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La visione di Locke dello Stato è profondamente ancorata alla tutela dei diritti naturali e alla necessità di una convivenza armonica tra gli
individui. A differenza delle idee assolutiste, come quelle di Hobbes, Locke propugna un modello in cui lo Stato è fondato sul consenso
popolare. I cittadini, dunque, non solo conservano i loro diritti ma detengono anche la sovranità, e hanno il diritto di destituire un governo
tirannico che non adempie ai suoi compiti. Importante è l'equilibrio di poteri: il legislativo formula leggi che rispecchiano il bene comune;
l'esecutivo e il giudiziario ne garantiscono l'applicazione; mentre il potere federativo gestisce le relazioni internazionali e la diplomazia.
Si esponga la concezione leibniziana della monade
Nella visione di Leibniz, la monade è un'entità metafisica, indivisibile e autosufficiente. Agisce come un microcosmo che, sebbene
incapace di interazione diretta con altre monadi, riflette l'universo intero dalla sua prospettiva unica. Ogni monade è un centro di attività
intrinseca, possedendo una "forma" o una natura dinamica che la differenzia dalle altre. In questo modo, l'insieme delle monadi forma un
universo armonioso e coerente, testimoniando la perfezione del disegno divino. La varietà tra le monadi esemplifica il principio della
ragione sufficiente, cioè, ogni differenza ha una giustificazione.
Si esponga la dottrina leibniziana dell'armonia prestabilita
Leibniz elabora l'idea dell'armonia prestabilita per affrontare la questione dell'interazione tra aspetti mentali e materiali della realtà. Le
monadi, elementi immateriali e individuali, fungono da componenti fondamentali dell'universo e sono classificate come monadi-anima o
monadi-materia. Dio, agendo come un architetto supremo, ha stabilito una coerenza intrinseca tra queste monadi fin dall'inizio. Ogni
monade opera seguendo una traiettoria autonoma, ma l'ordine prestabilito le fa apparire come se fossero in reciproca correlazione.
Questa visione elude la necessità di un contatto fisico diretto tra monadi differenti, preservando la loro autonomia e risolvendo il dilemma
della causalità tra mente e materia.
Si esponga la concezione vichiana della storia
La concezione di Vico sulla storia è profondamente radicata nella sua filosofia e nel suo pensiero epistemologico. Per lui, la storia è
molto più di una semplice registrazione cronologica di eventi. La sua visione della storia è basata sull'idea che la storia umana sia
intrinsecamente legata all'evoluzione della mente umana stessa. Vico credeva che la storia dovesse essere compresa attraverso una
combinazione di filologia e filosofia. La filologia forniva la conoscenza certa basata su documenti e testimonianze del passato, mentre la
filosofia andava oltre il semplice fatto, cercando la verità intrinseca che emergeva dalla storia. Inoltre, Vico riteneva che la storia non
fosse semplicemente una serie casuale di eventi, ma piuttosto un processo continuo di sviluppo dell'umanità. La sua idea di una "storia
ideale" implicava che ogni momento storico aveva un significato intrinseco e contribuiva allo sviluppo complessivo dell'umanità.
Si esponga la critica humiana al principio di causalità
Hume sfida la comprensione tradizionale della causalità, sottolineando che il legame percepito tra causa ed effetto non è intrinsecamente
necessario. Per lui, questa connessione è frutto dell'abitudine e dell'esperienza, piuttosto che di una legge universale. Afferma che non
possiamo sapere a priori se un evento particolare causerà un altro evento specifico; possiamo solo fare questa affermazione sulla base
di osservazioni passate. In questo modo, Hume pone in dubbio la certezza delle leggi causali, suggerendo che non si può garantire che
le stesse relazioni causali si ripeteranno in futuro.
Si esponga la critica humiana alla cosa in sé
Hume sostiene che il nostro accesso alla realtà è inerentemente limitato dalle nostre esperienze sensoriali. Afferma che concetti come la
'cosa in sé' sono il prodotto della nostra immaginazione, creati attraverso l'unione di idee più semplici e rinforzati dall'abitudine. In questo
modo, sfida la nozione di una realtà sostanziale indipendente dalle nostre percezioni. Dal punto di vista di Hume, queste nozioni non
sono altro che concetti astratti che non possono essere empiricamente verificati. Ecco perché egli ritiene che il concetto di 'cosa in sé' sia
inutilizzabile e privo di fondamento.
Si esponga la concezione humiana della morale
Hume pone le passioni come fondamento della moralità, sostenendo che queste siano impressioni derivate da emozioni quali gioia,
paura o amore. Nella sua visione, la ragione è subordinata alle passioni, esistendo principalmente per servirle e guidarle, ma senza la
capacità di modificarle o contraddirle. Hume introduce anche il concetto di "simpatia", un sentimento di piacere disinteressato che svolge
un ruolo centrale nella sua teoria etica. L'utilità sociale è un altro criterio importante per Hume, utilizzato per valutare le azioni e i
comportamenti morali. Ad esempio, la giustizia è vista come un bene in quanto contribuisce all'equilibrio e alla pace nelle comunità.
Si esponga la concezione humiana della religione
La concezione di Hume sulla religione, esposta nella sua "Storia naturale della religione", riconosce nei sentimenti umani il fondamento
naturale delle religioni positive. Queste religioni, trasmesse storicamente, si basano sulla rivelazione codificata nelle Sacre Scritture e si
manifestano attraverso istituzioni sociali come la Chiesa, che custodisce e trasmette la rivelazione. Nel suo lavoro, Hume traccia un
percorso storico dalle primitive forme politeistiche di religione naturale, nate dalle emozioni come la paura e la speranza in risposta alle
circostanze umane mutevoli e incerte. Questo percorso giunge infine alla forma più sviluppata di religione monoteistica, caratterizzata
dalla fede in un solo Dio infinito e perfetto, colui che ha creato e ordina il mondo. Hume analizza il progresso dell'umanità verso questa
fede più raffinata e ne trae conclusioni sulle origini e l'evoluzione della religione nell'ambito delle esperienze umane.
Si espongano i lineamenti fondamentali dell'Illuminismo
L'Illuminismo è una corrente filosofica e culturale del XVIII secolo che pone al centro dell'indagine umana la ragione. La sua influenza si
estende oltre l'ambito accademico, mirando a trasformare la società attraverso l'educazione e l'indipendenza intellettuale. Contrasta
fortemente con l'oscurantismo medievale, cercando la liberazione della mente attraverso la conoscenza. È critico nei confronti
dell'ortodossia religiosa e promuove un approccio deistico alla divinità. In politica, l'Illuminismo enfatizza valori come egualitarismo,
tolleranza, e pluralismo, e aspira a un governo costituzionale e liberale. Sostiene un'ottica progressista della storia, vedendo il futuro
come un continuo miglioramento sociale e intellettuale.
Si esponga la concezione rousseauiana della disuguaglianza tra gli uomini
Nella visione di Rousseau, esistono due tipi di disuguaglianza: una naturale ed una artificiale. La disuguaglianza naturale è dovuta alle
differenze biologiche e personali e non è di per sé un male. È la disuguaglianza sociale e politica che Rousseau condanna come risultato
delle strutture sociali, leggi e istituzioni. In contrasto con Hobbes, Rousseau sostiene che gli esseri umani sono naturalmente buoni e
sociali. Le loro inclinazioni virtuose vengono però corrotte dall'ambiente sociale. Il passaggio dall'amore di sé, un sano istinto di
conservazione, all'amor proprio, che motiva la competizione e l'oppressione, è una distorsione imposta dalla società.
Si esponga la concezione rousseauiana della civiltà
Rousseau vedeva la civiltà come una forza distortiva che allontana gli esseri umani dalla loro essenza naturale e buona. Egli metteva in
discussione il concetto illuminista di progresso, sostenendo che la ragione e la tecnologia non necessariamente nobilitano l'umanità. Al
contrario, per Rousseau, la civiltà introduce disuguaglianze, norme e convenzioni che corrompono la naturale bontà dell'individuo. Nota
la differenza tra "amor di sé," un istinto primordiale di autoconservazione, e "amor proprio," un desiderio nato dalla comparazione sociale,
che conduce alla corruzione e disuguaglianza. Per mitigare questi mali, proponeva un ritorno ad uno stile di vita più vicino alla natura.
Si esponga la concezione rousseauiana del progresso
Rousseau vede il progresso come un fenomeno ambivalente che, piuttosto che elevare l'umanità, mina la sua essenza genuinamente
buona. Crede che l'avanzamento delle scienze e delle arti abbia introdotto corruzione e disuguaglianza nella società. Questa visione è
radicata nel suo concetto di "amor di sé", un istinto benigno di autopreservazione che, secondo lui, si deforma in "amor proprio", un
desiderio di dominare gli altri, a causa del progresso civile. La cultura e la scienza diventano quindi strumenti per esacerbare le
disuguaglianze, piuttosto che meccanismi di elevazione collettiva. L'uomo, una volta in sintonia con la natura, viene distolto dalla sua
innocenza originale, rendendo il progresso un percorso lontano dal benessere comune.
Si esponga la concezione rousseauiana della natura
Per Rousseau, la natura è la condizione originale dell'uomo, un luogo in cui regna l'innocenza e la bontà. Egli introduce il termine "stato
di natura" per descrivere una fase primordiale in cui l'individuo è spinto dall'amor di sé, un amore sano e legato alle esigenze
fondamentali. Rousseau sostiene che la degenerazione dell'uomo inizia con l'avvento della proprietà privata, generando competizione e
avidità. L'ulteriore sviluppo di scienze e arti aliena l'individuo da se stesso, favorendo l'egoismo e la vanità, fenomeni descritti come
"amor proprio". Per lui, la storia è il vettore che ha deviato l'umanità dalla sua essenza, suggerendo un ritorno ideale alla natura come
metro di giudizio per valutare la società contemporanea.
Si esponga la concezione rousseauiana dello Stato
Rousseau sostiene un'idea innovativa di Stato, centrata sul concetto di "contratto sociale". In questa visione, gli individui entrano in un
accordo reciproco, mettendo da parte certi diritti personali per costituire una comunità organizzata. La chiave è che, rinunciando a una
parte delle loro libertà individuali, ottengono in cambio la protezione e i benefici del vivere civile. Il sistema ideale per Rousseau è una<