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Nell’ipotesi in cui, invece, egli si limiti a comunicare
domanda giudiziale di risoluzione.
stragiudizialmente che non è più interessato al contratto ed intende risolverlo, la
giurisprudenza tende a negare qualsiasi rilevanza a siffatta dichiarazione stragiudiziale, ma
l'orientamento assolutamente negativo merita di essere temperato.
Qualifichi il candidato la clausola risolutiva espressa.
La clausola risolutiva espressa (Lez. 82)
La clausola risolutiva espressa trova disciplina nell’art. 1456 cc, con il quale si dispone
che “i contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso
non sia adempiuta secondo le modalità stabilite”.
che una determinata obbligazione
A differenza della diffida da adempiere, legato alla volontà di una sola parte, il
meccanismo risolutorio di
all’art.
cui 1456 cc è, invece, fondato sulla concorde previsione di entrambe le parti.
Il secondo comma, infatti, esplicita la risoluzione di diritto, escludendo la risoluzione
dell’inadempimento è stata già fatta a
giudiziale poiché la valutazione sulla rilevanza
monte dalle parti; di conseguenza che l’inadempimento non determina
automaticamente la risoluzione, bensì attiva il potere in capo alla parte lesa di
scegliere se procedere con la richiesta di adempimento o se avvalersi della clausola
risolutiva. l’obbligo all’inadempiente.
In tal caso gli corre di darne comunicazione È, dunque,
solo per effetto di tale
dichiarazione che la risoluzione si verifica di diritto.
Per la clausola risolutiva espressa non vi è richiesta di fome ma sono invece richiesti
due requisiti di contenuto:
l’inadempimento
la previsione che sarà risolutorio deve risultare espressamente;
a) all’inadempimento
la risoluzione deve essere legata di una determinata obbligazione.
b) l’inadempimento previsto dalla clausola –
È, infine, da sottolineare che così come
–
disposto dalla norma comune risolve il contratto solo se ingiustificato al di là della
propria entità.
Qualifichi il candidato il termine essenziale.
Il termine essenziale (Lez. 82)
Il contratto si risolve di diritto quando scade infruttuosamente il termine stabilito per
l'esecuzione della prestazione, se si tratta di termine essenziale nell'interesse della parte che
l'attende. Questa può però evitare la risoluzione se, conservando interesse alla prestazione,
dichiara entro 3 giorni che vuole ancora averla (art. 1457 c.c.). Su un piano oggettivo, il
termine è essenziale se dopo la scadenza la prestazione non avrebbe più utilità per il creditore.
Sulla qualificazione di essenzialità incidono molto le circostanze del caso concreto, quali la
natura della prestazione o l'impiego cui il creditore la destina. Il criterio dell'essenzialità può
essere anche soggettivo, cioè legato alla previsione chiara e univoca delle parti, che
qualifichino esse stesse il termine della prestazione come essenziale, o stabiliscano che la sua
infruttuosa scadenza risolverà automaticamente il contratto. Sembra, tuttavia, difficile pensare
che il termine soggettivamente essenziale sia qualcosa di diverso da una clausola risolutiva
espressa. Scaduto il termine essenziale, la risoluzione può essere impedita dalla parte
legittimata, che entro 3 giorni comunichi all’altra che intende ugualmente esigere la
prestazione. Durante i 3 giorni l’inadempiente deve restare pronto ad adempiere, ma non ha il
diritto di evitare la risoluzione adempiendo. Il contratto si risolve allo spirare del terzo giorno,
se non è intervenuta alcuna dichiarazione del legittimato. Se il termine non è essenziale, il
contratto può ugualmente risolversi: non solo giudizialmente, ma anche di diritto, in forza di
diffida ad adempiere.
Descriva il candidato la clausola penale.
La clausola penale (Lez. 83)
La clausola penale è quella con cui si conviene che, in caso d'inadempimento o di ritardo
nell'adempimento, uno dei contraenti è tenuto ad una determinata prestazione (art.1382
c.c.). Gli effetti della clausola penale sono essenzialmente due: limitare il risarcimento
alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore (art.
obbligare l'inadempiente a pagarla, “indipendentemente dalla
1382, comma 1, c.c.);
prova del danno” (art. 1382, comma 2, c.c.). Vi sono altri limiti, in relazione a determinate
classi di contratti. Si pensi alla clausola penale che se contenuta in contratti standard,
richiede specifica approvazione scritta dell'aderente (art. 1341 c.c.). La penale può
corrispondere ad interessi diversi e così svolgere diverse funzioni. Corrisponde all'interesse
del creditore, vittima dell'inadempimento, cui attribuisce un doppio vantaggio: processuale,
perché lo allevia dell'onere di provare il danno subito (che normalmente grava sull'attore)
e sostanziale, perché gli attribuisce il diritto alla prestazione prevista anche se il danno
affettivo risulta inferiore al valore di questa e perfino se risulta che l’inadempimento non
ha causato nessun danno. La penale può giocare anche nell'interesse del debitore, perché
limita la sua esposizione risarcitoria; egli, infatti, deve solo la penale. Nel dibattito teorico
circa la natura della clausola penale, una tesi le attribuisce natura risarcitoria e altra tesi le
cd. “pene private”).
riconosce natura sanzionatoria (inserendola fra le
Descriva il candidato "Le clausole di esonero della responsabilità".
Clausole di esonero della responsabilità (Lez. 83)
L'articolo 1229 del Codice Civile italiano tratta delle clausole contrattuali che escludono
o limitano la responsabilità in caso di inadempimenti. Le clausole di esonero eliminano
completamente l'obbligo di risarcimento, mentre quelle di limitazione fissano un tetto
massimo per il risarcimento, anche se il danno effettivo supera tale limite.
L'articolo 1229 contiene due regole fondamentali:
La prima stabilisce che qualsiasi clausola che esclude o limita la responsabilità del
debitore per dolo o colpa grave è nulla. Sono valide solo le clausole che escludono o
limitano la responsabilità per colpa lieve.
La seconda regola dichiara nulle tutte le clausole che esonerano o limitano la
responsabilità per fatti del debitore o dei suoi ausiliari che violino norme di ordine
pubblico, indipendentemente dal grado di colpa.
Le clausole che violano queste regole sono completamente prive di effetti. Tuttavia, se
una clausola è nulla per la prima regola, può essere parzialmente salvata riducendo la
sua portata.
Ci sono anche regolamentazioni specifiche che rendono più severe le restrizioni generali.
In alcuni casi, queste norme aggiuntive invalidano anche le clausole che escludono o
limitano la responsabilità per colpa lieve o senza colpa.
Infine, queste restrizioni si applicano solo alle clausole che escludono o limitano
preventivamente la responsabilità, cioè quelle concordate prima che si verifichino i
presupposti per la responsabilità. Se le clausole sono stabilite successivamente, si applica
una diversa disciplina riguardante le rinunce o le transazioni.
Descriva il candidato l'eccezione di inadempimento.
L’eccezione di inadempimento (Lez. 83)
L'eccezione d'inadempimento è un meccanismo sospensivo che permette a una parte di
rifiutarsi di adempiere alla propria obbligazione se l'altra parte non ha adempiuto o non
ha offerto di adempiere contemporaneamente la propria prestazione. L'articolo 1460 del
Codice Civile afferma che ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere se l'altro
non adempie, a meno che non ci siano termini diversi per l'adempimento.
Questa eccezione, come la risoluzione, è un rimedio sinallagmatico che impedisce
l'attuazione squilibrata del contratto. La differenza è che la risoluzione scioglie il
contratto, mentre l'eccezione paralizza la domanda di risoluzione e mantiene il contratto
in essere. Perché l'eccezione d'inadempimento sia valida, deve esserci una ragione
giustificativa: l'altra parte deve essere inadempiente a un obbligo contrattuale. Inoltre, il
rifiuto di adempiere non deve essere contrario alla buona fede (art. 1460, comma 2, c.c.).
Ci sono discussioni sulla gravità dell'inadempimento che giustifica l'eccezione. In
generale, si ritiene che debba esserci una certa proporzionalità tra l'inadempimento della
controparte e la risposta con l'eccezione d'inadempimento. Se l'inadempimento è di
scarsa importanza, la risposta dovrebbe essere proporzionale, evitando reazioni così
gravi da giustificare la risoluzione del contratto.
In sintesi, l'eccezione d'inadempimento permette di sospendere l'obbligazione in caso di
mancato adempimento della controparte, purché il rifiuto sia proporzionato e conforme
al principio di buona fede.
Descriva il candidato la differenza tra intese e pratiche facilitanti
La differenza fra intese e pratiche facilitanti (Lez. 94)
Nell’ambito del diritto antitrust quando si parla di intese – categoria che
comprende gli accord in senso stretto quali le pratiche e le decisioni di
–
associazioni di imprese ci si riferisce alla rappresentazione del contratto nel
diritto della concorrenza.
Le c.d. pratiche facilitanti consistono, invece, in quei comportamenti che in
ritiene possano avere l’effetto di facilitare una
ambiente oligopolistico si
collusione e che siano particolarmente rilevanti nell’area degli scambi di
informazioni.
Ad una prima lettura si potrebbe sostenere che la distinzione fra i due istituti
risieda nel grado di vincolatività del patto così raggiunto fra le parti.
Tuttavia, tale lettura non può essere accolta perché la normativa europea di
riferimento prevede che l’accordo concluso in violazione di essa sia nullo “di
pieno diritto”. Infatti, tanto per gli accordi o pratiche concordate quanto per le
pratiche facilitanti, la potenziale anticoncorrenzialità del comportamento consiste
nel fatto che tale accordo implica una comunicazione di dati, che l’altra impresa
sarà libera di considerare o meno in direzione collusiva per rafforzare il
coordinamento sul mercato con la prima impresa.
Secondo la giurisprudenza comunitaria neppure sull'impresa
dominante incombe un generale obbligo di contrarre, tuttavia il rifiuto
di dare accesso a una risorsa da essa detenuta risulta abusivo in
determinate fattispecie. Indichi il candidato i cinque casi in q