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IRES
L'imposizione degli enti collettivi solleva esigenze peculiari che la rendono profondamente diversa
dai regimi delle persone fisiche. In primo luogo, nel passato è stato sollevato il tema della
conformità al principio di capacità contributiva in quanto si è discusso se gli enti collettivi fossero
dotati di un’autonoma idoneità a concorrere alla copertura delle spese pubbliche. In particolare,
l'obbligo di riferire soggettivamente il fatto indice di capacità contributiva impone di individuare la
sfera patrimoniale colpita dal tributo e, pertanto, è stata sollevata l'alternativa se quest'ultimo
dovesse essere a carico dell’org. oppure degli individui che esprimono la base personalistica. Le
conclusioni della dottrina e della giurisprudenza sono favorevoli al modello imputazione-org. per
cui la capacità delle società e degli enti di essere titolari di rapporti giuridici ha consentito di
ravvisare un'autonoma forza economica riferibile all’org. e ad una propria attitudine alla
contribuzione distinta da quella dei soci.
Poiché tali soggetti producono ricchezza a beneficio dei propri soci è stato necessario precludere il
rischio della doppia imposizione economica. A questi fini è possibile distinguere due grandi
categorie di formazioni sociali:
- gli enti lucrativi che sono destinati istituzionalmente a produrre ricchezza a vantaggio dei propri
soci secondo un modello tipicamente egoistico;
- gli enti non lucrativi che, per natura giuridica e per codice di autoregolamentazione, possono a
limite perseguire il c.d. lucro* ma non quello soggettivo.
Il problema della doppia imposizione è tipico dei soggetti lucrativi per cui è necessario coordinare
l'imposta proporzionale al carico dell’org. (IRES) con l'imposta progressiva a carico dei partecipanti
(Irpef). Esso non produce effetti redistributive degli ordinamenti fondati sulle imposte reali e * in
quanto permane la necessità di evitare la doppia imposizione ma è indifferente che il reddito sia
tassato in capo ai soci; invece, nei sistemi basati sulle imposte progressive a carico delle persone
fisiche subentrano valutazioni più complesse e coinvolgono l'architettura del sistema ed impongono
anche di apprezzare la distinzione tra i regimi fondati sulle attività lavorative e le ricchezze prodotte
dagli investimenti patrimoniali e finanziari.
Per contrastare la doppia imposizione esistono almeno 3 modalità principali dagli effetti in capo al
socio:
- il primo metodo esclude dall'imposizione l’ente perché tassa i partecipanti all'atto dell'erogazione
del reddito. Una variante di questo metodo è il principio della trasparenza;
- il secondo modello esclude dall'imposizione la ricchezza trasferita ai partecipanti ma tassa solo
l’org..
- l'ultimo modello è quello più complesso perché tassa il redditi presso l'ente, al momento della
produzione, e successivamente in capo ai partecipanti all'atto della distribuzione, ma il problema
della doppia imposizione è risolto riconoscendo a questi ultimi un credito di imposta di
ammontare pari all'imposta proporzionale assolta dall’org. che attenua l'incidenza del tributo
progressivo.
Fino alla riforma del 2003 la doppia imposizione sui dividendi era fronteggiata con il credito
d'imposta in quanto il metodo dell'esenzione si applicava in ipotesi limitate essenzialmente agli utili
distribuiti dalla società non residente in determinate condizioni. Tale struttura rendeva il sistema
inadeguato rispetto alle esperienze degli altri paesi dell'area OCSE. Inoltre l'applicazione del credito
di imposta non era affatto agevole, poiché imponeva di distinguere i dividendi di fonte interna da
quelli di fonte estera. Tutti questi fattori hanno favorito la radicale inversione di tendenza in
occasione del passaggio dall'Irpeg all’IRES disposto dalla l. delega 80 del 2003, e realizzato con il
d.lgs. 344 del 2003, sostanzialmente perché il credo di imposta è stato ritenuto inadeguato in un
contesto di economia globalizzata.
Il sistema risultante dalla riforma ricalca lo schema della direttiva 90/435/CEE sui rapporti tra
società madre e figlia perché si fonda sul metodo dell'esenzione parziale nella misura del:
- 41,86% per le persone fisiche per gli enti non comm.;
- del 95% per le società e per gli enti comm..
Il nuovo modello configura un sistema tendenzialmente reale perché trascura la situazione
individuale del socio mentre, sul piano della teoria generale, ha consacrato la doppia imposizione
giuridica in quanto non può essere più considerata un dividendo inderogabile.
All'IRES è stato riservato il titolo II Tuir distinguendo 6 Capi per le diverse categorie di soggetti
passivi. Rispetto al TU, la nuova struttura è priva di rilevanza sostanziale in quanto nel passaggio al
provvedimento delegato è rimasto inattuato uno dei principi più qualificanti della della l. delega,
ovvero l’estromissione degli enti non comm. dai soggetti passivi dell'imposta sulle società per
collocarli tra quelli dell'imposta personale. La nuova articolazione del TU è più analitica del passato
in quanto:
- la disciplina sulla determinazione del reddito d’I. è stata trasferita dall’IRPEF all’IRES;
- le norme riservate alle diverse categorie di soggetti passivi IRES sono state ripartite in modo più
razionale in funzione dei rispettivi criteri di determinazione della base imponibile;
- il sistema di diritto positivo è più completo soprattutto per gli enti non comm..
Ai sensi dell’art. 72 il presupposto IRES è costituito dal possesso di redditi in denaro o in natura
rientranti nelle categorie di cui all’art. 6. La disciplina è dunque analoga a quella dell'Irpef e
consente di rinviare alle considerazioni precedenti con riferimento al criterio soggettivo e al
concetto di reddito. L'IRES è un'imposta reddituale periodica perché apprezza la ricchezza prodotta
in ciascun periodo d'imposta. La periodicità dell'obbligazione è sancita dall’art. 76 ove è disposto
che "l'imposta è dovuta per periodi di imposta ciascuno dei quali corrispondono un obbligazione
tributaria autonoma" ed è precisato che la durata dell'imposta è determinato dalla l. o dall'atto
costitutivo, ma se non è previsto nulla oppure è determinata in due o più anni, il periodo di imposta
è costituito dall'anno solare.
Il passaggio dall’Irpeg all’Ires non ho modificato l'impianto concepito con la riforma degli anni ’70,
fatta eccezione per la novità del trust, il tributo continua ad essere applicato alla società di capitali
ed agli enti diversi dalle società con esclusione delle società di persone e dello Stato e di alcuni enti
pubblici ai sensi dell’art. 74. L’art. 73 classifica i soggetti passivi IRES in 4 categorie. Nelle prime
due sono compresi i soggetti residenti nel territorio dello Stato, e cioè:
- le società di capitali, cooperative, società di mutua assicurazione, società europee e cooperative
europee;
- dagli altri enti, pubblici o privati, compreso il trust, aventi come oggetto esclusivo o principale
l'esercizio di un'attività comm. ovvero gli enti comm..
Le altre due categorie sono:
- gli enti pubblici o privati, compreso il trust, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per
oggetto esclusivo principale l'esercizio di un'attività comm. e degli organismi di investimento
collettivo del risparmio residenti in Italia (enti non commerciali);
- dalle società e dagli enti di ogni tipo, compreso il trust con o senza personalità giuridica, non
residenti nel territorio dello Stato.
In definitiva, la qualità di soggetto passivo IRES richiede tre requisiti:
a) l’org. vale a dire un complesso di beni e di persone organizzati stabilmente e durevolmente per
il perseguimento di un fine;
b) la non appartenenza ad altri soggetti passivi, ovvero l'assenza di una relazione giuridica
apprezzabile con un'altra org. soggetta all'imposizione e, cioè, che l'ente sia padrone di se
stesso;
c) l'attitudine dell’org. a realizzare il presupposto in modo unitario ed autonomo, cioè l'idoneità a
subire gli effetti giuridici e impositivi dell'attività esercitata.
L'impostazione adottata dal legislatore fiscale obbliga ad accertare la natura comm. o meno per
qualsiasi ente diverso dalle società in forza dell’art. 73, e tale distinzione si fonda sul fatto che:
- gli enti comm. hanno per oggetto esclusivo principale l'esercizio di un'attività comm.;
- mentre gli enti non comm. non lo hanno.
Gli enti non comm. sono semplicemente quelli che non esercitano un'attività d’I., oppure che la
esercitano in via non esclusiva o principale e, comunque, in misura non prevalente.
A questi fini occorre valutare tre profili che concorrono ad un procedimento di qualificazione
unitario:
- la prevalenza dell'attività esercitata in concreto oppure di quelle previste dall'atto costitutivo o
dallo statuto;
- la selezione delle attività rientranti nell'oggetto esclusivo o principale e la distinzione rispetto alle
altre strumentali, accessorie o secondarie;
- l'individuazione della natura comm. dell’attività.
Il comma 3 art. 73 precisa che l'oggetto dell'attività è determinato in base alla l., all'atto costitutivo o
allo statuto, se esistente in forma di atto pubblico o di scrittura autenticata o registrata. Il comma 5
chiarisce che solo in mancanza dell'atto costitutivo o dello statuto nelle forme predette l'oggetto
principale dell'ente residente è determinato in base all'attività effettivamente esercitata.
Infine il criterio della natura comm. dell'attività principale è disciplinato dall’art. 55 con una
precisazione in merito al requisito dell'economicità. L'attività può definirsi economica solo se
programmata ed esercitata con modalità che, oltre ad assicurare il sostenimento dei costi,
garantiscono la remunerazione dei fattori della produzione.
Riforma intervenuta con il codice del terzo settore; enti a base associativa; trust; società enti
non residenti; esclusione dello Stato e delle pubbliche amministrazioni(Da pagina 99 a pagina
107)
Occorre anche esaminare le regole che attribuiscono la qualità di residente alle società e agli enti
muovendo dal comma 3 art. 77 dove è previsto che "ai fini delle imposte sui redditi si considerano
residen