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Determinazione del carico
Il calcolo del carico si ottiene moltiplicando i seguenti fattori:
- P = produttività (in foraggio verde o in sostanza secca)
- S = superficie
- KF = coefficiente di utilizzo
- DP = giorni di permanenza
Il calcolo è semplice ma la difficoltà maggiore sta nel definire i parametri: notevole conoscenza dell'ambiente (composizione floristica, stato vegetativo, ritmo vegetativo, curve), del clima (continuità o discontinuità vegetativa), degli animali (specie, razza, età, stato fisiologico, produttività).
Pascolo in bosco
In passato è stato causa di degrado e di scomparsa di estese superfici di bosco in seguito a elevata pressione demografica nel settore agro-forestale (oltre il 50% della popolazione viveva di sole risorse agricole); esigenza di destinare le superfici agricole alla produzione di risorse alimentari (dirette) e al bestiame le aree più ed i boschi.
Ostilità dei selvicoltori al pascolo in bosco.
leggi a tutela del patrimonio boschivo. Situazione attuale diametralmente opposta: esodo rurale (pop. Agricola 8%), abbandono delle superfici agricole più difficili, progressiva marginalizzazione delle zone di montagna e di collina, concentrazione dell'attività agricola nelle aree più produttive. Inoltre eccedenze produttive in agricoltura ed interventi per ridurla (set aside, estensivazione) interventi a favore della riforestazione e dei miglioramenti ambientali. In questo quadro l'utilizzazione pascolava dei boschi si è fortemente ridotta. E' perciò possibile, anche da parte del selvicoltore, una valutazione più serena ed attuale delle situazioni nelle quali si manifesti l'opportunità di tale pratica fermo restando l'esigenza di tutela del patrimonio forestale e di conservazione delle sue funzioni. Il significato attuale del pascolo in bosco salvo poche eccezioni non è più quello di.procuri maggiori risorse alimentari per il bestiame. A tale scopo potrebbero servire le considerevoli estensioni dei pascoli e dei coltivi abbandonati. Tuttavia, non si tratta solo di riserva foraggera, ma anche di integrazione stagionale dei pascoli erbacei nei periodi siccitosi. In questo senso, il bosco contribuisce, soprattutto nelle zone mediterranee, a ridurre l'irregolarità del calendario foraggero colmando o riducendo i vuoti di produzione del periodo estivo ed in parte di quello invernale. Il contributo alle produzioni zootecniche che il bosco può dare (nei limiti della sua tutela) nei comprensori agro-forestali a carattere marginale, assume talvolta il significato di sostegno all'unica attività produttiva che può sopravvivere in tali zone. L'abbandono completo, infatti, certamente è causa di un più accentuato degrado territoriale. ASPETTI NORMATIVI Le considerazioni di cui sopra si riferiscono ad un corretto uso del pascolo in bosco chedovrebbe essere disciplinato da un'apposita normativa che tenga conto delle realtà forestali presenti sul territorio. A questo riguardo la nostra situazione legislativa è assai antiquata e carente (L.F.1923 che rinvia, riguardo al vincolo idrogeologico, alle prescrizioni di massima e Polizia Forestale emanate dagli Enti Locali). Solo poche regioni hanno prodotto una normativa aggiornata. La Regione Toscana ha emanato la "LEGGE FORESTALE DELLA TOSCANA" del 21 marzo 2000 n. 39 (vedi art. 65 ESERCIZIO E LIMITAZIONE DEL PASCOLO).PRINCIPI PER UNA CORRETTA UTILIZZAZIONE DEL BOSCO A FINI PASCOLATIVI.
- Tipo di bosco
- Specie animale
- Carico
- Aspetti organizzativi
1) TIPO DI BOSCO
L'idoneità di un bosco per il pascolo deve essere valutata considerando:
- boschi che possono offrire alimentazione sufficiente, quanti-qualitativamente per il bestiame.
- Formazioni molto dense (conifere, faggeta) prive di sottobosco non adatte.
- Castagneti – lariceti,
stesso dalla potenziale dannosità nei riguardi del bosco.
Razze migliorate, specializzate, ad alta produttività; rilevanti esigenze nutritivequanti-qualitative; non idonee anche per esigenze ambientali e comportamentali.
Razze rustiche, frugali e capaci di adattarsi alle difficoltà ambientali tipiche degli allevamentiestensivi: idonee.
BOVINI: razze Maremmana, Podalica, Sarda , Modicana e , più limitatamente, razze da carnecome Chianina, Charolaise e Limousine.
Buoni utilizzatori anche di arbusti e foglie di alberi. Possono danneggiare la rinnovazione ed ilnovellame dei cedui e, data la mole, possono anche piegare o stroncare polloni di una certadimensione per mangiare la frasca.
OVINI: prevalentemente pascolatori erbacei non sono buoni utilizzatori delle risorse foraggeredei boschi. Il comportamento gregario impedisce la penetrazione in boschi molto densi( sottobosco); inoltre crea eccessiva costipazione del terreno ( anche per la conformazione delpiede).
Ricerche ungheresi :danno da ovini > bovini). Scarsamente dannosi invece riguardo agli effetti del prelievo alimentare delle piante arboree. 5CAPRINI: pascolatori selezionatori con particolare tendenza a preferire specie arbustive ed arboree rispetto alle erbacee e con ampio spettro trofico. Ricerche comparative, su preferenze alimentari, fra capre e pecore ( Prealpi Lombarde) : capre 36 specie ( 14 arboree, 11 arbustive, 11 erbacee) pecore 20 specie ( 70% erbacee). Perciò i caprini sono i più efficienti utilizzatori delle risorse foraggere del bosco ma anche potenzialmente i più dannosi, anche per la capacità di scortecciare giovani piante arboree ( comportamento alimentare legato al sovraccarico ma anche a particolari esigenze nutritive nei riguardi di sostanze minerali). ( Consuetudini e norme scritte: limatura incisivi) Al pascolo caprino i particolare è da attribuire il degrado di molti boschi, specie nel mezzogiorno, dove era diffusa la pastorizia itinerante.Senza base aziendale, che favoriva lo sfruttamento incontrollato delle risorse foraggere (pascolo di rapina). Tropici aridi: pascolo caprino desertificazione. Capra: particolarmente penalizzata dalla legislazione forestale passata e recente. Per tutte le specie zootecniche, anche per la capra, i danni del bosco dipendono dal carico e dai criteri di gestione, cioè dall'uomo.
CARICO ANIMALE
Il carico di bestiame sul pascolo è dato dal numero dei capi pascolanti su un determinato appezzamento, o malga, o azienda. Dipende principalmente dal tipo di bosco e quindi dalla produttività foraggera, ma anche dalla specie utilizzatrice. Nella pratica si considera, per i bovini, una produttività variabile dalle 200 U.F./ha (cedui di querce) alle 500 U.F./ha per i boschi tipo macchia mediterranea. Risultati di ricerche condotte sui cedui di cerro in diradamento per avviamento ad alto fusto indicano valori fra 60 e 150 U.F. per il pascolo ovino e da 100 a 300 U.F. per i bovini.
Variabilità dovuta sia all'andamento climatico che al momento stagionale (g.l. > a. s.).
In pratica negli allevamenti bradi (bestiame al pascolo per tutto l'anno) i criteri di assima di valutazione del carico sono i seguenti: ogni capo adulto ha a disposizione 4-5 ha di bosco + ½-1ha di pascolo erbaceo ( secondo la produttività. Il fabbisogno nutritivo, valutabile a circa 2500U.F. annue, sarebbe così soddisfatto per metà dal pascolo boschivo e per metà dal pascolo erbaceo.
3) ASPETTI ORGANIZZATIVI
Anche per l'utilizzazione pascolava dei boschi la suddivisione in sezioni e la loro rotazione consente una migliore utilizzazione delle risorse foraggere e riduce i danni al bosco. Data la bassa produttività unitaria le sezioni sono molto ampie ed il tempo di permanenza abbastanza lungo (20-30 gg.) anche per il diverso ritmo di ricrescita delle specie arbustive ed arboree rispetto alle erbacee.
Punti di abbeverata. 6
ALPEGGIO E
MONTICAZIONE
Tutte le forme di allevamento non stanziale (parzialmente o totalmente) nascono dall'esigenza di spostare gli animali verso zone nelle quali, fattori climatici diversi da quelli della zona di origine, determinano una maggiore disponibilità di foraggi da pascolare. Ad esempio:
- Transumanza ovina dell'Italia centro-meridionale;
- Allevamenti nomatici dell'Africa nord-orientale.
Tutte forme di allevamento di antiche origini.
ALPEGGIO: transumanza verticale; effetto della diversa altimetria nell'evoluzione della produzione foraggera.
Di antica origine nella montagna alpina per l'utilizzazione dei pascoli a quota media e alta, con forme organizzate tipiche delle diverse zone, e profondamente radicate nelle tradizioni locali tanto da influenzare usi e costumi delle popolazioni. Diffuso, seppure con schemi più semplici, anche nelle montagne dell'Appennino.
Malga o Alpe = azienda zootecnica stagionale costituita dall'insieme
Di pascoli e delle strutture diservizio all'allevamento. I vantaggi dell'alpeggio secondo la concezione tradizionale, riguardano l'incremento delle disponibilità foraggere. Notevoli sono poi i benefici sanitari per gli animali: ginnastica funzionale, esaltazione dell'attività respiratoria e circolatoria, assunzione foraggi ricchi di vitamine e minerali; tutti fattori importanti soprattutto per animali che passano il resto dell'anno in stallla o a posta fissa (miglioramento carriera produttiva ed efficienza riproduttiva 30%).
ALPEGGIO TRADIZIONALE
- Da Giugno a Settembre raduno del bestiame per affidamento ai pastori.
- Monticazione progressiva lungo itinerari prestabiliti fino alla malga.
- Smonticazione progressiva.
Durata dell'alpeggio: da 50 a 100 giorni a secondo dell'altitudine.
Produttività della malga: numero di giorni che 1 ha di superficie può ospitare 1 capo adulto. (valori medi da