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Secondo Vertovec, il concetto di diaspora assume diverse sfumature all'interno di diverse discipline accademiche, dando vita a tre
significati chiave. In primo luogo, la diaspora può essere considerata come una forma sociale, caratterizzata dall'esilio da una patria
storica e da una dispersione spesso associata a un trasferimento forzato e traumatico. In questo contesto, si sviluppa anche l'aspirazione
al ritorno alle radici. In secondo luogo, la diaspora può essere interpretata come un tipo di coscienza. Questo si riferisce al senso di
identità e consapevolezza che emerge all'interno delle comunità transnazionali contemporanee. Questa forma di coscienza è plasmata
sia da esperienze negative come discriminazione ed esclusione, sia da aspetti positivi come l'identificazione con un patrimonio storico,
un mondo culturale attuale o forze politiche. In terzo luogo, la diaspora può essere vista come una modalità di produzione culturale.
Questa concezione è collegata alla globalizzazione e coinvolge la creazione e la ricreazione di fenomeni sociali e culturali che
attraversano i confini nazionali. La diaspora diviene così un veicolo per la diffusione e l'evoluzione di influenze culturali transnazionali,
creando un intreccio complesso di interazioni. In sintesi, il concetto di diaspora secondo Vertovec rappresenta non solo una realtà
sociale e geografica, ma anche un'esperienza di identità e appartenenza che attraversa confini culturali e politici. Questa comprensione
della diaspora ci offre uno sguardo approfondito sulle dinamiche delle comunità transnazionali e sulla loro influenza nella società globale
contemporanea.
La diaspora: analizzare il termine e descrivere le diversi teorie
Il termine "diaspora", derivante dal greco "dispersione", è stato introdotto nel secolo scorso per descrivere la dispersione di popoli
costretti a lasciare le proprie sedi d'origine e ad insediarsi in diverse parti del mondo, condividendo tratti culturali e patrimoni comuni con
altri membri sparsi ovunque. Inizialmente riferito all'esperienza ebraica, il concetto è stato esteso a diverse categorie di persone e a
rappresentare simboli, riti e visioni del mondo. Nel corso degli anni, il concetto di diaspora ha subito evoluzioni teoriche significative.
Safran ha definito le caratteristiche essenziali di una "comunità di minoranze espatriate" che giustificano l'uso del termine diaspora:
dispersione da un centro originario, memoria e mito condivisi sulla patria, parziale separazione dalla società ospitante, idealizzazione
della terra ancestrale, impegno per il mantenimento o il ripristino della patria d'origine e legami con la madrepatria. Cohen ha
categorizzato cinque tipologie di diaspora moderna, identificando vittime di dispersione, nonché i concetti di diaspora lavorativa,
coloniale, commerciale e di deterritorializzazione. Vertovec ha invece delineato tre significati distinti di diaspora: come forma sociale
(derivante da esilio o costrizione), come tipo di coscienza (associazione di identità) e come modalità di produzione culturale (nella
prospettiva della globalizzazione).
Frantz Fanon
Frantz Fanon, nato nel 1925 in una Martinica ancora sotto il giogo coloniale francese, incarna l'esperienza post-coloniale che plasma la
sua visione psichiatrica. Attraverso la Seconda guerra mondiale, egli intravede le mutazioni del razzismo e i suoi contorni allarmanti.
Laureatosi in medicina in Francia, ritorna nella sua terra d'origine, toccando la povertà alimentata da contese politiche locali. Fanon
scorge nei suoi simili, neri come lui, patologie dal retaggio psicologico e sociale, unendo il suo destino al loro. Così, rientra in Francia e
s'immerge nello studio della psichiatria, scelta guidata dall'impulso di comprenderne le radici dei mali. Alla fine degli studi, Fanon emerge
con una serie di articoli incisivi, denunciando il razzismo annidato nelle istituzioni psichiatriche francesi. In modo vigoroso, esprime
l'accusa che le sindromi psichiche delle persone dal Nord Africa siano manifestazioni di malattie sociali, eterodossie istituzionali e
sindromi psicosomatiche radicate nei strati più profondi del razzismo e dell'oppressione coloniale. La psichiatria di Fanon, imbevuta delle
asperità della decolonizzazione, svela una voce che sfida la narrazione dominante, chiamando all'attenzione le cicatrici invisibili lasciate
dal passato.
Franz Fanon e Lacan
La psichiatria di Fanon si radica nel suo ruolo di autore post-coloniale, testimone del passaggio dalla colonia francese alla
decolonizzazione in Martinica. Consapevole dei mali psicologici e sociali affliggenti i suoi compatrioti neri, egli rivela l'entità delle
sofferenze sottostanti. Nelle sue opere, accusa profondamente il razzismo istituzionalizzato nelle strutture manicomiali francesi,
considerando le sindromi psicologiche e psichiatriche del Nord Africa come manifestazioni di malattie sociali, intrise di razzismo e
oppressione coloniale. Lacan, psicologo francese, risiede al confine tra psicologia, psichiatria e linguistica. La sua prospettiva dinamica
sulla follia, interpreta tale concetto come fluido e mutevole. Egli sottolinea le relazioni di comprensione, fornendo criteri per analizzare
psicologia e psicopatologia individuali, focalizzandosi sull'intenzionalità umana nell'agire sulla realtà. Un elemento chiave nell'idea di
Lacan, abbracciato da Fanon, è l'appagamento del desiderio come chiave per la soddisfazione nella vita. La mancata realizzazione di
tale desiderio genera conflitti e psicosi. Lacan incarna tre elementi fondamentali: l'interpretazione umanamente comprensibile delle
potenzialità dialettiche di sviluppo, l'integrazione sociale attraverso una comprensione dialettica e linguistica dell'individuo e il concetto di
follia quale disordine dell'individuo nel mondo. Fanon raccoglie e rielabora questi concetti, utilizzandoli per analizzare e comprendere le
dinamiche psicologiche e sociali che attraversano la post-colonialità.
La critica post-coloniale di Frantz Fanon
La critica post-coloniale di Fanon emerge dal suo vissuto di autore post-coloniale, avendo attraversato il passaggio dalla colonia francese
alla decolonizzazione in Martinica. Egli riconosce che le sofferenze dei suoi simili, compresi coloro come lui di origine nera, derivano da
afflizioni di natura psicologica e sociale. Nei suoi scritti scientifici, accusa con fermezza il razzismo presente nelle istituzioni psichiatriche
francesi, sostenendo che le sindromi acute e psichiatriche delle persone provenienti dal Nord Africa rappresentino vere e proprie malattie
sociali e psicosomatiche, radicate nelle forme più profonde di razzismo e oppressione coloniale. In particolare, Fanon sfida apertamente
il concetto di Etnopsichiatria proposto dal professore Porot, psichiatra francese degli anni '50. Porot, con una visione razzista, attribuisce
la malattia mentale nei musulmani a un'immaturità individuale originata da un primitivismo psichiatrico, attribuendo così una condizione
sociale che deriva da un mancato sviluppo individuale. La critica di Fanon si concentra sull'elemento di razzismo biologico intrinseco al
pensiero psichiatrico scientifico, esteso ai risultati delle indagini quantitative in campo psichiatrico. Egli evidenzia che i test utilizzati sono
tarati su individui di cultura occidentale, il che rende impossibile confrontare e interpretare in modo equo i risultati ottenuti su individui di
culture differenti. Sottolinea l'importanza di un approccio culturalmente competente nel trattamento di persone di diverse culture,
richiedendo una conoscenza approfondita di tali culture e l'utilizzo di parole, simboli e significati intrinseci a esse. Fanon, attraverso la
sua critica radicale, affronta le problematiche di razzismo e discriminazione presenti nel contesto psichiatrico, gettando luce sulla
complessità dei fattori culturali e sociali che influenzano la percezione e la diagnosi delle malattie mentali.
Definire la malattia sociale nel pensiero di Frantz Fanon
Fanon ha formulato la nozione di "malattia sociale" come una concezione complessa che interseca la sfera individuale con quella
sociale. Riconoscendo la malattia mentale come un'esperienza reale sopportata dalle persone, Fanon ha delineato un'interpretazione in
cui la malattia è profondamente influenzata dalla società e dalla cultura. In particolare, ha sottolineato come la follia possa essere
collegata alle profonde contraddizioni delle società coloniali e post-coloniali. Il suo approccio ha affrontato la relazione intricata tra
l'individuo e l'oppressiva struttura sociale. Egli ha evidenziato come le barriere linguistiche possano creare distanze tra gli individui e le
loro visioni del mondo, sottolineando l'importanza cruciale del linguaggio come strumento di comunicazione e di benessere mentale.
Attraverso la sua critica, ha smantellato le interpretazioni coloniali semplificate delle malattie psicosomatiche, dimostrando che le malattie
mentali nei popoli colonizzati non erano solo sintomi corporei di primitività, ma risultavano da contesti più complessi. Un contributo
fondamentale di Fanon è stata la sua prospettiva sul corpo come elemento inscindibile dall'esperienza psicologica e dalla formazione
dell'identità umana. Lontano dall'idea di un corpo passivo, egli ha sottolineato come esso giochi un ruolo attivo nell'espressione e nella
strutturazione della mente. Infine, l'analisi istituzionalizzata della malattia mentale ha assunto una particolare importanza nelle riflessioni
di Fanon. Ha riconosciuto che l'assistenza istituzionalizzata spesso funge da strumento di controllo e disciplina, specialmente nei contesti
oppressivi. Questo approccio ha contribuito a decostruire l'uso del sistema sanitario come mezzo indiretto di controllo sociale.
Frantz Fanon e la terapia sociale
Fanon getta luce su un aspetto spesso trascurato nei contesti terapeutici: l'importanza della sensibilità culturale e dell'identità etnica nella
pratica della terapia sociale. Egli riconosce che le terapie convenzionali, spesso modellate secondo il paradigma occidentale, possono
mancare di valore per coloro che richiedono supporto psichiatrico con radici etniche profonde. Questi individui necessitano di un
sostegno personalizzato e fortemente connesso alla loro identità di gruppo. Sottolinea l'insufficienza delle cure standard quando il
personale medico o infermieristico non è adeguatamente formato per comprendere le sfumature etniche e linguistiche. La mancanza di
consapevolezza dei rapporti interpersonali tra paziente e professionista può contribuire a insuccessi terapeutici. Per Fanon, il punto
centrale risiede nel superare i preconcetti occidentali e immergersi profondamente nella cultura del paziente. Egli suggerisce che solo
comprendendo appieno le radici culturali, la mentalità, la lingua, l'alfabetizzazione, la religione e la visione del