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In primo luogo, l’amministrazione finanziaria ha il potere di controllare se il sostituto abbia correttamente
operato le ritenute alla fonte e se abbia provveduto a versarle nei termini di legge. Questo controllo può
essere effettuato attraverso ispezioni, verifiche e accessi, ma anche tramite il confronto tra i dati dichiarati
dal sostituto nelle certificazioni uniche e nei modelli dichiarativi (in particolare il modello 770) e quelli
risultanti da altre fonti, come i versamenti tramite F24 o le comunicazioni del percipiente.
Nel caso in cui venga rilevata un’anomalia, come l’omissione del versamento di ritenute regolarmente
operate, l’ufficio procede all’emissione di un avviso di accertamento nei confronti del sostituto, con cui 23
quantifica l’importo dovuto, comprensivo di sanzioni e interessi. L’avviso di accertamento ha efficacia
esecutiva e costituisce il titolo su cui può basarsi la successiva fase della riscossione.
In presenza di debiti non saldati, l’amministrazione può attivare la riscossione coattiva, mediante
l’iscrizione a ruolo e l’affidamento all’agente della riscossione, il quale procede con strumenti esecutivi
come il pignoramento. È importante sottolineare che il sostituto risponde direttamente verso l’erario, in
quanto obbligato per legge al versamento dell’imposta trattenuta; pertanto, il fatto che l’imposta sia stata
sottratta al percipiente non esonera il sostituto dalla responsabilità fiscale.
Diverso è il caso in cui il sostituto non abbia effettuato la ritenuta: in questa ipotesi, l’amministrazione
può intervenire sia nei suoi confronti, per l’omissione dell’obbligo di prelievo, sia direttamente nei
confronti del percettore, che rimane obbligato al pagamento dell’imposta sul reddito percepito. Tuttavia,
se l’amministrazione decide di agire solo verso il percettore, il sostituto può essere chiamato in causa in
solido per la sanzione pecuniaria e per gli interessi.
Dal punto di vista sanzionatorio, l’ordinamento prevede sanzioni specifiche per il sostituto che omette di
versare ritenute già effettuate, nonché per chi non effettua le ritenute pur avendone l’obbligo. In caso di
importi rilevanti, può configurarsi anche una responsabilità penale, per il reato di omesso versamento di
ritenute certificate.
35) Differenza tra sostituto d'imposta e responsabile di imposta
La distinzione tra sostituto d’imposta e responsabile d’imposta riflette due differenti modalità di
coinvolgimento di soggetti terzi nell’adempimento dell’obbligazione tributaria altrui. Entrambe le figure
operano come intermediari tra il contribuente e l’amministrazione finanziaria, ma la natura e l’estensione
della loro responsabilità fiscale sono profondamente diverse.
Il sostituto d’imposta è il soggetto che, per previsione di legge, è tenuto a trattenere l’imposta dovuta da
un altro soggetto (il contribuente) e a versarla direttamente all’erario. In questo modo, il tributo viene
riscosso a monte, al momento dell’erogazione del reddito, senza che il contribuente debba compiere
alcun adempimento attivo. Si pensi, ad esempio, al datore di lavoro che trattiene l’IRPEF sulla retribuzione
del dipendente, o alla banca che applica la ritenuta sugli interessi maturati su un conto. In questi casi,
l’imposta è già assolta dal sostituto, e il percettore del reddito riceve un importo al netto dell’imposta
dovuta. Il sostituto, dunque, è obbligato in proprio al versamento del tributo, ma l’imposta è
formalmente dovuta dal sostituito, che tuttavia è liberato dall’obbligo grazie all’intervento del sostituto.
Diversa è la figura del responsabile d’imposta, che interviene non in luogo del contribuente, ma come
garante dell’adempimento dell’altrui obbligazione tributaria. Il responsabile non è tenuto a trattenere o
versare direttamente l’imposta per conto di altri, ma è giuridicamente obbligato ad assicurare che il
tributo venga correttamente assolto. Se il contribuente non paga, il responsabile può essere chiamato in
solido al versamento. Un esempio tipico è quello del notaio che stipula un atto soggetto a imposta di
registro: pur non essendo parte dell’atto, egli è responsabile del corretto assolvimento dell’imposta e può
essere chiamato a rispondere in caso di omissione.
La differenza principale, quindi, sta nel fatto che il sostituto è obbligato a prelevare e versare l’imposta in
luogo del contribuente, realizzando un meccanismo sostitutivo dell’obbligazione, mentre il responsabile
d’imposta non si sostituisce al contribuente, ma risponde del mancato pagamento in qualità di
coobbligato o garante.
Un’ulteriore distinzione si coglie sul piano dell’efficacia estintiva del pagamento: quando paga il sostituto,
il tributo si considera assolto a tutti gli effetti; quando interviene il responsabile, l’imposta è comunque
dovuta dal contribuente, ma l’erario può rivalersi anche sul responsabile, secondo le regole della
solidarietà passiva. 24
36) La sostituzione e le ritenute a titolo di acconto
La sostituzione d’imposta con ritenuta a titolo di acconto è uno degli strumenti più utilizzati nel sistema
tributario italiano per garantire un prelievo tempestivo e anticipato dell’imposta sul reddito, mediante
l’intervento di un soggetto terzo: il sostituto d’imposta. Tale meccanismo consente di trattenere, al
momento dell’erogazione del reddito, una quota dell’imposta complessivamente dovuta dal percettore,
in modo da ridurre l’obbligazione finale da questi a carico.
Quando si parla di ritenuta a titolo di acconto, si fa riferimento a una ritenuta che non esaurisce
l’imposizione sul reddito erogato, ma rappresenta solo un’anticipazione parziale dell’imposta complessiva
che il contribuente dovrà versare, in sede di dichiarazione dei redditi. In altri termini, l’imposta trattenuta
viene considerata un credito d’imposta, da portare in detrazione dal debito d’imposta risultante dalla
dichiarazione annuale.
Questo sistema è tipico, ad esempio, dei lavoratori dipendenti e dei collaboratori autonomi occasionali,
per i quali il datore di lavoro o il committente applica una ritenuta IRPEF mensile o alla fonte sul
compenso, senza esaurire in tal modo l’intera imposizione. Il contribuente dovrà poi determinare, con la
propria dichiarazione, l’ammontare totale dell’imposta dovuta e scomputare quanto già trattenuto dal
sostituto.
La ritenuta a titolo di acconto può essere a percentuale fissa, come accade ad esempio per i redditi di
lavoro autonomo occasionale (con ritenuta del 20%), oppure commisurata alle aliquote progressive
IRPEF, come nel caso dei redditi di lavoro dipendente, dove il datore di lavoro applica ritenute calibrate
sugli scaglioni previsti dalla legge, tenendo conto anche delle detrazioni spettanti.
Uno degli effetti principali di questa modalità di prelievo è che il contribuente non deve versare l’imposta
in un’unica soluzione al termine dell’anno, ma subisce già nel corso dell’anno una serie di trattenute che
alleggeriscono l’adempimento finale. Il sistema ha quindi una funzione sia finanziaria, perché garantisce
entrate anticipate allo Stato, sia organizzativa, perché semplifica la gestione del tributo per i contribuenti,
soprattutto quelli non dotati di struttura contabile.
È fondamentale, però, che il sostituto d’imposta trasmetta correttamente i dati all’Agenzia delle Entrate
(tramite la Certificazione Unica e il modello 770), affinché le ritenute operate possano essere riconosciute
e contabilizzate correttamente in sede di liquidazione dell’imposta. Inoltre, le ritenute a titolo di acconto
non sono definitive: in caso di eccedenze, il contribuente potrà chiederne il rimborso o utilizzarle in
compensazione, mentre in caso di insufficienza dovrà integrare il versamento con il saldo.
37) Le violazioni istruttorie e il problema dell'inutilizzabilità
Nel diritto tributario, le cosiddette violazioni istruttorie si riferiscono agli illeciti commessi
dall’amministrazione finanziaria nella fase dell’attività istruttoria, cioè durante lo svolgimento degli
accessi, ispezioni, verifiche e acquisizioni documentali che precedono l’emissione di un atto impositivo. Si
tratta di irregolarità che possono riguardare, ad esempio, il mancato rispetto delle garanzie previste per il
contribuente, l’omessa motivazione degli atti, l’inosservanza del contraddittorio, oppure l’acquisizione di
elementi probatori in modo illecito o non conforme alla legge.
Il tema centrale che si pone rispetto a tali violazioni è quello della inutilizzabilità dei documenti, dati o
elementi acquisiti in modo irregolare o in violazione dei diritti del contribuente. In altre parole, ci si
chiede se le prove ottenute in violazione delle regole procedurali possano comunque essere impiegate
legittimamente per fondare un accertamento tributario.
L’ordinamento tributario italiano non contiene una disciplina esplicita e sistematica dell’inutilizzabilità
della prova, a differenza di quanto avviene nel processo penale. Tuttavia, la questione è stata 25
ampiamente affrontata dalla giurisprudenza, che ha cercato di bilanciare due esigenze contrapposte: da
un lato, la tutela delle garanzie del contribuente, dall’altro, l’interesse pubblico alla corretta
determinazione del tributo.
Secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità, la violazione di norme procedurali
o istruttorie non comporta automaticamente l’invalidità dell’atto impositivo, né l’inutilizzabilità delle
prove acquisite, salvo che la norma violata sia posta a presidio di diritti fondamentali del contribuente.
Ciò avviene, ad esempio, in caso di mancato rispetto del diritto al contraddittorio endoprocedimentale,
che, in determinati contesti, è stato considerato requisito essenziale per la validità dell’accertamento. In
questi casi, la violazione può condurre all’annullamento dell’atto per lesione del diritto di difesa, e i
documenti acquisiti in sua assenza possono risultare inutilizzabili.
Altri esempi in cui si può configurare l’inutilizzabilità sono quelli legati all’acquisizione di documenti senza
autorizzazione, come l’accesso illegittimo presso un domicilio privato senza autorizzazione del pubblico
ministero o senza consenso del contribuente, oppure in violazione delle norme sul segreto professionale.
In simili ipotesi, la prova raccolta è considerata viziata in modo insanabile e quindi non pu&ograv