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LA STRUTTURA DELLA TRAGEDIA ALFIERANA
Forte della sua originalità, Alfieri, entra in polemica con la tragedia classica francese
che era il modello da imitare a livello europeo. Ai francesi contestava lungaggini,
l’andamento monotono e la cantilena dei versi in rima baciata.
Per Alfieri, invece, ci dev’essere slancio passionale, calore, sentimento che devono
emergere con il dinamismo dell’azione, nella tensione recitativa senza interruzioni,
indugi e rallentamenti che rappresentavano cadute di interesse, freddezza e noia.
Quindi, Alfieri, elimina ogni elemento superfluo (come i personaggi secondari) e
rende la struttura della tragedia unica e compatta dall’inizio alla fine, concentrando
le battute tra un numero limitatissimo di personaggi.
Per fare ciò utilizza uno stile della scrittura rapido, conciso, essenziale. Battute brevi
e parole monosillabiche.
E’ evidente che Alfieri concepisce le tragedie non per essere lette ma per la loro
rappresentazione (anche se Alfieri preferisce rappresentazioni private, tra gruppi di
amici, anziché nei teatri, a differenza del Goldoni che scriveva proprio per piacere al
grande pubblico).
SAUL
Nelle prime tragedie giovanili si proietta lo slancio titanico dell’affermazione dell’IO
al di là di ogni limite ed ostacolo.
Nella tragedia, SAUL (re israelita che si allontana da Dio), emerge la figura di un
nuovo “eroe”: egli non è il più forte, il più potente, il più sicuro, ma è un uomo
intimamente lacerato e perplesso. Egli vuole affermare il proprio IO ma si scontra
contro un limite invalicabile, la volontà di Dio. La sua sfida a Dio, scatena la collera
della divinità che lo condanna alla sconfitta.
L’AUTOBIOGRAFIA “VITA SCRITTA DA ESSO”
Alfieri stende la sua autobiografia in tarda età. La divide in due parti.
La prima divisa a sua volta in 4 epoche “puerizia, adolescenza, giovinezza, virilità” la
seconda parte è la continuazione della quarta epoca “virilità”.
Egli non vuole recuperare la memoria di un periodo felice della propria vita ,
l’infanzia o la giovinezza , ma vuole ricostruire come si è formata in lui la “vocazione
poetica”, che rappresenta il centro della sua esistenza. Praticamente egli racconta la
sua storia come una “conversione religiosa”. Prima l’inquietudine dell’animo, poi il
momento della rilevazione, dell’illuminazione , che ispirerà tutta la vita successiva.
Nella “conversione” di Alfieri alla parola “Dio” bisogna sostituire “poetica”.