino hanno
principio di irretroattività delle norme penali sfavorevoli
introdotto il
all'agente nei confronti del giudice e del legislatore. Il rispetto di questo
2.1 c.p.
principio è imposto al giudice dall'art. che dice che "nessuno può
essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso,
non costituiva reato", inoltre il 4 comma vieta al giudice di applicare
retroattivamente una legge successiva sfavorevole al reo, infatti dice che "se
la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si
applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo". Inoltre questo
principio viene considerato un principio costituzionale vincolante per il
25.2 Cost.
legislatore, infatti l'art. dice che "nessuno può essere punito se
non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso", e
il divieto riguarda sia la punizione di fatti che al tempo della loro
commissione non costituivano reato, sia la punizione più severa di fatti che già
costituivano reato.
Il principio di irretroattività della legge penale ha conseguenze sulla
configurazione e sul funzionamento del sistema penale: in primo luogo è
condizione indispensabile perché la minaccia della pena da parte del legislatore
funzioni come uno strumento di prevenzione generale, cioè se il suo fine è
quello dell'intimidazione di potenziali delinquenti, questo effetto può essere
raggiunto solo se il comportamento vietato viene fissato dalla legge prima del
fatto; in secondo luogo questo principio impone al legislatore di includere tra
i presupposti dell'applicazione della pena la colpevolezza dell'agente, per
garantire al cittadino libere scelte di azione infatti è necessario che non gli
venga attribuita la responsabilità penale per fatti a lui non rimproverabili,
quindi può essere attribuita solo la responsabilità di un fatto che al momento
in cui lo ha commesso egli ha previsto e voluto (il dolo), o che avrebbe evitato
se avesse impiegato la dovuta diligenza (la colpa), se conosceva o poteva
conoscere la norma penale che vietava il compimento del fatto (errore
inescusabile sulla legge penale) e se era capace di intendere e di volere
(l'imputabilità).
Il principio di irretroattività delle norme penali sfavorevoli è riconosciuto
dal diritto internazionale (art. 7 CEDU e art. 15 Patto internazione sui diritti
civili e politici) e dal diritto dell’Unione europea e, pertanto, ha rango
117 Cost.
costituzionale anche attraverso l’intermediazione dell’art. che
vincola il legislatore al rispetto dell’ordinamento comunitario e degli obblighi
internazionali.
Nuove incriminazioni e trattamento penale più severo
Si configura una nuova incriminazione quando la legge individua una figura di
reato integralmente nuova, cioè che comprende una classe di fatti che in base
alla disciplina previgente erano tutti penalmente irrilevanti (il legislatore
del 1974 ad esempio ha ampliato la tutela della riservatezza della vita privata
reprimendo una nuova classe di comportamenti in aggiunta a quelli già previsti
614 c.p 615 bis
dall'art. sulla violazione del domicilio, infatti nell'art.
dice che "chiunque mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora si
procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata che si
svolge nell'abitazione, in ogni altro luogo di privata dimora o nelle
appartenenze di essi").
Una nuova incriminazione può essere altresì il risultato dell’ampliamento di
figure di reato preesistenti sia attraverso interventi su disposizioni della
parte speciale (ad esempio la riformulazione dell'art. 648 bis c.p. con cui il
legislatore del 1993 ha incluso nel delitto di riciclaggio la sostituzione di
denaro, beni o altre utilità ‘’provenienti da delitto non colposo’’, mentre la
versione precedente della norma si concludeva dicendo "provenienti da una
ristretta gamma di delitti di particolare gravità"), sia da interventi su
disposizioni della parte generale (ad esempio una riforma della disciplina del
tentativo che attribuisse rilevanza penale anche al tentativo inidoneo).
25.2 Cost.
Il principio di irretroattività sancito nell’art. vieta al
legislatore di attribuire efficacia retroattiva non solo alle leggi che
prevedano nuove incriminazioni, ma anche a quelle che comportino un trattamento
2.4 c.p.
penale più severo per un fatto già preveduto come reato: e l’art.
ribadisce tale divieto nei confronti del giudice. Ciò comporta che non possono
essere applicate retroattivamente leggi che prevedano pene principali, pene
accessorie, e effetti penali della condanna più severi di quanto previsto nella
legge vigente al tempo del commesso reato.
Non può trovare applicazione retroattiva una legge che modifichi in modo
sfavorevole al reo la disciplina di istituti che in vario modo incidono sul
trattamento penale: ad es. le circostanze del reato, la sospensione condizionale
della pena, le pene sostitutive delle pene detentive e le misure alternative
alla detenzione (che in realtà vengono sottratte a questo divieto). misure di
Ci si chiede se il principio di irretroattività riguardi anche le
sicurezza: 25.3 Cost.
l'art. enuncia il principio di legalità ma non quello di
200.1 c.p.
irretroattività, inoltre l'art. dice che "le misure di sicurezza sono
regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione" e al 2 comma
dice che "se la legge del tempo in cui deve eseguirsi la misura di sicurezza è
diversa, si applica la legge in vigore al tempo dell'esecuzione".
200
L’art. disciplina l’ipotesi in cui il fatto fosse previsto già al tempo
della sua commissione e la legge del tempo già prevedesse l’applicabilità di una
misura di sicurezza, ma una legge successiva abbia disciplinato diversamente le
modalità di esecuzione della misura. In questo caso l’art. 200 impone al giudice
di cognizione di applicare la legge in vigore al momento in cui egli dispone la
misura; se poi la legge in vigore al momento dell’esecuzione è ancora diversa,
il giudice dell’esecuzione dovrà applicare la nuova legge.
Questa disciplina comporta l’applicabilità retroattiva della legge sopravvenuta
che disciplini le modalità esecutive delle misure di sicurezza, anche quando le
nuove modalità risultino più gravose per l’agente.
Nessuno può essere sottoposto a una misura di sicurezza per un fatto che,
secondo la legge del tempo in cui fu commesso o secondo una legge successiva,
non costituisce reato, quindi gli spazi per l'applicazione retroattiva della
disciplina sulle misure di sicurezza sono circoscritti perché l'esigenza che la
legge preveda il fatto come reato è uno dei presupposti per l'applicazione delle
misure di sicurezza, il legislatore non può stabilire che una misura di
sicurezza si applichi a fatti che non costituivano reato al momento della loro
2.1 c.p.
commissione. Per quanto riguarda il giudice poi in base all'art. la
qualificazione del fatto come reato non può derivare da una legge sopravvenuta,
inoltre il 2 comma stabilisce l'inapplicabilità di una misura nel caso in cui
una legge successiva alla commissione del fatto abbia abolito l'incriminazione.
Nessuno può essere sottoposto a una misura di sicurezza per un fatto che,
secondo la legge del tempo in cui fu commesso o secondo una legge successiva,
non costituisce reato.
Una misura di sicurezza prevista da una legge posteriore non può trovare
applicazione nel caso in cui la legge del tempo in cui il soggetto ha agito
configurasse il fatto come reato, ma non prevedesse l’applicabilità di quella
misura. Il giudice non potrà applicare la misura di sicurezza a chi abbia agito
prima dell’entrata in vigore della legge che ha previsto al misura.
In assenza di una copertura costituzionale questa regola potrebbe essere
derogata in forma espressa dal legislatore, il quale, contestualmente alla
previsione della misura di sicurezza per casi non contemplati in passato,
potrebbe stabilire che la misura si applichi retroattivamente, si applichi cioè
anche a coloro che abbiano agito prima dell’entrata in vigore della nuova legge.
delle etichette’,
C’è il rischio che il legislatore operi una ‘frode
qualificando come misura di sicurezza una sanzione che abbia i connotati
sostanziali di una pena. In casi del genere all’applicazione retroattiva della
sanzione, ancorché qualificata dal legislatore come misura di sicurezza, si
art. 25 Cost.
opporrebbe il principio di retroattività ex
Come è stato recentemente riconosciuto dalla Corte costituzionale e dalla Corte
di cassazione, l’applicazione retroattiva delle misure di sicurezza, nonostante
la diversa etichetta, hanno sostanzialmente carattere di vere e proprie pene, è
117 co. 1 Cost.,
vietata alla luce dell’art. dagli obblighi internazionali che
vincolano lo Stato italiano: contrasta infatti con il principio di
7 CEDU
irretroattività sancito dall’art. ‘’non può essere inflitta una pena più
grave di quella applicabile nel momento in cui il reato è stato commesso’’, e
secondo la giurisprudenza della Corte EDU, nel riferirsi alle pene, abbraccia
tute le sanzioni che conseguono alla condanna per un reato e hanno natura
sostanzialmente punitiva.
Alla luce di questo un recente orientamento giurisprudenziale ha escluso
l’applicazione retroattiva di alcune ipotesi speciali di confisca, dopo averne
affermato la sostanziale natura di pene e non già di misure di sicurezza.
Così si è pronunciata la Corte costituzionale nel 2009, allorché ha dichiarato
infondata una questione di legittimità costituzionale della legge che ha esteso
la confisca per equivalente ai reati tributari nella parte in cui certi
articoli, secondo l’interpretazione del giudice a quo, consentirebbero di
applicare la misura anche