Estratto del documento

La Teoria economica del decentramento

(CAP 5)- Presentare le principali ragioni a sostegno del decentramento- Discutete ipotesi e implicazioni delle teorie di prima generazione- Delineate brevemente come si è evoluto il concetto di Stato nelle diverse teorie dalla primagenerazione a quelle successive.

Le principali ragioni a sostegno del decentramento sono:

  1. Ragioni ideologiche: il punto di riferimento ideologico è il principio di sussidiarietà con riferimento ai problemi della costruzione dell'Unione europea. Una sua formulazione può essere rintracciata nell'articolo 3B del Trattato dell'Unione del parlamento europeo. Esso afferma la priorità del ruolo delle comunità fondamentali che formano una società rispetto alle autorità centrali. Si tratta di un principio molto antico, profondamente radicato nella tradizione culturale cattolica. Questo principio è ora richiamato nella Costituzione

italiano all'articolo 118, riformato nel 2001.Il principio di sussidiarietà si suddivide in verticale se fa riferimento ad un ordinamento gerarchico delle comunità e dei livelli di governo; oppure in orizzontale se si vuole valorizzare il contributo che alla vita comunitaria possono dare una pluralità di istituzioni che operano tuttavia allo stesso livello gerarchico.

Ragioni politiche: a livello politico il decentramento accentua la partecipazione dei cittadini alle decisioni politiche e quindi rafforza la democrazia; consente di tenere conto di differenze nella composizione sociale; consente un controllo più stretto degli amministratori da parte dei cittadini (public choice).

Ragioni organizzative: il decentramento consente maggiori sperimentazioni ed innovazioni nelle modalità di offerta dei servizi collettivi e ciò può indurre miglioramenti di produttività per tutti.

I primi studi che sostengono l'esistenza di un

effetto positivo del decentramento fiscale sono nati nel periodo immediatamente successivo alla Seconda Guerra Mondiale, in risposta al problema del fallimento del mercato di fronte all'offerta dei beni pubblici, problema formalizzato rigorosamente da Samuelson (1954). Le teorie classiche si applicano nel caso dei beni pubblici che producono benefici confinanti all'interno di ciascuna giurisdizione. Il bene pubblico locale le cui caratteristiche di non rivalità e non escludibilità sono limitate territorialmente. Oltre alla presenza di beni pubblici locali, la teoria economica ha messo a fuoco altri due importanti schemi concettuali che sono rilevanti per spiegare l'articolazione territoriale dell'offerta dei servizi pubblici noti come: - Teorema del decentramento di Oates: fornisce una giustificazione teorica all'esistenza di diversi livelli di governo. In presenza di preferenze differenziate è sempre preferibile una soluzione che consenta

diverse articolazioni dell'offerta dei beni pubblici, rispetto a una soluzione uniforme.

Il meccanismo allocativi di Tiebout: la decisone su quanto produrre dei diversi beni pubblici locali e presa dai cittadini che votano con i piedi, cioè attraverso la mobilità fra comunità. L'applicazione di tale meccanismo porta alla stratificazione degli enti territoriali per il livello di reddito, nell'ipotesi che la domanda di servizi pubblici sia correlata positivamente con il reddito. Tale meccanismo implica però che le famiglie o gli individui rilevino le proprie preferenze spostandosi; le diverse località forniscano livelli diversi di servizi pubblici.

Oltre alle due teorie collegate alla spiegazione dell'articolazione territoriale, vi è un'ulteriore teoria che contribuisce alla spiegazione della dimensione ottimale degli enti locali studiata da Buchanan nel 1965. Tale teoria nota come Teoria dei club sfrutta l'analogia tra

Un club e un governo locale. La teoria si propone di spiegare da un punto di vista economico il funzionamento di istituzioni che sono formate da gruppi di individui accumunati dalle stesse preferenze per particolari attività e che mettono a disposizione dei membri un certo insieme di servizi. Uno dei principali problemi che si pone è la determinazione del livello ottimale della dimensione del governo locale tenendo presente che a determinare la dimensione di un ente concorrono due variabili: la popolazione della comunità e la quantità del servizio prodotta o il livello di attività. La sostanza di questa teoria è che per definire la dimensione ottimale di un ente locale è necessario determinare simultaneamente sia il livello della popolazione che il livello dell'attività realizzando una dimensione ottimale di entrambe. Il sacrificio marginale in termini di congestione derivante dall'aumento di un membro del club per il numero

Dei membri deve eguagliare il beneficio marginale di un'unità di servizio addizionale per il numero delle unità complessive.

10. Tratteggiate i limiti principali dell'uso del PIL come indicatore di crescita economica del paese: (SLIDE 4)

Il PIL esprime la produzione aggregata di un Paese, ossia la spesa di beni e servizi finali prodotta in una economia dalle relazioni che intercorrono tra i suoi agenti. Le prime critiche vengono sollevate dallo stesso elaboratore del PIL: Simon Kuznets (1934):

  • Il PIL tiene conto solamente delle transazioni in denaro e trascura tutte quelle a titolo gratuito, restano quindi escluse le prestazioni nell'ambito familiare oppure quelle attuate dal volontariato.
  • Non fornisce una misura della distribuzione del reddito all'interno della società, quindi non indica il livello di equità all'interno del Paese. Stati con PIL simile possono avere differenze notevoli in termini di distribuzione del reddito.
e quindi differenze enormi anche in termini di benessere.
  • Tratta tutte le transazioni come positive. In questo modo il PIL non fa distinzione tra le attività che contribuiscono al benessere e quelle che lo diminuiscono.

11. Discutete il tema della distribuzione del reddito e della ricchezza e quali principali disuguaglianze sono presenti nel nostro paese: (SLIDE 6)

Le caratteristiche principali della distribuzione del Reddito sono l'unità di riferimento e il tempo di riferimento. L'Unità di riferimento è la famiglia: i redditi devono essere aggiustati per tener conto delle differenze di bisogno, si utilizzano quindi dei deflatori (scale di equivalenza) per trasformare il reddito di famiglia con vari componenti in quello di una famiglia rappresentativa. Il tempo di riferimento è la base annua: ciò crea una maggiore variabilità rispetto al concetto di reddito basato sull'intero ciclo vitale che raccoglie la

utilizzano per calcolare il reddito equivalente il metodo dell'equivalenza di scala di OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) o il metodo dell'equivalenza di scala di Eurostat. - Scala di Bisanzio: è una scala di equivalenza basata sulle spese effettive delle famiglie. Prende il nome dallo studioso italiano Luigi Bisanzio che ha sviluppato questo metodo. - Scala di Jensen: è una scala di equivalenza basata sulle spese alimentari delle famiglie. Prende il nome dallo studioso danese Frans Jensen che ha sviluppato questo metodo. La mobilità tra le diverse classi di reddito è un indicatore importante per valutare l'uguaglianza delle opportunità. Misurare questa mobilità permette di comprendere se le persone hanno la possibilità di migliorare la propria situazione economica nel corso della vita.

basano sulla definizione di un paniere di beni sufficienti a raggiungere la semplice sussistenza dei nuclei famigliari con differenti caratteristiche demografiche.

Scala basata sulla spesa per consumi: due nuclei famigliari raggiungono lo stesso livello di benessere quando spendono la stessa frazione di consumo in beni alimentari.

Scala soggettiva: ricavata attraverso dati provenienti da indagini in cui si chiede, a varie famiglie con diverse caratteristiche demografiche, quale ammontare di reddito consentirebbe, a loro giudizio, un tenore di vita basso, medio od elevato.

Per misurare le Disuguaglianze si dovrebbe disporre di un indice da associare a ciascuna distribuzione; purtroppo questo problema rimane indeterminato perché la disuguaglianza di una distribuzione è dovuta da due componenti: la dispersione dei redditi e la relativa asimmetria. Uno dei metodi più semplici per misurare la disuguaglianza economica è quello rappresentato dalla curva di Lorenz.

statutariamente a statuto speciale)- Province- Comuni- Città metropolitane La riforma del Titolo V della Costituzione, avvenuta nel 2001, ha introdotto importanti novità nel sistema di decentramento italiano. In particolare, sono state riconosciute maggiori competenze alle Regioni, che sono diventate enti di autonomia costituzionale. Questo ha comportato una maggiore autonomia legislativa e amministrativa per le Regioni stesse. La legge delega 42/2009 ha ulteriormente ampliato le competenze delle Regioni, introducendo il principio di sussidiarietà, che prevede che le funzioni amministrative siano svolte a livello più vicino ai cittadini, privilegiando il livello locale rispetto a quello centrale. Inoltre, la legge delega ha previsto la possibilità per le Regioni di istituire nuovi enti territoriali, come le Città metropolitane, che hanno competenze specifiche sul territorio urbano. In conclusione, l'introduzione del decentramento in Italia, attraverso la riforma del Titolo V e la legge delega 42/2009, ha portato a un maggiore equilibrio tra i diversi livelli di governo e ha favorito una maggiore partecipazione dei cittadini alla gestione delle istituzioni territoriali.

In Italia esistono diversi livelli di governo:

  • Stato: ha il potere di legiferare e governare l'intero paese.
  • Regioni: hanno una certa autonomia e possono legiferare su alcune materie (ad eccezione delle regioni a statuto speciale). Hanno una funzione di programmazione dell'intero sistema decentralizzato. Esse hanno la titolarità di una delle più importanti funzioni di spesa di welfare = il sistema sanitario.
  • Comuni: hanno ampie funzioni di offerta di servizi pubblici generali o a domanda.
  • Provincie (di cui 2 a statuto speciale): rappresentano un livello di governo sub-regionale in cui prevalgono funzioni di coordinamento e monitoraggio di funzioni svolte dai Comuni e da altri enti locali.
  • Città metropolitane: la legge Delrio del 2014 prevede che esse, oltre alle funzioni dei Comuni, assolvano anche quelle delle Provincie in cui sono inserite.

In Italia sono recenti due modelli polari di relazioni finanziarie fra più livelli di governo chiamati rispettivamente:

  • Modello centralista: le funzioni svolte dalle autonomie locali sono caratterizzate solo da parziale autonomia. L'offerta dei servizi pubblici è concentrata nei Comuni, che esercitano molte funzioni sulla base di
deleghe ricevute dai livelli superiori di governo.- Modello regionalista: le funzioni statali sono nettamente distinte da quelle delle autonomie locali. Rapporti finanziari tra Stato e autonomie sono presenti, ma regale la funzione di perequazione delle risorse.
Anteprima
Vedrai una selezione di 6 pagine su 21
Economia pubblica Pag. 1 Economia pubblica Pag. 2
Anteprima di 6 pagg. su 21.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Economia pubblica Pag. 6
Anteprima di 6 pagg. su 21.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Economia pubblica Pag. 11
Anteprima di 6 pagg. su 21.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Economia pubblica Pag. 16
Anteprima di 6 pagg. su 21.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Economia pubblica Pag. 21
1 su 21
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Acquista con carta o PayPal
Scarica i documenti tutte le volte che vuoi
Dettagli
SSD
Scienze economiche e statistiche SECS-P/01 Economia politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher AnnaZ98 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia pubblica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Ugolini Cristina.
Appunti correlati Invia appunti e guadagna

Domande e risposte

Hai bisogno di aiuto?
Chiedi alla community