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La parte può rinunciare al ricorso in ogni stato e grado della controversia, mediante
dichiarazione sottoscritta e deposito della stessa. Il processo in questo caso si estingue,
solo se le parti che hanno interesse alla prosecuzione non si oppongano. Il giudizio
comunque non si estingue finchè il giudice non ne prende atto e ne dichiara
ufficialmente l’estinzione.
Perenzione (o abbandono) del ricorso: estinzione in senso tecnico del processo per
inattività delle parti o, per meglio dire, per mancanza del necessario impulso
processuale di parte.
“Il ricorso si considera perento se nel corso di un atto non sia compiuto alcuno atto di
procedura”.
L’onere in capo alla parte interessata però trova applicazione solo nei casi in cui l’atto di
impulso processuale abbia, per qualche ragione, esaurito i suoi effetti propulsivi e non
sussista alcun ulteriore onere processuale in capo al giudice.
Se l’udienza non è fissata entro cinque anni dalla data di deposito del ricorso, per
impedire la perenzione, non basta il compimento di qualunque atto processuale, ma
rileva solo un atto che abbia il contenuto tipico di fissazione dell’udienza quale prevista
dall’art 82 cpa, che sia sottoscritto sia dalla parte che dal suo difensore + deposito. Si
tratta pertanto di atto di parte.
Perenzione opera di diritto e può essere rilevata dal giudice anche d’ufficio.
Mancata riassunzione o prosecuzione del processo: inattività della parti e mancanza
dell’impulso processuale, disciplinata dall’art 35 comma 2, secondo cui il giudice
dichiara estinto il giudizio se non viene proseguito o riassunto nel termine perentorio
fissato dalla legge o assegnato dal giudice.
Tradizionalmente, tale causa di estinzione è individuata nella mancata prosecuzione del
giudizio a seguito della sospensione o interruzione.
Cessazione della materia del contendere: art 34 co. 5 prevede che, qualora nel corso del
giudizio la pretesa del ricorrente risulti pienamente soddisfatta, il giudice dichiara
cessata la materia del contendere.
L’estinzione del giudizio si determina in ragione di una successiva attività della parte
pubblica che è satisfattiva dell’interesse azionato con il ricorso. Dunque, la cessazione
può essere pronunciata soltanto nell’ipotesi in cui il ricorrente abbia ottenuto il bene
della vita atteso, così da rendere non utile o necessaria la prosecuzione del giudizio.
Si avrà quindi cessazione della materia del contendere quando l’amm, in pendenza di
giudizio, annulli o cmq riformi in maniera satisfattoria per il ricorrente il provvedimento
contro cui è stato proposto il ricorso + anche nel caso in cui il ritiro del provvedimento
impugnato sia stato disposto da amm o autorità diversa da quella che l’aveva emanato
o a seguito di pronuncia giurisdizionale di altro giudice.
Con riferimento al giudizio di appello la cessazione opera con riferimento all’intero
giudizio e comporta la rimozione della sentenza impugnata.
Carenza sopravvenuta di interesse: verificarsi di una situazione di fatto o diritto nuova
ediversa rispetto a quella esistente al momento della proposizione del ricorso, tale da
rendere certa e definitiva l’unitilità della pronuncia del giudice, per aver fatto venire
meno per il ricorrente qualsiasi, anche strumentale/morale/residua, utilità della
pronuncia del giudice.
Istituto di manifestazione del principio di unilateralità.
Estinzione e improcedibilità possono essere pronunciate con decreto emesso dal
presidente o da magistrato da lui delegato. Ciascuna parte può proporre opposizione al
decreto nel termine di 60 gg dalla comunicazione (giudizio di opp deciso con ordinanza).
Estinzione e impro. Sono dichiarate con sentenza se si verificano o vengono accertate
all’udienza di discussione.
15.Giurisdizione esclusiva GA
In presenza della giurisdizione esclusiva, il nostro sistema di giustizia amministrativa da
dualista qual è, torna ad essere monista. Ed infatti, in sede di giurisdizione esclusiva, il
giudice amministrativo è competente a giudicare sia della lesione dell’interesse
legittimo, sia della lesione del diritto soggettivo.
L’introduzione della giurisdizione esclusiva è antecedente all’entrata in vigore della
costituzione, anche se quest’ultima si è preoccupata della predetta giurisdizione. Ai
sensi dell’art. 103, infatti, il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa
hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli
interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti
soggettivi.
La Corte ha chiarito in proposito che l’art. 103 non ha conferito al legislatore ordinario
una assoluta ed incondizionata discrezionalità nell’attribuire al giudice amministrativo
materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma le ha conferito un potere che deve
considerare la natura delle situazioni giuridiche coinvolte, e non fondarsi
esclusivamente sul dato oggettivo delle materie.
Precisamente, le materie che possono essere devolute alla giurisdizione esclusiva
devono:
essere caratterizzate dalla circostanza che la pubblica amministrazione agisce come
autorità;
essere materie che, in assenza della previsione legislativa che le devolve giudice
amministrativo esclusivo, contemplerebbero pur sempre, in quanto vi opera la pubblica
amministrazione-autorità, la giurisdizione generale di legittimità.
Giurisdizione esclusiva (assetto attuale): nella giurisdizione esclusiva il giudice si
pronuncia ora come giudice di legittimità, ora come giudice di merito, a seconda che le
materie in essa confluite siano state attribuite al giudice in cognizione piena o limitata.
L’art. 7, comma 1, del c.p.a., dispone, in termini generali, che sono devolute alla
giurisdizione amministrativa le controversie nelle quali si faccia questione di interessi
legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti
l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti,
atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale
potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni.
Ai sensi del comma 5 del medesimo articolo poi: nelle materie di giurisdizione esclusiva,
il giudice amministrativo conosce, pure ai fini risarcitori, anche delle controversie nelle
quali si faccia questione di diritti soggettivi.
Infine, ai sensi del comma 7 sempre dell’art. 7: il principio di effettività è realizzato
attraverso la concentrazione davanti al giudice amministrativo di ogni forma di tutela
degli interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, dei diritti
soggettivi.
Per quanto concerne le materie attualmente devolute alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo, esse sono elencate dall’art. 133 del c.p.a.: l’elenco non è
tassativo, giacché il comma 1 dell’articolo 133 fa salve ulteriori previsioni di legge.
Occorre richiamare le seguenti ipotesi concernenti le controversie in materia di:
risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o
colposa del termine di conclusione del procedimento amministrativo;
formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di
provvedimento amministrativo e degli accordi fra pubbliche amministrazioni;
diritto di accesso ai documenti amministrativi e violazione degli obblighi di trasparenza
amministrativa;
nullità del provvedimento amministrativo adottato in violazione ed elusione del
giudicato;
silenzio di cui all’art. 31, commi 1,2,3 e provvedimenti espressi adottati in sede di
verifica di segnalazione certificata, denuncia dichiarazione di inizio attività di cui all’art.
19 comma 6 ter della legge 241/1990.
16.Giurisdizione di merito GA eccezionale,
La giurisdizione di merito è costituendo una deroga alla giurisdizione
generale che è quella di legittimità. Essa può esercitarsi solo nelle controversie
riconducibili alle materie tassativamente stabilite dalla legge e tali materie non sono
suscettibili di estensione analogica per il carattere eccezionale delle norme in questione.
Senza soffermarci nel dettaglio su tutte le controversie già devolute alla cognizione di
merito del giudice amministrativo dagli artt. 27 e 29 del T.U. delle leggi sul Consiglio di
Stato, richiamate poi dalla legge istitutiva dei TAR, attualmente l’art. 7 comma 6 del
Codice dispone che il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione
estesa al merito nelle controversie indicate dalla legge e dall’articolo 134. Questo
articolo prevede soltanto 5 tipologie di controversie, aventi ad oggetto:
l’attuazione delle pronunce giurisdizionali esecutive o del giudicato nell’ambito del
giudizio di ottemperanza;
gli atti e le operazioni in materia elettorale, attribuite alla giustizia amministrativa;
le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione del giudice
amministrativo;
le contestazioni sui confini degli enti territoriali;
il diniego di rilascio di nulla osta cinematografico di cui all’articolo 8 della legge
n.161/1962
Un ulteriore ipotesi di giurisdizione di merito sembra quella prevista dall’art. 4 della
legge 15/2009, che delega il governo ad introdurre un’azione collettiva nei confronti
delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici che sia devoluta alla
giurisdizione esclusiva e di merito del giudice amministrativo, ma il decreto che ha dato
attuazione a tale delega non chiarisce in modo espresso la natura di tale giurisdizione.
Oltre ad essere eccezionale, in quanto limitata alle controversie appena menzionate, la
aggiuntiva
giurisdizione di merito è rispetto alla giurisdizione di legittimità. Con ciò la
dottrina tradizionale intende che la cognizione di merito si aggiunge e non si sostituisce
a quella generale di legittimità, dovendo il giudizio di legittimità precedere quello di
merito.
Si deve ritenere che la giurisdizione di merito si differenzia da quella di legittimità non
già per la diversa natura dei sindacato, o addirittura del potere esercitato dal giudice
amministrativo, quanto per i maggiori poteri decisori che gli vengono riconosciuti:
giudice infatti, nell’esercizio della giurisdizione di merito può non solo
questo stesso
annullare l’atto amministrativo impugnato, ma anche riformarlo, ovvero può sostituirsi
all’amministrazione, come ora dispone l’art. 7, comma 6 del Codice.
17.Giudizio di ottemperanza
Costituisce l’ipotesi pi&ugrav