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Il reato

Il reato è l'illecito penale (non esistono reati che non siano penali, ogni altro tipo di illecito non penale non è reato), cioè un fatto al quale una norma penale ricollega una sanzione penale sfavorevole.

Già con il codice zanardelli del 1889, primo codice liberale unitario, la parola reato sostituì il termine usato in precedenza di crimine (tizio criminale, fatto criminale), il quale proveniva da crimen, ed era presente nei codici penali preunitari. L'abbandono del termine ha a che fare col carattere laico del diritto penale degli stati moderni, in quanto ha in sé una forte connotazione morale di disapprovazione, indicando un forte disprezzo del reo. La legge penale non vuole, invero, assumere un tratto moraleggiante aggiungendo una nota di disprezzo ulteriore a quella propria della sanzione penale.

Il reato è genere costituito dalle due specie dei delitti e delle contravvenzioni.

La definizione

Il reato è un fatto che turbagravemente l'ordine giuridico naturale, presupponendo l'esistenza di un diritto naturale. Tale concetto mette in luce che non ogni piccola violazione di una legge merita la sanzione penale, ma soltanto fatti dotati di una particolare gravità la meritano, quelli che più si contrappongono alla pace sociale, secondo la ragione umana o il diritto naturale.

L'aspirazione a individuare fatti che per sé stessi siano connotati da una tale gravità da opporsi alla convivenza civile, è forte e non solo propria del passato, tale che la Corte abbia fatto ricorso, con la sent. 364/88, sulla forma legale che ricollega il reato alla sanzione penale nulla dice sulla sostanza del reato, pertanto bisogna chiedersi se si possa darne una definizione sostanziale, che ne riguardi l'essenza comune a tutti i reati.

scusabilità dell'errore inevitabile, al naturale, reati di pura preoccupandosi di stabilire che ciò naturalmente vale per i creazione legislativa, reati in tanto in quanto puniti per il collegamento ad una sanzione in rerum natura penale, non perché è evidente che siano puniti, che costituiscano reato naturalmente, ad. es. reati tributari, d'evasione; violazione di autorizzazioni amministrative che rendano lecite lo svolgimento di un'attività a pena di illiceità penale (produzione di alimenti, detenzione di armi,...). Essa quando ha fatto riferimento, escludendoli, ai delitti naturali ha implicitamente richiamato la nozione giusnaturalistica (omicidio, rapina, violenza sessuale, corruzione dei p.u., attentato alla costituzione), stabilendo che nessuno può addurre che non sapeva che uno di questi fatti fosse un delitto, in quanto appartiene alla comune coscienza di tutti i popoli appartenenti alle nazioni civili la.coscienza che questi fatti comportino una grave punizione in quanto non possono in nessun caso essere sopportati. Tale concezione è alla base delle leggi di depenalizzazione, ossia il concetto che se i fatti non così gravi non meritano di essere puniti vanno depenalizzati; ad es. la l. 317/67 ha depenalizzato la quasi totalità dei fatti nell'ambito della circolazione stradale; la l. 706/75 ha depenalizzato le contravvenzioni punite con la sola ammenda; la l. 689/81 ha depenalizzato tutti i reati puniti con una pena pecuniaria e collocati fuori dal codice penale; altre leggi di depenalizzazione nel 1999 (l. 205 e dlgs 507) e i dlgs 7 e 8 /2016 i quali hanno depenalizzato ingiuria, atti osceni e altri simili. Talvolta si usa l'espressione decriminalizzazione, per indicare il passaggio dall'illecito penale a quello amministrativo, per sottolineare che il fatto mantiene il carattere di illecito. Più in generale si utilizza il termine depenalizzazione per

Indicare il passaggio ad un atto penalmente lecito. Se da un fatto vi è un continuo processo di depenalizzazione, è anche vero che contestualmente vengono incessantemente creati nuovi reati, il che appare come una qualche esigenza di punire certi fatti. Questo rischia di annacquare il carattere proprio dell'illecito penale, ossia di costituire un fatto tra i più gravi e intollerabili dall'ordinamento, svalutando la funzione delle norme penali applicandole a fatti che non sempre richiedono realmente l'intervento: un intervento così alternato e quasi schizofrenico.

Comunque l'inconveniente essenziale di questa nozione sostanziale giusnaturalistica è che è incontestabile che esistono dei fatti puniti con sanzioni penali che non turbano assolutamente in modo gravissimo l'ordine giuridico naturale, ad esempio i reati tributari, i reati politici (puniti in quanto si oppongono alla concezione politica e statale di un certo tempo).

reati meno gravi quali contravvenzioni, che consistono nella violazione di provvedimenti amministrativi di autorizzazione, concessione, licenza, ecc... da parte dell'amministrazione pubblica. Vi sono quindi reati per i quali tale definizione sostanziale non corrisponde al vero. [Rapporto tra tentativo di reato e reato consumato, considerato all'interno della progressione criminosa, nella quale il tentativo è assorbito alla consumazione. Il principio del ne bis in idem (double jeopardy) processuale importa che se il processo è ancora in corso la consumazione del reato sopravvenuta verrà presa in considerazione dal giudice, ma tale principio riguarda l'ipotesi di una sentenza definitiva e ai sensi dell'art. 649 c.p.p. non può aversi processo nuovo per il medesimo fatto: ora se la sentenza riguarda il tentativo e la consumazione si verifica dopo (la revisione del processo che consente di modificare la sentenza passata in giudicato nel caso di emersione di nuove prove o di una nuova valutazione delle prove già acquisite).]sentenza del giudice civile che si ripercuote in quella penale non può operare in quanto è possibile solo a vantaggio del condannato) bisogna verificare cosa si intenda per fatto. La maggioranza della dottrina processual-penalistica (es. Cordero, Lozzi, Caprioli, Mancuso) ritiene che debba intendersi per fatto la condotta mentre non si intendono per medesimo fatto le conseguenze della condotta, pertanto se già risulta formato il giudicato per un fatto, la condotta, non può aversi un nuovo processo. Lo stesso Cordero tuttavia ricorda che nel momento in cui fu emanato il precedente c.p.p. del 1930 (prima del codice Vassalli del 88) si pose esattamente questa questione, ossia se il giudicato dovesse costituire limite insuperabile rispetto all'accertamento dei fatti in una progressione criminosa: Vannini suggerì che per esigenze di giustizia si potesse superare il giudicato e svolgere il processo sul nuovo fatto emerso; ma il ministro dellagiustizia di allora, Rocco, diformazione liberal-garantista, riportò il suggerimento e quindi nel c.p.p. non fu inserita tale possibilità di riformare la sentenza in un successivo processo che accertasse la consumazione e non il tentativo di reato. Questa impostazione è apparsa non soddisfacente alla Cassazione che con decisioni di ne 900 proprio nel caso di progressione criminosa, di un fatto diverso per il grado dell'offesa procurata (non in riferimento alla condotta) ha ritenuto si trattasse di fatti diversi e pertanto con riguardo all'approfondimento del grado dell'offesa che emerge dopo il giudicato può formarsi un nuovo giudizio (con la questione se vada aggiunta una sentenza che si somma a quella di prima o ritenuto che la sentenza di prima venga assorbita dalla seconda). Giusto sarebbe più in linea con la Cassazione]. L'inconveniente della definizione sostanziale di reato del giusnaturalismo porta sociologico. all'adozione diangolo visualeGià gli illuministi alla fine del 700 (nascita del diritto penale moderno) sostenevano che non bisognava punire un fatto soltanto perché immorale, ma quando recasse un danno alla convivenza sociale, tenendo distinto ciò che è solo immorale (peccato) e ciò che è anche antigiuridico e antisociale (reato). Ciò è sicuramente vero, però nello stabilire quali siano i fatti che turbano la pacifica convivenza, la sociologia moderna (es. Amelung) ha ritenuto di usare i parametri della sociologia, un approccio empirico. Questa posizione sociologica moderna porta ad un ulteriore contributo, ossia la riesione secondo la quale non può dirsi definitivo nel tempo il giudizio di antisocialità, pur affermandosi dei punti fermi (es. carta dei diritti umani). Il legislatore non può, alla luce di tale teoria, arbitrariamente scegliere i comportamenti disfunzionali alla pace sociale; tuttavia nella sua

praticabilità e applicazione, questa teoria sociologica che si serve di parametri empirici, in questa formulazione non è condivisibile perchè un parametro sociologico di funzionalità fondato su criteri empirici non può essere il criterio unico sul quale fondare la nozione di reato, in doppio senso: ci possono essere fatti non necessariamente disfunzionali che meritano di essere puniti e fatti non disfunzionali - o quasi utili in ottica empirica - e che costituiscano reato (ad es. omicidio di persone prive di valore sociale o di un terrorista convinto). Con riguardo al primo senso, un fatto può essere punito perchè l'ordinamento lo considera lesivo di un bene immateriale anche in mancanza di un danno empiricamente accertabile; Feinberg ha l'harm principle, proposto secondo il quale può essere reato ciò che arreca danno ed il giudizio su che cosa sia danno e cosa no può essere formulato solo dalla persona che lo subisce.

Dal titolare dell'interesse. Vi sono casi in cui, anche se il titolare abbia rinunciato al giudizio sul danno, l'ordinamento ritiene egualmente necessario punire un certo fatto, anche se avvenuto con il consenso della persona che non si è giudicata o esa. Il consenso dell'avente diritto, causa di esclusione del reato, non riguarda infatti i cd diritti indisponibili (es. aiuto al suicidio, caso Cappato, bene della vita disponibile a certe condizioni: irreversibilità della malattia, sofferenza insopportabile, senza le quali l'aiuto al suicidio sarebbe punibile; omicidio del consenziente, il consenso deve essere dato da colui in possesso di determinate requisiti, a certe condizioni). Reati dove c'è un danno ideale, consistenti in un danno di valore; es. reato di negazionismo, consistente nel fatto di negare l'olocausto (una l. 1975 estesa al negazionismo) e la ragione di questo reato d'opinione.

È la difesa del valore del riconoscimento del sacro, cioè di milioni di innocenti; caso dell'
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A.A. 2020-2021
208 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Emanuele.1 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Parodi Giusino Manfredi.