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FILOSOFIA DEL DIRITTO (GIURISPRUDENZA D.M. 270/04) - BONAVOGLIA MASSIMILIANO
LEZIONE 1 DOMANDA 5. Si distingua l'approccio filosofico da quello scientifico.
Filosofia e scienza si distinguono in particolar modo per la visione della realtà; da un lato c'è la scienza che si esaurisce nel momento in cui prende possesso della realtà, dall'altro, la filosofia, che prende posizione di fronte alla realtà. Esse pur essendo così diverse non dovrebbero mai essere in conflitto, cosa che però non avviene a sia a causa dei filosofi sia a causa degli scienziati. Si distinguono due correnti filosofiche: di tipo umanistico (filosofo umanista tendente alla retorica) e di tipo scientifico (filosofo scienziato, forte legame con la realtà).
Affiancate a queste due possiamo trovarne una terza basata sulla tesi: la scienza può far a meno della filosofia, perché essa non è essenziale a fini della scoperta scientifica, lo
Scienziato infatti non necessita un'amaturità filosofica per assumere un determinato atteggiamento nei confronti della realtà che indaga, d'altro canto la filosofia non può fare a meno della scienza. Essa sarebbe vuota e sterile in quanto la filosofia è una presa di posizione ma non si può pensarla senza presa di possesso. Nonostante ciò possiamo maturare e affermare che filosofia e scienza sono sulla stessa via e che il maggior contrasto fra di loro sia la velocità di progressione della scienza rispetto alla filosofia.
LEZIONE 2 DOMANDA 3. Si parli del Rosmini.
Antonio Rosmini Serbati fu un filosofo e teologo di grandissima fede. La sua filosofia rivendica l'oggettività e si ispira a Sant'Agostino e quindi a Platone. Egli si avvicina ai valori moderni, cerca di combatterli in nome della dottrina cattolica, ma nel contempo si avvicina ad essi in particolare con il kartismo. Nella sua opera compie un lavoro di valutazione e
analisi delle principali questioni filosofiche, ma lo fa in Filosofia del diritto, chiave giuridica. Egli inoltre dedicò altre opere in ambito sociale, politico, ma anche sacerdotale. Antonio Rosmini Serbati, guarda il diritto nel suo aspetto soggettivo e lo collega alla morale; questo pensiero di legge morale, fa emergere la essa costituisce il mezzo per evitare l'individualismo empiristico degli persona, illuministi, figura che per loro non aveva valore etico. Secondo il Rosmini invece, la figura di persona ha valore etico, senza cessare di essere individualità. Il valore morale di una persona, comporta che anche altri soggetti abbiano il dovere del pari morale di rispettarla, ed è così che nasce il diritto a parer di Rosmini. Viene così capovolta la prospettiva settecentesca secondo cui i doveri derivino dai diritti. LEZIONE 3 DOMANDA 3. Si parli di Mazzini. Anche se il suo pensiero non è incentrato sulla filosofia, il suo scritto dove si parla ancheI doveri dell'uomo, di diritti risulta di particolare interesse. Egli antepone all'idea del diritto, l'idea del dovere, affermando che anche se l'idea dei diritti dell'uomo abbia trionfato quasi dappertutto, le condizioni di vita del popolo non abbiano subito alcun miglioramento. Il Mazzini non nega che non vi siano diritti, ma pone il problema di conciliare e armonizzare i diritti di ogni individuo con quelli di un altro, per fare in modo che, conquistati i propri diritti, non si calpestino quelli altrui. Questo, egli sostiene, è un problema di educazione il cui principio è il dovere, da cui i diritti derivano.
LEZIONE 4 DOMANDA 4. Si parli di Nietzsche.
Federico Nietzsche giunge a conclusioni a proposito di diritto e stato, non lontane dall'anarchismo stirneriano. Negatore dei valori tradizionali, esalta come virtù tutto ciò che è affermazione dell'uomo creando così, la figura del "superuomo".
Contrapponendo la morale comune (morale del gregge) all'amorale del "superuomo". Tutto ciò ha per prezzo la negazione non solo della società e della razionalità, ma anche del diritto, perché esso è strumento di, appunto, razionalizzazione della vita sociale. Solo ponendosi al di fuori della società e contro di essa il superuomo può ritrovare la sua vocazione.
Secondo Nietzsche i diritti risalgono a un'usanza legata ad un accordo, diventata poi costrizione, e che il diritto di altri è la concessione di potenza; quando la nostra potenza viene scossa, i nostri diritti vengono meno e per contro, quando la nostra potenza aumenta, vengono meno i diritti degli altri. Il suo pensiero risulta fin troppe volte contraddittorio, se da un lato afferma che lo Stato e la società rappresentano l'immoralità organizzata, dall'altro egli afferma di poter accontentarci di diritti arbitrari, concessi da.
Un'imposizione del diritto, riconoscendo che proprio questo esprima la necessità di un diritto.
LEZIONE 5 DOMANDA 3. Si parli di Tolstoj.
Leone Tolstoj fonda il suo pensiero religioso-sentimentale sulla negazione del diritto, e fa della comunione, cioè società eretta dall'amore, la sua più grande aspirazione. Egli si ispira al cristianesimo primitivo, ed è proprio da questo che deriva la sua convinzione che la società debba essere fondata sull'amore.
LEZIONE 6 DOMANDA 5. Il formalismo giuridico.
Il comunemente chiamato positivismo giuridico è formalismo. Il formalismo, però, era tutt'altro che positivo; le sue origini sono giusnaturalistiche e kantiane e quindi appartenenti alla scuola filosofica tedesca il cui metodo si era insinuato anche nelle opere della scuola storica. Già all'ora vi era stata un'aspirazione a fare della conoscenza del diritto un sistema ponendo una connessione logica,
successivamente, nei giuristi del secondo Ottocento, vi fu il forte desiderio di fare della giurisprudenza una scienza, in quanto la scienza in quel periodo aveva trionfato in campi sociali come la religione e la filosofia. I primi ad ideare la "teoria generale del diritto" furono i giusnaturalisti wolfiani Nettebladt e Putter, permettendo uno studio del diritto positivo in una parte generale, mettendo in ordine logico tutti quei concetti e proposizioni generali. Da questo lavoro elaborarono concetti come: soggetto di diritto, diritto soggettivo, atto giuridico e così via. Questo lavoro di costruzione logica del diritto positivo fu continuato da diversi giuristi di ispirazione kantiana. Ricordiamo fra questi Bernardo Windscheid che affermò la sua convinzione che il diritto positivo-romano fosse "ratio scripta", razionalità scritta. Ad una teoria formale giunse Austin, per via empiristica comparando dati affini; ma se all'inizio essa siConsidero una teoria positivistica, finché per confluire nell'indirizzo formalistico di Nettebladt e Putter.
LEZIONE 7 DOMANDA 4. Il pensiero di Jhering.
Il Jhering è uno dei maggiori esponenti della giurisprudenza dei concetti, egli a causa di una crisi di pensiero nella sfera giuridica, sfocerà nel positivismo; nega completamente il "falso positivismo", ossia il formalismo, e la sua concezione si basa su un positivismo effettivo legato alla realtà delle cose, alla realtà sociale. Si nota quindi che Jhering è inizialmente concorde con il pensiero logico-sistematico, ma successivamente egli lo abbandona attribuendogli le difficoltà riscontrate dello studio del diritto romano, in quanto, sempre secondo il Jhering, esso invece di cercare "la giustificazione o necessità storica, pratica od etica" degli istituti "cerca di mettere in evidenza la necessità logica, ricorrendo a punti di vista"
"escogitati soltanto perquesto scopo” . il Jhering non abbandona però il ne positivismo filosofico ne il principio di statualità deldiritto, egli vede nello Stato lo strumento di massima forza, che è fonte di diritto, il quale viene ad essere“politica della forza” o “forza regolata”, e afferma il suo pensiero che il diritto sia un continuo divenire e cherichieda un continuo sforzo da parte dell’uomo per la sua affermazione e ne richieda anche una difesa delsuo stesso opposto ossia il torto.
LEZIONE 8 DOMANDA 4. Il pensiero di Ehrlich.
I giuristi precedenti avevano osservato il dritto sotto un aspetto sociologico, ma una specifica sociologia deldiritto non si era mai posta in mano. Ehrlich fu il primo esponente del diritto libero ed il primo a scrivere disociologia giuridica in senso preciso. Egli fa riferimento a quest’ultima affermando che lo studio di essa, nondeve occuparsi solo e soltanto delle leggi e delle sentenze dei giudici,
ma a quello che Ehrlich chiama "diritto vivente", cioè alla norme realmente osservate dagli appartenenti ad un ordinamento sociale edesso deve essere punto di riferimento per i giuristi. In un articolo per una rivista italiana pubblicato primadella sua morte Ehrlich, ritiene che il diritto tragga origine primariamente dalla società e che la normagiuridica sia da questa condizionata "Essa n on può sorgere se già nella società non siano sorti degli istituti acui essa si riconnette", inoltre essa è applicabile fin quando rimanga il presupposto sociale. L'idea che ildiritto sorga da gruppi sociali al di fuori dello stato era in contrasto con quella fino a quel momento valida,ossia della giuridicità del solo ordinamento dello Stato, ed è proprio per questo che venne coltivata da ungran numero di giuristi, la sociologia prese le fattezze di una scienza autonoma.Gierke. Otto Von Gierke studioso del dritto germanico e grande sostenitore del valore di quest'ultimo, mise in lucela struttura corporativa radicata nella Germania medievale in cui la società era formata da ceti o classi articolati in comunità corporative. Nella sua opera "Il diritto tedesco delle corporazioni", Gierke elaborò una dottrina di un diritto sociale in cui lo Stato è un organismo, e il diritto norma è limite al suo potere sovrano. Egli esprime il diritto come un prodotto della comunità dotato di "forza interiore" indipendente dalla forza esteriore dello Stato; inoltre il diritto oltre che forma è contenuto e ne deriva che lo Stato non può separare il comando dal suo contenuto. Seguendo il pensiero antivididualistico e storicista di Gierke, il diritto naturale è tutto ciò precede il diritto positivo come espressione della conoscenza sociale e le norme sono intese come proposizioni.
utilizzava il metodo critico-trascendentale di Kant per analizzare il diritto e la giustizia. Stammler sosteneva che il dovere non può essere considerato come un'obbligazione assoluta e incondizionata, ma deve essere valutato in relazione alle circostanze e alle conseguenze delle azioni. Secondo Stammler, il dovere ha dei limiti che dipendono dalla ragione e dalla moralità. Inoltre, egli sottolineava l'importanza del potere dello Stato nel garantire l'applicazione del dovere e nel creare le condizioni per una società giusta.