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RICORSO AVVERSO SILENZIO ART 117 CPA

il silenzio della pubblica amministrazione è un comportamento inerte che

si manifesta a fronte di uno specifico obbligo di provvedere, di emanare

un atto e di concludere il procedimento con l’adozione di un

provvedimento espresso entro il termine stabilito. L’ordinamento

distingue il silenzio in ipotesi legislativamente qualificate in senso

positivo (silenzio assenso), in senso negativo (silenzio diniego e silenzio

rigetto), in senso procedimentale (silenzio devolutivo) e ipotesi non

giuridicamente qualificate (silenzio inadempimento). Nei casi in cui la

legge non lo qualifica espressamente esso equivale ad un

inadempimento.

Il silenzio inadempimento, quindi, si concretizza allorquando l’inerzia

costituisce violazione ad un obbligo di provvedere a carico della P.A. ed

usando le parole del Consiglio di Stato il silenzio inadempimento riguarda

le ipotesi in cui, di fronte alla formale richiesta di un provvedimento da

parte del privato, costituente atto inziale di una procedura

amministrativa normativamente prevista per l’emanazione di una

determinazione autoritativa su istanza di parte, l’amministrazione,

titolare della relativa competenza, omette di provvedere entro i termini

stabiliti dalla legge; di conseguenza, l’omissione dell’adozione del

provvedimento assume il valore di silenzio inadempimento (o rifiuto)

solo nel caso in cui sussista un obbligo giuridico di provvedere, cioè di

esercitare una pubblica funzione attribuita normativamente alla

competenza dell’organo amministrativo destinatario della richiesta,

attivando una procedura amministrativa in funzione dell’adozione di un

atto tipizzato nella sfera autoritativa del diritto pubblico.

L’obbligo di provvedere di talché sussiste in primo luogo, nel momento in

cui vi sia una norma che attribuisca espressamente al privato il potere di

presentare una istanza, ma a ben vedere anche in assenza di una

esplicita previsione normativa la giurisprudenza si è orientata a

riconoscere l’esistenza di ulteriori ipotesi per le quali vige il citato

obbligo. In tal senso, da ultimo, il T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, n. 2293

del 2019 ha affermato che l’obbligo di provvedere da parte della pubblica

amministrazione (positivizzato in via generale dall’art. 2 della legge n.

241 del 1990) sussiste ove il procedimento consegua obbligatoriamente

ad un’istanza del privato ovvero debba essere iniziato d’ufficio, essendo

il silenzio rifiuto un istituto riconducibile a inadempienza

dell’amministrazione, in rapporto ad un sussistente obbligo di provvedere

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che, in ogni caso, deve corrispondere ad una situazione soggettiva

protetta, qualificata come tale dall’ordinamento, rinvenibile anche al di là

di una espressa disposizione normativa che preveda la facoltà del privato

di presentare un’istanza, e, dunque, anche in tutte le fattispecie

particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l’adozione

di un provvedimento ovvero tutte le volte in cui in relazione al dovere di

correttezza e buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il

privato una legittima aspettativa a conoscere, il contenuto e le ragioni

delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’amministrazione anche

perché affinché possa sussistere il silenzio dell’amministrazione non è

sufficiente che questa, compulsata da un privato che presenta una

istanza, non concluda il procedimento entro il termine previsto…ma è

necessario che essa contravvenga ad un preciso obbligo di provvedere

sull’istanza del privato, che sussiste non solo nei casi previsti dalla legge,

ma anche nelle ipotesi che discendono dai principi generali.

Tuttavia sono stati individuati pure dei casi in cui l’obbligo di adottare un

provvedimento non è configurabile, come ad esempio laddove il privato

invochi l’emanazione, da parte della P.A., di un atto di riesame in

autotutela di un precedente provvedimento autoritativo non impugnato.

Sul punto il Consiglio di Stato ha previsto che il potere di autotutela

soggiace alla più ampia valutazione discrezionale dell’amministrazione

competente e non si esercita in base ad un’istanza di parte avente al più

portata meramente sollecitatoria e inidonea, come tale, ad imporre alcun

obbligo giuridico di provvedere, con la conseguente inutilizzabilità del

rimedio processuale previsto avverso il silenzio inadempimento, nonché

quando all’amministrazione sia stata chiesta l’adozione di una attività

materiale e non già di un provvedimento ed in caso di omessa adozione

di atti normativi infatti, (T.A.R. Lazio, Roma, sez. III n. 500 del 2019) il

silenzio inadempimento non può essere utilizzato per costringere le

amministrazioni intimate all’adozione di un decreto ministeriale, cui fa

riferimento una disposizione normativa, costituendo esso un atto di

natura normativa. Per pacifica giurisprudenza infatti, è esclusa, ai sensi

dell’art. 7, comma 1, ultimo periodo del codice del processo

amministrativo, la possibilità di sindacare con lo speciale rito del silenzio

la mancata adozione, da parte degli organi titolari del relativo potere, di

atti normativi (leggi, atti aventi forza di legge, regolamenti) venendo in

rilievo ambiti nei quali l’amministrazione esprime scelte di natura

politica.

Rimedi contro il silenzio inadempimento

A fronte del silenzio inadempimento vi sono due rimedi e più

precisamente agire in via amministrativa, dando attuazione al contenuto

di cui all’art. 2 della legge n. 241 del 1990 e procedere in via

giurisdizionale ai sensi del combinato disposto degli artt. 31 e 117 del

d.lgs n. 104 del 2010 (codice del processo amministrativo).

Il comune denominatore per poter procedere è indissolubilmente legato

alle tempistiche procedimentali.

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il termine per la conclusione del procedimento amministrativo è di regola

30 giorni sia per le amministrazioni statali che per gli enti locali a meno

che non sia stabilito un diverso termine con legge o con diverso

provvedimento (art. 2, comma 2 della legge n. 241 del 1990). Le

amministrazioni statali possono individuare termini non superiori a 90

giorni per la conclusione del procedimento attraverso uno o più decreti

del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato, ai sensi dell’art. 17,

comma 3 della legge n. 400 del 1988, su proposta dei ministeri

competenti e di concerto con i ministeri della pubblica amministrazione,

l’innovazione e per la semplificazione normativa. Allo stesso modo gli

enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini

non superiori a 90 giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti

di propria competenza (art. 2, comma 3). In presenza di determinati

presupposti, sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell’organizzazione

amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della

complessità del procedimento, per la conclusione del procedimento di

competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali il

termine di 90 giorni può essere esteso fino ad un massimo di 180 giorni

mediate decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato su

proposta anche dei ministri della pubblica amministrazione e

l’innovazione e per la semplificazione normativa, con esclusione,

comunque, dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di

quelli riguardanti l’immigrazione.

Di sicuro interesse per la materia de qua è il comma 6 il quale prevede

che i termini di conclusione del procedimento decorrono dall’inizio del

procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, se il

procedimento è ad iniziativa di parte sancendo il comma 7 che salvo il

disposto dell’art. 17 i termini possono essere sospesi, per una sola volta

e per un periodo non superiore a 30 giorni, al fine che via sia

l’acquisizione di informazioni o di certificati relativi a stati, fatti o qualità

non attestanti in documenti già in possesso della P.A. e non direttamente

acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni.

Ai sensi dell’art. 9 bis, nella circostanza in cui subentri l’inerzia della P.A.

attraverso il silenzio non qualificato e quindi inadempimento, l’istante si

potrà rivolgere al soggetto cui è attribuito il potere sostitutivo in caso di

inerzia da parte dell’amministrazione procedente. Infatti, l’organo di

governo deve, nell’ambito delle figure apicali dell’amministrazione,

individuare il soggetto in questione e nell’ipotesi in cui ciò non avvenga

tale potere è di competenza del direttore generale, in mancanza di

quest’ultimo è di competenza del dirigente preposto all’ufficio ed in

ultima istanza al funzionario più elevato di livello all’interno

dell’amministrazione. E’ bene affermare, altresì, che per ciascun

procedimento deve essere riportato sul sito web dell’amministrazione in

modo ben visibile nella home page chi sia il soggetto a cui è conferito il

potere sostitutivo.

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Decorso il termine per la conclusione del procedimento il privato può

rivolgersi al “responsabile della tempistica” il quale entro un termine pari

alla metà di quello previsto conclude il procedimento o procede con la

nomina di un commissario.

Descritto il rimedio amministrativo, come poc’anzi affermato, vi è pure

quello giurisdizionale. La materia è trattata in due articoli e più

precisamente nel 31 e nel 117 del c.p.a.

Il ricorso avverso il presente silenzio non costituisce un’azione

impugnatoria ma dichiarativa e di condanna ed è esperibile solo contro il

silenzio in questione poiché, così come chiarito in giurisprudenza oggetto

del giudizio speciale introdotto dall’art. 21 bis della legge n. 1034 del

1971 è costitutito dall’inerzia dell’amministrazione, non diversamente

qualificata dalla legge, a fronte dell’obbligo di rispondere ad un’istanza

che sollecita l’esercizio di poteri procedimentali tipizzati.

Conseguentemente, si esclude l’ammissibilità del ricorso al rito speciale

in tutte le ipotesi di silenzio qualificato (silenzio assenso-silenzio diniego)

nelle quali l’omissione è legalmente equiparata ad un provvedimento

espresso…sebbene l’art. 2 della legge n. 205 del 2000 (che ha introdotto

l’art. 21 bis cit.) non indichi testualmente avverso quale tipo di silenzio il

ricorso sia proponibile, il nuovo rimedio processuale, funzionale ad una

condanna dell’amministrazione a provvedere, non si attaglia all’ipotesi

del silenzio significati

Dettagli
Publisher
A.A. 2024-2025
15 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sabrina.schi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto amministrativo processuale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Cagliari o del prof Dionigi Scano.