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DOMANDE A RISPOSTA BREVE:

Gruppo 1

1. Guardare i microrganismi: dai primi microscopi di Hooke e Van Leeuwenhoek alla

colorazione di Gram

Lo studio dei microrganismi inizia nel XVII secolo con l’invenzione del microscopio. Robert

Hooke, nel 1665, fu il primo a osservare strutture microscopiche nei tessuti vegetali e a

coniare il termine “cellula”, sebbene non avesse visto microrganismi veri e propri. Pochi

anni dopo, Antonie van Leeuwenhoek, grazie alla costruzione di microscopi a lente

singola, osservò per la prima volta batteri, protozoi e spermatozoi, che chiamò

“animalcula”. Le sue descrizioni dettagliate segnarono l’inizio della microbiologia

osservazionale

Nel corso del XIX secolo, con lo sviluppo della teoria germinale delle malattie e dei

microscopi composti, la microbiologia divenne una scienza sperimentale. Pionieri come

Louis Pasteur e Robert Koch utilizzarono tecniche di coltura e colorazione per isolare e

identificare agenti patogeni. Tuttavia, la visualizzazione dei batteri al microscopio

richiedeva un miglioramento dei contrasti

Fu così che nel 1884 il medico danese Hans Christian Gram sviluppò una tecnica di

colorazione differenziale che permetteva di distinguere i batteri in Gram-positivi e

Gram-negativi sulla base della composizione della parete cellulare. La colorazione di Gram

prevede l’uso di violetto di cristallo, iodio, un decolorante (alcol o acetone) e una

controcolorazione (solitamente safranina): i Gram-positivi trattengono il violetto e

appaiono viola, mentre i Gram-negativi si decolorano e appaiono rosa. Questa tecnica è

ancora oggi fondamentale in microbiologia clinica per l’identificazione batterica rapida e la

scelta dell’antibiotico

2. La disputa sulla generazione spontanea: gli esperimenti di Spallanzani e Pasteur

Per secoli si pensava che la vita potesse nascere spontaneamente dalla materia in

ma questa teoria fu confutata da esperimenti scientifici. Spallanzani bollì

decomposizione,

del brodo e dimostrò che se conservato in un’ampolla chiusa restava limpido e senza vita,

mentre quello aperto si intorbidiva per la crescita di microrganismi. Pasteur perfezionò

l’esperimento usando un collo di cigno che permetteva il passaggio dell’aria ma non delle

particelle. Dimostrò che il brodo rimaneva sterile finché non entrava in contatto con polveri

o microrganismi presenti nell’aria, provando così che la vita nasce solo da altra vita

3. Lo sviluppo delle tecniche di base per la crescita e l’isolamento dei microrganismi nel

XIX secolo

Dopo la fine della teoria della generazione spontanea, i microbiologi iniziarono a

sviluppare tecniche per isolare e coltivare i microrganismi. Robert Koch utilizzò per primo la

gelatina e poi fette di patata per far crescere le colonie, sul fallimento di Koch in quanto

serviva un terreno solido e non liquido come le patate, Walter Hesse introdusse l’agar

come agente solidificante e Julius Petri inventò le capsule di Petri. Queste tecniche

permisero di ottenere colture pure e osservare il comportamento dei microrganismi in

laboratorio.

4. I postulati di Koch e la loro versione “molecolare”

Nel 1876, il microbiologo tedesco Robert Koch formulò i suoi postulati, un insieme di criteri

che stabilivano come attribuire una malattia infettiva a un microrganismo specifico. I quattro

postulati di Koch sono i seguenti:

1. Il microrganismo deve essere presente in tutti gli individui malati e assente in

quelli sani.

2. Il microrganismo deve essere isolato dal corpo dell'ospite malato e coltivato in

coltura pura

3. Il microrganismo coltivato deve causare la malattia quando inoculato in un

organismo sano

4. Il microrganismo deve essere reisolato dall'ospite infettato e identificato come

identico a quello originale

Questi postulati furono un passo fondamentale nel collegare i microrganismi alle malattie, ma

la loro applicazione è stata messa in discussione quando si è osservato che alcuni patogeni

non potevano essere isolati in colture pure, come nel caso di virus o micobatteri che non

crescono facilmente su terreni di coltura.

Oggi grazie alla biologia molecolare, questi postulati sono stati adattati: il gene della virulenza

deve essere presente nei patogeni, la sua disattivazione deve ridurre la virulenza e la sua

reintroduzione deve ripristinarla. Questo ci permette di collegare specifici geni alla

patogenicità di un microrganismo

5. Descrivere la colonna di Vinogradskij

è un dispositivo sperimentale sviluppato dal microbiologo russo Sergej Vinogradskij,

progettato per isolare e studiare i microrganismi in grado di svolgere processi di

chemiolitotrofia (utilizzare composti inorganici come fonte di energia) e autotrofia

(utilizzare anidride carbonica come fonte di carbonio).

Il principio di funzionamento della colonna è basato sulla separazione dei microrganismi

in un liquido nutritivo contenente composti inorganici che favoriscono la crescita di

batteri con specifiche capacità metaboliche. La colonna è costituita da un contenitore

verticale, di solito di vetro, riempito con un brodo nutritivo contenente sali inorganici. La

parte superiore della colonna è sigillata, mentre la parte inferiore è esposta all’aria o ad altri

gas contenenti composti inorganici, come idrogeno o anidride carbonica. Nella parte

bassa troviamo quindi batteri fermentativi e solfato riduttori, salendo ci sono batteri

fotosintetici anossigenici che usano H2S, poi batteri chemiolitotrofi in zona microaerofila e

infine in alto quelli aerobici e fototrofi ossigenici.

L’innovazione principale della colonna di Vinogradskij è che permette di osservare e

studiare i microrganismi autotrofi che non necessitano di una fonte di carbonio organico,

ma utilizzano composti inorganici o gas atmosferici per la fotosintesi o per altri processi

metabolici.

Gruppo 2

1. Il contributo di Carl Woese alla sistematica e alla filogenesi molecolare

Il biologo statunitense Carl Woese ha rivoluzionato la microbiologia e la biologia evolutiva

introducendo il concetto moderno di filogenesi molecolare basata sull’analisi dell’RNA

ribosomiale 16S, una molecola altamente conservata in tutti gli organismi viventi. A partire

dagli anni ’70, Woese comprese che studiando le sequenze nucleotidiche del gene

dell’rRNA 16S, era possibile confrontare organismi tra loro molto diversi e ricostruire le

relazioni evolutive su basi genetiche anziché morfologiche o metaboliche.

Grazie a questa intuizione, Woese scoprì l’esistenza di un terzo dominio della vita, distinto

da batteri ed eucarioti, che denominò Archaea. Fino ad allora, si pensava che tutti i

procarioti fossero inclusi nel regno dei Bacteria, ma Woese dimostrò che gli Archaea

avevano una storia evolutiva separata e caratteristiche genetiche e biochimiche

profondamente diverse, più affini agli Eukarya che ai Bacteria. Questa scoperta portò alla

creazione del sistema a tre domini: Bacteria, Archaea ed Eukarya, che sostituì

definitivamente il sistema a cinque regni proposto da Whittaker.

Il lavoro di Woese ha anche segnato l’inizio della filogenesi molecolare, ovvero la

ricostruzione degli alberi evolutivi sulla base delle sequenze geniche, un approccio che ha

reso possibile classificare i microrganismi in modo oggettivo, anche quelli non coltivabili in

laboratorio. Questo ha trasformato la sistematica, spostandola da un sistema fenotipico a

uno genotipico, e ha permesso lo sviluppo della moderna tassonomia molecolare.

L’approccio di Woese è alla base anche della metagenomica e di molte tecniche attuali

utilizzate per studiare la biodiversità microbica in ambienti complessi. Il suo contributo ha

quindi permesso di ridefinire le radici dell’albero della vita, migliorare la classificazione dei

microrganismi e comprendere più a fondo l’evoluzione della cellula

.

2. Le prime stromatoliti e la loro importanza nella evoluzione della vita

Le stromatoliti sono strutture sedimentarie stratificate di origine biologica formate

dall’attività di cianobatteri fotosintetici che, intrappolando sedimenti e precipitando

carbonato di calcio, generano strati concentrici visibili nella roccia. Le stromatoliti più

antiche conosciute risalgono a circa 3,5 miliardi di anni fa e rappresentano le prime

prove fossili di vita sulla Terra. Questi microrganismi erano capaci di fare fotosintesi,

inizialmente in forma anossigenica, e successivamente con la fotosintesi ossigenica. Questo

processo ha avuto un ruolo fondamentale nell’accumulo dell’ossigeno atmosferico,

modificando profondamente l’ambiente terrestre e creando le condizioni per lo sviluppo di

nuove forme di vita. Le stromatoliti sono quindi considerate una prova chiave dell’attività

biologica antica e del ruolo cruciale dei microrganismi nella storia evolutiva della Terra

3. Il metabolismo energetico delle prime forme di vita cellulare

Le prime cellule vive comparvero in un ambiente privo di ossigeno, quindi i loro metabolismi

erano anaerobici e sfruttavano molecole inorganiche ridotte come donatori di elettroni, in

particolare l’idrogeno molecolare H₂. L’energia veniva ricavata da reazioni chimiche come la

chemiolitotrofia, in cui sostanze come lo zolfo venivano usate come accettori di elettroni.

Questi metabolismi primitivi permettevano anche la fissazione del carbonio partendo dalla

CO₂, formando molecole organiche essenziali per la vita. In seguito si sviluppò la fotosintesi

anossigenica che utilizzava H₂S al posto dell’acqua e produceva zolfo come scarto. Solo molto

dopo comparve la fotosintesi ossigenica che trasformò radicalmente l’ambiente grazie alla

produzione di O₂. Tutti questi processi sono alla base dell’evoluzione dei metabolismi microbici

moderni

4. Selezione naturale e deriva genetica come motori dell'evoluzione

L’evoluzione microbica è guidata da due forze principali: la selezione naturale e la deriva

genetica e agiscono in modo diverso ma concorrono entrambi al cambiamento delle

frequenze alleliche all’interno di una popolazione nel tempo.

La selezione naturale, formulata da Charles Darwin, è un processo non casuale che

favorisce i microrganismi che possiedono tratti vantaggiosi per l’ambiente in cui vivono,

permettendo loro di sopravvivere e riprodursi più facilmente rispetto agli altri. Questo

porta gradualmente alla diffusione di quelle caratteristiche nella popolazione. La deriva

genetica invece è un processo casuale che comporta cambiamenti nelle frequenze geniche

anche in assenza di vantaggi selettivi, ed è particolarmente rilevante in piccole popolazioni

dove alcuni alleli possono andare persi o diventare predominanti semplicemente per caso.

Entrambi i meccanismi contribuiscono alla diversità genetica

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Scienze biologiche BIO/19 Microbiologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Villz di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Microbiologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Franzetti Andrea.
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