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Le fasi dell'analisi del DNA

Le fasi dell’analisi del DNA sono le seguenti:

  • Rimozione di contaminanti esogeni, inorganici, organici naturali o di sintesi o biologici
  • Pre-trattamento e diluizione iniziale
  • Rottura della membrana cellulare
  • Rimozione delle proteine cellulari ed extracellulari tramite idrolisi e/o denaturazione
  • Separazione del DNA puro

Si tratta di un processo fondamentale in ambito forense. Infatti, con l'introduzione delle Legge del 7 dicembre 2000, n° 397, inerente la disposizione in materia di indagini difensive (cosiddetto giusto processo), anche la difesa può avvalersi dell'ausilio di laboratori specializzati privati per condurre attivamente tali accertamenti, alla pari della parte inquirente.

Le circostanze aggravanti ed attenuanti: il peso della prova del DNA

Le circostanze nel diritto penale possono essere identificate come elementi accidentali, che non sono indispensabili per la configurazione del reato, ma la cui presenza comporta una modificazione della pena. Esse si distinguono in attenuanti quando la loro presenza determina una pena minore e aggravanti quando, invece, determinano una maggiore gravità del reato. Per quanto riguarda l’analisi del DNA, oggi questo ha assunto nell’attività investigativa un ruolo determinante. Nei vari reati si possono confrontare le prove rinvenute nel luogo in cui è stato commesso, vale a dire che è possibile confrontare le varie impronte genetiche del sospettato con la genetica ottenuta dalle tracce del materiale biologico (saliva, capelli, sperma ecc.).

L’analisi del DNA per fini forensi è diventato uno dei metodi di identificazione più frequentemente usati dai tribunali per risolvere diversi tipi di reati. Ad oggi, la valutazione del profilo genetico viene svolta con kit che hanno un minimo di 17 marcatori. Con questi, se il profilo genetico che deriva dall’analisi tecnica è privo di anomalie o fattori critici, è possibile identificare il profilo genetico ed anche calcolare il “grado di unicità” del profilo genetico all’interno della popolazione. Con i kit analitici oggi comunemente utilizzati – quelli a 17 marcatori – si è in grado di stimare l’unicità del profilo e, i calcoli biostatistici, consentono di arrivare a numeri ben oltre il miliardo. In termini agevoli, ciò significa che il profilo genetico riscontrato dall’analisi è “unico”, ovvero la probabilità casuale di trovare un soggetto con questo stesso profilo genetico (che non sia il donatore della traccia) è di 1 su svariati miliardi.

L'aplotipo del cromosoma Y in ambito forense

L’aplotipo del cromosoma Y (Y-STR) è un test genetico che serve ad identificare il corredo genetico di un individuo di sesso maschile, utilizzato nei casi di violenza sessuale, per la determinazione dell’eredità patrilineare e per la ricostruzione di linee parentali paterne. Si utilizza anche negli studi dell’evoluzione e della migrazione umana e nelle ricerche genealogiche. Il termine aplotipo identifica una serie di alleli (linkage disequilibrium) associati tra loro. Questa disposizione allelica permette di seguire il loro andamento nel corso delle generazioni in quanto, essendo in linkage, non ricombinano e vengono necessariamente ereditati insieme.

Nei casi di violenza sessuale, l’indagine sui marcatori Y-STR è fondamentale per discriminare il genotipo maschile da quello femminile nei campioni misti, prelevati dal corpo delle vittime. L’analisi dell’aplotipo Y trova riscontro nelle indagini di paternità, in cui il profilo del presunto padre viene messo a confronto con quello del figlio e della madre: in questo caso il figlio dovrà avere metà del corredo genetico della madre e metà del padre. I risultati possibili sono due: attribuzione di paternità o esclusione di paternità. La probabilità di paternità dipende dalla frequenza degli alleli paterni nella popolazione di riferimento. Attualmente la determinazione del profilo genetico si basa sull’utilizzo di un numero di loci STRs sufficienti ad ottenere una probabilità di paternità superiore al 99.999%.

Esistono due individui con DNA identico

La possibilità che due persone abbiano lo stesso DNA esiste nella teoria, tuttavia nella realtà è praticamente impossibile che si verifichi questo evento. Vediamo perché. Il DNA è formato da tre elementi basilari: acido fosforico, desossiribosio e basi azotate (adenina, guanina, timina e citosina). Le basi legate tra loro compongono dei filamenti antiparalleli che vanno a formare una catena costituita da circa 3 miliardi di coppie di basi uguali a due a due. Considerando il numero totale delle coppie di elementi la probabilità di avere due DNA identici è pari ad 1 su 46 miliardi. Questa probabilità aumenta lievemente tenendo in considerazione che solo lo 0.1% di tutte le regioni del DNA è diverso da un individuo all’altro, cosicché la probabilità finale sarà di 1 su 46 milioni, un numero praticamente prossimo allo zero.

DNA molto simili sono quelli tra gemelli omozigoti (o monovulari), i quali presentano la stessa sequenza genetica. Nonostante ciò, essa funziona diversamente e varia a seconda dei fattori epigenetici, ovvero geni che vengono attivati o disattivati nel corso della vita, in base all’ambiente, alle abitudini e alle emozioni provate da ciascuno dei due individui. Ne consegue che, anche nel caso dei gemelli, il DNA non è mai praticamente identico.

Interpretazione elettroferogrammi

Il metodo fu messo a punto da Senger nel XIX secolo. Si adoperano marcatori fluorescenti di 4 colori diversi che si legano ai nucleotidi delle basi azotate. Si chiama metodo dell’interruzione della catena. Il profilo genetico di un determinato campione biologico è raffigurato da un elettroferogramma che rappresenta una raccolta di picchi elettroforetici corrispondenti ai genotipi che caratterizzano ogni locus investigato. Nella tecnica del finger printing i picchi vengono tramutati in un formato numerico. La sequenza che si ottiene è quella complementare a quella ricercata. Sono state sviluppate delle linee guida per l’interpretazione dei profili genetici ottenuti.

  • Assicurarsi di disporre di una buona matrice con cui analizzare i campioni in modo da evitare la comparsa di picchi di un determinato locus anche nei colori diversi da quello del fluorocromo con cui risulta marcato, ogni locus deve presentare almeno due picchi in un profilo non misto
  • Stabilire un valore minimo per l’altezza dei picchi da considerare alleli, cosicché tutti i picchi al di sotto di tale valore verranno considerati quale rumore di fondo
  • Gli alleli del campione non devono differire in tagli di più di 0.5 bp dal corrispondente allele contenuto nel ladder, in modo da non essere considerati come OL (off-ladder)
  • L’elettroferogramma deve mostrare picchi bilanciati, cioè di altezza comparabile (si calcola il rapporto tra l’altezza dell’allele più corto e quello più lungo)
  • Calcolare la percentuale massima di stutter prodotti ad ogni locus tramite il rapporto tra l’area dello stesso stutter e l’area del relativo allele (è necessario considerare una soglia minima del 15%)

Nonostante queste linee guida, l’interpretazione dell’elettroferogramma resta molto complessa. Se l’operatore evidenzia anche dei minimi dubbi in merito alla lettura ed interpretazione dei risultati è necessario procedere ad una seconda analisi: potrebbe essere sufficiente sottoporre un’altra quantità di campione ad elettroforesi capillare oppure ricominciare dalle fasi precedenti.

Come si imposta una relazione tecnica in ambito genetico

La relazione tecnica è un elaborato mediante il quale il biologo forense incaricato dell’accertamento scientifico, rende noto il lavoro svolto. Al suo interno vi è:

  • La descrizione dell’incarico affidato al biologo forense (si specificano gli accertamenti richiesti specificando anche su quali reperti effettuarli)
  • L’elenco dei reperti oggetto dell’analisi tecnico-biologica con indicazioni circa la gestione della catena di custodia
  • La descrizione dell'ispezione dei reperti con la descrizione delle caratteristiche morfologiche e strutturali delle tracce analizzate
  • L’elenco delle analisi effettuate per l’eventuale identificazione della natura biologica delle tracce in esame e per la tipizzazione dei polimorfismi STRs del DNA nucleare
  • I risultati dell’analisi con la loro relativa lettura ed interpretazione
  • Considerazioni sugli esiti ottenuti
  • Eventuale fascicolo fotografico
  • I riferimenti bibliografici

Occorre sottolineare che il biologo forense non viene chiamato ad effettuare le ricerche in prima persona ma deve valutare il lavoro svolto da altri commentando ed esprimendo il proprio parere. Egli fornirà un elaborato contenente:

  • Descrizione incarico
  • Considerazioni e discussioni sul lavoro svolto
  • Eventuali analisi biostatistiche dei risultati
  • Considerazioni conclusive
  • Riferimenti bibliografici

La lettura effettuata dal biologo forense servirà a minimizzare un approccio soggettivo alla interpretazione dei dati. La relazione tecnica prodotta dal biologo forense rappresenta una fonte di prova che acquisisce valenza probatoria sia nel procedimento penale che civile solo ed unicamente durante l’escussione testimoniale del testimone esperto (cross-examination). Inoltre, è interessante ricordare che l’indagine genetica deve essere inserita in un contesto investigativo e non possono sostituirsi ad esso. È fondamentale la contestualizzazione delle tracce esaminate. Ed ancora, il repertamento, ma soprattutto la conservazione e la catena di custodia devono essere osservati strettamente altrimenti i reperti potrebbero essere esclusi dalle fonti di prova.

Conservazione del reperto biologico

Massima accuratezza deve essere posta nel repertamento nel primo sopralluogo in quanto si tratta della scena del crimine meno contaminata. È fondamentale che gli incaricati della repertazione sulla scena del crimine siano dotati di tutti i presidi necessari per una corretta raccolta e conservazione delle tracce. Dovrebbero disporre di un KIT ALLESTITO pronto per le situazioni di emergenza utile a repertare senza contaminare i campioni biologici. Un kit-base dovrebbe comprendere: camice monouso, guanti in lattice (meglio nitrile), mascherina protettiva, cuffia copricapo, occhiali in plastica protettiva, provette e contenitori monouso, pinzette sterili incartate singolarmente, fogli di carta bibula sterile, bustine in carta e plastica sterili con possibilità di chiusura ermetica, etichette autoadesive, pennarello indelebile, targhette in cartone contrassegnate con le lettere dalla A alla Z e con numeri da 1 a 10, scotch adesivo in plastica e in carta. Ogni item dovrebbe contenere due unità di ogni dispositivo. È fondamentale fotografare il reperto prima della raccolta e dopo averlo sigillato.

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Scienze mediche MED/03 Genetica medica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher JonnyCampus di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Genetica forense e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica "e-Campus" di Novedrate (CO) o del prof Baldi Marina.
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