Lo stile fascista è parte della cosidetta « Art Déco » , ma questo stile manifesta in Italia una qualità
eccezionale estetica e innovativa. Il livello delle costruzioni e delle arti plastiche in Italia si ritrova
raramente negli altri paesi. Negli anni ‘20 e ‘30 c’è stato un tentativo interessantissimo di conciliare
la tradizione romana e il modernismo più avanzato. Una caratteristica importane dell’ « Art Deco »
italiana è la sua armonia con le tradizioni nazionale e la sua conformità al senso estetico italiano. Al
contrario dello stile dei regimi totalitari comunista e nazista che hanno realizzato delle copie
pesanti, uniformizzate, di misura sovra-umana e di un classicismo straniero alle tradizioni nazionali,
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lo stile « mussoliniano » prolunga le realizzazione del classico senza megalomania (e utilizzando
soprattutto per le parti visibili dei materiali nobili e tradizionali (travertino, mattoni, marmo) senza
sacrificare (come sarà il caso dopo 1950) il bello all’utile. Un vero interesse alla bellezza decorativa
spiega l’aggiunta di statue, bassorilievi e mosaici, che spesso sono riusciti benissimo.
Parla della prima fase politica della politica economica del fascismo
Durante i primi quattro anni di governo, dal 1922 al 1926, Mussolini tenne una politica economica
improntata al laissez-faire sotto il Ministero delle Finanze di Alberto De Stefani: incoraggiò la
libera concorrenza, ridusse le tasse, abbatté regolamentazioni economiche e restrizioni al
commercio e ridusse inoltre la spesa pubblica riequilibrando il bilancio, privatizzando alcuni
monopoli governativi (come la Zecca di Stato). Alcune leggi introdotte precedentemente dai
socialisti, come la tassa sulle eredità, furono abrogate. Nel 1925 si iniziò anche a distruggere la
cartamoneta al fine di frenare l'inflazione. Durante questo periodo la ricchezza aumentò e la
produzione industriale superò il picco raggiunto durante il periodo bellico alla metà degli anni venti,
pur con un aumento dell'inflazione. Complessivamente, in questo primo periodo, la politica
economica fascista seguì principalmente le linee del liberalismo classico, con l'aggiunta di tentativi
di stimolo della produzione domestica e di equilibrio di bilancio.
Che cos’è la battaglia per il grano?
La battaglia del grano fu una campagna lanciata durante il regime fascista da Benito Mussolini, allo
scopo di perseguire l'autosufficienza produttiva di frumento dell'Italia. La campagna ebbe successo
nell'ottenere l'aumento della produzione nazionale di grano e nella conseguente diminuzione del
disavanzo della bilancia commerciale, ma andò a scapito di altre colture, specialmente di quelle
basilari per l'industria zootecnica e, in genere, dell'armonico sviluppo dell'agricoltura nazionale
Come cambiò la politica estera del fascismo?
Negli anni Venti, tuttavia, il fascismo si limita alla propaganda verbale con la richiesta di revisione
dei trattati di pace, sia perché la situazione internazionale è relativamente calma, sia perché il
regime, e Mussolini in prima persona, hanno bisogno di consolidare la propria immagine a livello
internazionale. Per questo motivo Mussolini segue una linea prudente e conciliante verso le nazioni
occidentali. Anche se, fin dal 1923, quando il duce ordina l'occupazione dell'isola di Corfù, è chiaro
che uno dei principali obiettivi del fascismo è quello di scardinare gli assetti europei usciti dal
trattato di Versailles. In Europa il fascismo tiene una linea di larvata ostilità nei confronti della
Francia che ospita molti antifascisti mentre si avvale della tradizionale amicizia britannica e del
nuovo sostegno finanziario americano. Un netto cambiamento di rotta si verifica a cavallo tra la fine
degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta, in concomitanza con l’ascesa al potere di Hitler in
Germania e l’accentuarsi delle tensioni in Europa L’espansione coloniale in Africa e la penetrazione
nell’area balcanica costituiscono due obiettivi tradizionali della politica estera
diplomatico-militare
italiana. Il 3 ottobre 1935 Mussolini dichiara guerra all’Etiopia, dando così il via a quell’opera di
destabilizzazione del quadro internazionale che culminerà nella seconda guerra mondiale e che
vedrà l’Italia impegnata al fianco della Germania nazista. La campagna d’Africa, che si conclude
nel maggio 1936 con l’occupazione di Addis Abeba e la proclamazione dell’Impero, segna anche la
fine della politica di buon vicinato tra l’Italia e le democrazie europee e della politica del "peso
determinante", cioè dell’equidistanza tra Inghilterra-Francia e Germania.
Quale fu, durante gli anni del regime, l’organizzazione non fascista esistente e operante in italia?
Gli antifascisti si opposero, almeno fino al delitto Matteotti, anche con la lotta armata (es. gli Arditi
del Popolo) contro le camicie nere. Di conseguenza i vari giornali socialisti furono costretti a
chiudere e le personalità di spicco della sinistra a lasciare l'Italia. I pochi socialisti rimasti
formarono nel 1926 la convenzione antifascista; mentre i comunisti si organizzarono in società
segrete, vivendo in zone malfamate e agendo nell'anonimato. Antonio Gramsci fu incarcerato nel
'27, e nelle sue lettere inviate dal carcere si riscontra il suo pensiero politico: l'ascesa del socialismo
in Italia avrebbe dovuto essere diversa dall'avvento del socialismo in Russia, giacché Italia e Russia
differivano sotto i profili sociali, economici e intellettuali. Le società antifasciste venutesi a
formare, però, non trovarono mai un'intesa e fallirono. Altro tentativo fu quello di Carlo Rosselli,
con la fondazione di un movimento chiamato Giustizia e libertà, che prevedeva la riorganizzazione
delle forze antifasciste al fine di opporsi al regime in modo deciso; caratterizzato fortemente dalla
componente generazionale, il movimento riteneva necessario incidere nella mentalità dei più
giovani. Gli antifascisti che si opponevano da Parigi al regime di Mussolini si riunirono nella
concentrazione antifascista. dell’America degli anni Venti
Descrivi il contesto economico-sociale
Roaring Twenties come termine descrittivo degli anni venti, è una locuzione nata negli Stati Uniti.
In pratica con Anni ruggenti si tende ad enfatizzare l'energia che caratterizzò specifici aspetti di un
particolare periodo storico, con mutamenti che andavano ad interessare l'aspetto sociale, quello
artistico e, soprattutto, quello del dinamismo culturale di un'epoca ritenuta per molti versi
irripetibile. L'economia USA si intrecciò sempre più con quella europea. Quando la Germania non
poté far fronte al pagamento dei debiti di guerra, Wall Street investì massicciamente per tenere a
galla l'economia europea salvaguardando al tempo stesso un grande mercato di consumo di massa
statunitense per i beni prodotti. Dalla metà del decennio lo sviluppo economico approdò anche in
Europa e gli Anni ruggenti poterono così sbarcare anche nella Repubblica di Weimar tedesca, nel
Regno Unito ed in Francia. La seconda metà del decennio - sempre secondo la nomenclatura
anglosassone - prese il nome di Golden Twenties (I dorati anni venti).
Quali furono i paesi europei maggiormente investiti dalla crisi? Cosa accadde in Germania e
Francia?
La Grande depressione (detta anche Grande crisi o Crollo di Wall Street) fu una grave crisi
economica e finanziaria che sconvolse l'economia mondiale alla fine degli anni venti, con forti
ripercussioni anche durante i primi anni del decennio successivo. Ebbe origine da contraddizioni
simili a quelle che avevano portato alla crisi economica del 1873-1895 con l'inizio che si ebbe negli
Stati Uniti d'America, cui fece seguito il definitivo crollo (crack) della borsa valori del 29 ottobre
(martedì nero) dopo anni di boom azionario. La grande crisi si propagò rapidamente fuori dagli
USA, inizialmente verso tutti quei paesi che avevano stretti rapporti finanziari con gli Stati Uniti, a
partire da quelli europei che si erano affidati all'aiuto economico degli americani dopo la Prima
guerra mondiale, ovvero Regno Unito, Austria e Germania, dove il ritiro dei prestiti americani fece
saltare il complesso e delicato sistema delle riparazioni di guerra, trascinando nella crisi anche
Francia e Italia. In tutti questi paesi si assistette a un drastico calo della produzione seguito da
diminuzione dei prezzi, crolli in borsa, fallimenti e chiusura di industrie e banche, aumento di
disoccupati (12 milioni negli USA, 6 milioni in Germania, 3 milioni in Gran Bretagna), il tutto
aggravato anche dall'introduzione di misure protezionistiche come freno al libero scambio nel
sistema economico globale. Va notato che la crisi non colpì l'economia dell'URSS, la quale in
quegli anni aveva inaugurato il suo primo piano quinquennale con l'obiettivo di creare una base
industriale moderna. Restarono inoltre immuni dalla crisi anche il Giappone - che affrontò la crisi
(inclusa la guerra) con misure inflazionistiche - e i Paesi scandinavi che, in quanto esportatori di
particolari materie prime, non risentirono della riduzione della domanda dei loro prodotti.
i principali aspetti del “New Deal” roosveltiano
Esponi
Roosevelt in un suo celebre discorso avvenuto a Chicago durante la campagna elettorale aveva
annunciato l'intenzione di dare un “new deal” (nuovo corso, o nuovo accordo) alla politica
economica statunitense senza però specificare nel dettaglio quali erano le sue intenzioni effettive.
Durante i quattro mesi che passarono dall'elezione all'insediamento la crisi continuò a peggiorare a
tal punto che il giorno dell'insediamento del presidente, il 4 marzo 1933, la maggior parte degli stati
aveva chiuso a tempo indeterminato le banche al fine di evitare il collasso dell'intero sistema
bancario dovuto ai bank run e che sembrava ormai imminente. Il presidente convocò d'urgenza il
Congresso sottoponendogli un disegno di legge che fu approvato dopo poche ore di dibattito.
L'Emergency Banking Act, istituì un'estensione delle festività ("bank holiday") inizialmente di 8
giorni consecutivi (poi ridotti a quattro), al fine di sondare la liquidità e la solidità degli istituti di
credito, prima della riapertura. La legge bancaria di emergenza inoltre, assoggettò le banche al
controllo federale, garantendo così maggiore sorveglianza contro speculazioni e azioni finanziarie
sconsiderate. Il 12 marzo Roosevelt tenne la prima delle sue periodiche “chiacchiere al caminetto”,
dei messaggi radiofonici rivolti al popolo americano. Nel suo primo discorso
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