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DIRITTO DELL’EDILIZIA E DELL’URBANISTICA
APERTE
Lezione 009
02. Cosa sono le salvaguardie del P.R.G. e quando si applicano?
L’art. 12 del DPR n. 380 del 6/6/2001 (T.U. dell’edilizia) prevede che nel caso di Piani Regolatori Generali
adottati è obbligatoriamente sospesa la determinazione in ordine a richiesta di titoli edilizi qualora la
disciplina del Piano adottato contrasti in modo limitativo con la disciplina del PRG vigente. Il quarto comma
dell’art. 12 citato, prevede anche la possibilità per il Sindaco di richiedere al Presidente della Giunta
Regionale un provvedimento motivato per ordinare la sospensione di interventi di trasformazione
urbanistica ed edilizia in corso quindi assistiti da formale titolo abilitativo rilasciato prima della adozione del
nuovo PRG – e siano tali da compromettere o rendere più onerosa l’attuazione del nuovo strumento
urbanistico generale. Le misure di salvaguardia hanno però un’efficacia limitata nel tempo poiché sempre
l’art. 12 richiamato limita a 3 anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico la vigenza di queste
misure che possono arrivare fino a 5 anni nell’ipotesi in cui lo strumento urbanistico sia sottoposto
all’Amministrazione competente alla approvazione entro un anno dalla conclusione della fase di
pubblicazione.
03. Illustra la disciplina e il procedimento per le varianti al PRG e individua alcuni casi. I Comuni possono
sempre ritenere di adottare varianti al PRG o un nuovo Piano Regolatore Generale purché questo sia
ovviamente dettato da esigenze di interesse pubblico, per le varianti è previsto il medesimo procedimento
della formazione del PRG mentre per le varianti minori le Leggi Regionali devono prevedere nella
legislazione locale mediante procedure semplificate per l’approvazione delle stesse, ovviamente anche nelle
varianti semplificate stabilite dalla legislazione regionale deve essere garantita come per la formazione del
PRG la pubblicità e partecipazione.
Vi sono molte ipotesi di varianti parziali dettate da esigenze specifiche, introdotte e disciplinate sia da Leggi
statali che dalla specifica normativa regionale come ad esempio le varianti introdotte dagli accordi di
programma oppure i programmi integrati di intervento che possono costituire anche variante parziale al
Piano di Governo del Territorio così come i programmi di recupero urbano con le varianti affidate allo
sportello unico per nuovi insediamenti produttivi
Lezione 012
01. Parla della tecnica perequativa e sue finalità.
la perequazione è una tecnica urbanistica volta ad attribuire un valore edificatorio uniforme a tutte le
proprietà che possono concorrere alla trasformazione urbanistica di uno o più ambiti del territorio comunale
prescindendo dall'effettiva localizzazione della capacità edificatoria sulle singole proprietà e dalla
imposizione di vincoli di inedificabilità apposti al fine di garantire all'amministrazione la disponibilità di spazi
da destinare ad opere collettive.
02. Le finalità della perequazione e sua attuazione pratica.
La finalità della perequazione urbanistica è quella di ripartire fra i proprietari gli oneri e i vantaggi connessi
alle esigenze di standard e infrastrutturazione del territorio comunale, evitando gli effetti discriminatori insiti
nell'imposizione di specifici vincoli espropriativi.
03. Dopo aver descritto brevemente la perequazione e la compensazione, illustrane le differenze.
Mediante la parequazione, avviene la cessione compensativa, al privato titolare dell’area da espropriare, a
cui è destinato un corrispettivo «in volumetria (diritto edificatorio) o in aree in permuta (anziché in denaro,
‐
come avverrebbe tanto nel caso in cui l’area fosse acquisita bonariamente quanto nel caso in cui venisse
espropriata) Mediante la compensazione il pianificatore impone il vincolo espropriativo su aree private, che
sono destinate alla costruzione della città pubblica, rispetto ai quali l’amministrazione non può rinunciare a
priori al vincolo ed alla facoltà imperativa ed unilaterale di acquisizione coattiva delle aree
Lezione 013
06. Parla della previsione della distanza tra fabbricati con pareti finestrate e specifica i casi in cui è
obbligatoria la distanza imposta dalla legge e se esistono deroghe.
la distanza di 10 metri tra le pareti finestrate di edifici antistanti, va rispettata in tutti i casi, trattandosi di
norma volta ad impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico sanitario, e quindi non
è eludibile. In deroga sono ammesse distanze inferiori nel caso di gruppi di edifici in z.t.o “a” che formino
parte di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni plano volumetriche, o di edificio
appartenente allo stesso proprietario
07. Gli standard urbanistici: enunciali e in particolare parla delle urbanizzazioni.
Gli standard urbanistici rappresentano i rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali
e gli spazi pubblici riservati alle attività collettive, all'edilizia scolastica, come aree per l'istruzione, aree per
attrezzature di interesse comune, a verde pubblico o a parcheggi.
Servono garantire a tutta la popolazione una dotazione minima di standard urbanistici: rapporti massimi tra
spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al
verde pubblico o a parcheggi
quantità minime di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi da
osservare in rapporto agli insediamenti residenziali
limiti di densità edilizia
limiti di altezza degli edifici
limiti di distanze tra i fabbricati
In tutti i comuni, ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti,
devono essere osservati tali limiti. Tali valori sono inderogabili e le Regioni possono prevedere adeguamenti
solo in aumento, mai in diminuzione.
Lezione 014
02. Nel caso di demolizione di un vecchio fabbricato posto a meno di 10 mt da un altro fabbricato, nella
ricostruzione a che distanza bisogna stare se l'edificio da costruire ha la parete finestrata? Illustra e
giustifica la risposta
Il codice civile impone la distanza minima di 5 mt dal confine, e cmq 10 mt tra i due fabbricati. Questo è stato
stabilito al fine di evitare la creazione di veduta su proprietà di terzi, che per evitare la nascita di zone
insalubri, che non permettono un’adeguata aerazione degli ambienti dei due fabbricati
Lezione 015
04. La dotazione di spazi pubblici nel P.R.G. Le previsioni del D.M. n. 1444/68, finalità e possibilità di
incrementare la dotazione.
Il DM fissa alcuni limiti per garantire a tutta la popolazione una dotazione minima di standard urbanistici:
rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle
attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi. Definisce inoltre le arie ZTO del PRG, e stabilisce distanze
tra fabbricati, e densità edilizia. Per gli insediamenti residenziali i rapporti massimi, tra gli spazi destinati agli
insediamenti residenziali e gli spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi,
sono fissati in misura tale da assicurare per ogni abitante, insediato o da insediare, la dotazione minima,
‐
inderogabile, di mq 18 per spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio,
con esclusione degli spazi destinati alle sedi viarie.
Lezione 017
02. Parla dei vincoli urbanistici (natura, finalità, limiti) e spiega cosa accade nel caso di loro scadenza. La
proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i
limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale di renderla accessibile a tutti.
Non va confuso con le limitazioni alla proprietà che comunque lo strumento urbanistico generale disciplina.
In quest’ultimo caso si tratta di limitazioni conformative costituenti la normale disciplina della edificazione
dei suoli che però non sopprime la possibilità edificatoria dell’area ma introducono specifiche prescrizioni o
limiti in base alle altezze, alla volumetria, alle distanze, agli usi, ecc.
I vincoli espropriativi o di inedificabilità, invece, sopprimono sostanzialmente la possibilità
edificatoria dell’area e quindi compromettono anche il valore della stessa.
03. Parla dei vincoli urbanistici, loro finalità, incidenza sul diritto di proprietà, durata, reiterazione. I
vincoli urbanistici, non limitano la proprietà, ma servono a disciplinare l’utilizzo del territorio, per la tutela
dello stesso. Possiamo quindi avere vincoli finalizzati alla espropriazione in favore di enti pubblici per la
realizzazione di opere pubbliche o a salvaguardia o comunque di interessi generali, vincoli di inedificabilità
assoluta giustificati sempre per altre esigenze di carattere generale e vincoli cosiddetti procedurali. I vincoli
hanno durata di 5 anni e in quel periodo non danno diritto a nessun indennizzo. Decorsi 5 anni qualora non
intervenga la espropriazione vi è la decadenza del vincolo. Va puntualizzato che non bisogna confondere il
vincolo espropriativo con la prescrizione dello strumento urbanistico della non edificabilità di una
determinata area senza previa adozione di uno strumento urbanistico attuativo, trattandosi di un mero
esercizio del potere di conformazione del diritto edificatorio. Va peraltro aggiunto che se il PRG prescrive la
necessità di una preventiva adozione di un piano attuativo di esclusiva iniziativa pubblica, per una specifica
area, questa di fatto si configura come vincolo espropriativo poiché in mancanza dell’intervento
dell’Amministrazione al privato è impedita la possibilità dello sfruttamento edificatorio per cui si ha una
sorta di vincolo urbanistico che rende impossibile e quindi inutilizzabile il diritto edificatorio connaturato al
diritto di proprietà e alla previsione urbanistica. Non è vietato consentire ad un nuovo PRG o ad una sua
variante di reiterare il vincolo espropriativo che sia decaduto. Però la reiterazione deve essere
specificamente motivata, evidenziando la necessità e quindi la effettiva realizzazione dell’opera pubblica a
cui il vincolo è destinato. Una volta che il vincolo decade, sostanzialmente quell’area rimane priva di una
specifica disciplina ossia la cosiddetta zona bianca. In questi casi è proprio la stessa legge che prevede che
per le aree che si trovano in zona A si possono eventualmente fare solo lavori manutentivi conservativi agli
edifici esistenti mentre per le aree all’esterno del perimetro edificato si possono comunque realizzare
interventi residenziali par