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Marsia, che contiene sulla sinistra l’identico gruppo dei due pastori. Le dure figure furono
dipinte dal Guercino sulla tela più piccola durante il corso del lavoro alla tela più grande. Lo
scopo era dunque sperimentale: fare uno studio a olio del gruppo per vedere se e come lo si
sarebbe potuto introdurre nell’Apollo che scortica Marsia. Allora
avendo raggiunto il fine propostosi, il Guercino considerò se si
poteva far uso pittorico della tela più piccola, completando la parte
destra. Era necessario dare un certo motivo ai due protagonisti per
il loro sguardo fisso, e il Guercino ebbe l’idea di un teschio,
trasformando così il quadro in un memento morì, rafforzato da
simboli tradizionali quali il topo, il verme e il moscone. Il motto
che appare sulla costruzione sotto il teschio, ove si legge ET IN
ARCADIA IN EGO (anche in Arcadia c’è morte). Uno studio della
radiografia fornì motivi per credere che il Guercino in origine
aveva dipinto il teschio appoggiato su un cumulo di terra, e non sopra una costruzione rettangolare di
mattoni per suggerire una tomba, sulla quale l'iscrizione è dipinta come fosse incisa. Di conseguenza è
possibile che l’iscrizione sia stata l’ultima modifica fatta dal Guercino al quadro, come riassunto dichiarativo più che come motivo
d’ispirazione. L’inserimento del motto potrebbe essere stato proposto al Guercino dal suo intimo amico e mecenate Padre Mirandola,
o da qualcuno del circolo del Mirandola che aveva accompagnato l’artista a Venezia, dove i quadri con temi moralistici entro una
cornice naturalistica sembra che cominciassero a diventare popolari. ET IN ARCADIA EGO fu un dipinto che può vantarsi di aver
attirato l’attenzione del Poussin.
La Maturità (1618-1621)
Le composizioni del 1618-1621 uniscono un’aumentata solidità con una tendenza a riempire lo spazio dipinto con forme strette
insieme in una intricata giustapposizione, e a volte anche intrecciate. Nondimeno è sempre presente una sensibilità per il movimento.
Sebbene questo sia spesso implicito nei gesti, è la straordinaria vivacità nel vario uso dei contrasti di luce e ombra adoperati con
fluidità di tocco, che impedisce al peso che sentiamo nelle forme del Guercino di diventare un dato di fatto piuttosto che un
suggerimento indiretto. E ai colori, frantumanti da questo sempre mutevole gioco di luce, di conseguenza non è mai permesso di
stabilizzarsi entro quelle forme sino al punto di contribuire alla loro chiara definizione. Non meno contraria a ciò è la forte sensibilità
per l’atmosfera. Si può notare inoltre come il colorito del Guercino si è di già fatto decisamente personale nella sua concentrazione e
intensità, suggerendo la pienezza e l’opulenza di velluti e frutta matura: parla da solo, direttamente all’occhio.
Per quanto riguarda le opere che il testo della Felsina Pittrice ci dà notizia ci sono due grandi e importanti quadri dipinti per il
Cardinal Jacopo Serra, il legato di Ferrara, ma ancora irreperibili (San Sebastiano curato e Sansone catturato dai Filistei).
Il 17 settembre 1619 il Guercino scrisse da Ferrara al duca di Mantova chiedendogli particolare sulle misure e il
soggetto del dipinto che aveva desiderato commissionargli, si parla dunque di Erminia e il Pastore.
Il Guercino ritornò a Cento alla fine dell’anno, ma è evidente dalle due lettere scritte da là il 10 dicembre 1619 a
membri della corte del Duca che il maestro era senz’altro occupatissimo e che i suoi impegni con il Cardinal Serra
gli impedivano una progettata visita a Mantova presumibilmente con il suo quadro.
L’anno 1620 fu dal punto di vista artistico un annus mirabilis per iL Guercino, e tutti i sei quadri citati nella Felsina
Pittrice, e fra questi c’è il capolavoro col quale culmina il suo periodo giovanlie, La Vestizione di San Guglielmo,
una commissione per la Chiesa di San Gregorio a Bologna procurata dal Padre Mirandola.
La partenza del Guercino per Roma su invito di papa Gregorio CV ebbe luogo nel maggio 1621, ma la Felsina
Pittrice afferma che ai primi di quell’anno egli dipinse una coppia di quadri per Bartolomeo Fabri di Cento, uno dei
quali era L’Incredulità di San Tommaso.
Studio di donna a mezza figura, in veste di Sibilla: uno studio a olio per la figura di una delle pie donne in una
grande composizione, il San Sebastiano Curato. La composizione si è nota da copie brutte e da tre disegni per la
composizione; quello esposto a Windsor Castle è il più vicino alla soluzione finale, con la donna che strizza la
spugna nel catino. Nella composizione dipinta compare sulla destra una quinta figura che non si trova nel disegno
di Windsor, un giovane che sostiene la testa di San Sebastiano, lo stesso che appariva, ribaltato, in
un disegno a sanguigna degli Uffizi. Nel San Sebastiano
la donna fu ritratta in atto di strizzare una spugna con la
mano destra in un catino tenuto con la sinistra; il
Guercino ha sostituito un rotolo di pergamena, e
introdotto un libro nella destra, facendo così il possibile
per dare alla tela il significato di una Sibilla.
Erminia e il Pastore: Il soggetto è tratto dall’inizio del
settimo canto della Gerusalemme Liberata del Tasso,
dove Erminia, alla ricerca dell’amato Tancredi, si è
lasciata dietro i suoi inseguitori cristiani. Si ritrova in un
atmosfera pastorale e incontra un vecchio pastore, che
sta facendo fiscelle e vive una vita semplice. L’episodio,
che simboleggia l’idea di un “intermezzo pastorale” tra i
molteplici affanni della vita, era popolare nelle arti.
Combinando una presentazione diretta della scena con un certo numero di superbi brani di
osservazione naturale dipinti con intenso sentimento e tocco marginale.
Elia nutrito dai corvi (1620): da una parte egli dà solidità alle forme permettendo loro di
occupare una forte proporzione dello spazio pittorico (il che comporta un contatto con i margini e
di conseguenze li porta in primo piano verso lo spettatore). Ma d’altra parte, attenua la solidità
rompendo quelle forme, con l’inserimento di inaspettate giustapposizioni e intrecci della varie figure, potentemente aiutate da effetti
di illuminazione che le attraversano. Il soggetto di questo dipinto, commissionato dal Cardinal Serra, richiedeva solo una figura,
quella del profeta Elia; il Guercino privato della possibilità di far ricorso a una mescolanza di più figure, fece in modo di mantenere
un sottile equilibrio fra solidità e dissolvimento. Alla figura è data una posa disarticolata, centrifuga, e l’impressione che sia stata
captata in un movimento passeggero è aumentata dall’illuminazione. Fra gli effetti che contribuiscono
a questa sensazione di un frammento del mondo reale è l’ombra sulla pietra a destra, proiettata da un
oggetto immaginario concepito come fuori del bordo della tela.
La Vestizione di San Guglielmo: grazie a un’ampia serie di ventitré studi preparatori, su venti fogli,
siamo in grado di seguire il lungo processo creativo del Guercino, che comportò molti cambiamenti di
idea sino all’approdo a questa composizione. Nel risultato finale egli combina un
effetto naturalistico con un’organizzazione complessa. Riappaiono ancora una volta:
la conservazione di un’impressione di fluidità, nonostante la solidità delle figure
ammassate l’una all'altra, attraverso una loro animata giustapposizione, e il libero
gioco di potenti effetti di luce e cosi pure di colore, in un’atmosfere mutevole. Sulla
superficie del dipinto c’erano indicazione che, secondo un’idea sulla quale l’artista
insistette in quattro disegni fatti in un momento relativamente tardo, il braccio
sinistro del San Guglielmo, invece di essere alzato a sostenere l’abito, come lo
vediamo ora, fosse in realtà dipinto appoggiato sull’anca; e questa ipotesi fu
avvalorata da un esame comparativo delle sezioni traversali prese da parti del cielo.
Ci si potrebbe chiedere se il cambiamento sia stato fatto per ragioni artistiche o
ragioni iconografiche, cioè su richieste del committente. Sembra chiaro, poiché il
gomito piegato del soldato che tiene lo stendardo era presumibilmente già stato
dipinto, che il Guercino abbia incontrato alcune difficoltà nell’inserire il gomito
piegato del santo vicino all’altro, e infatti si dimostrò impossibile per il braccio del
santo l’occupare proprio uno spazio così ampio quale era implicito in uno dei disegni preparatori. Se ne dedurrebbe
di conseguenza che ragioni di rappresentazione sono state più probabilmente responsabili del
pentimento. In un considerevole numero di disegni il santo è rappresentato mentre tiene una croce
su un’asta alta, che doveva simboleggiare la sua adozione della vita religiosa. Ciò che può
tuttavia aver colpito il committente, il Locatelli, è che l’argomento preciso della raffigurazione
era tutt’altro che chiaro: il guerriero in ginocchio si sarebbe potuto supporre fosse sul punto di
partire per una crociata o di consegnare un oggetto religioso a un vescovo. La soluzione finale
rende la situazione notevolmente chiara. Il santo è rappresentato in atto di assumere l’abito
monacale, mentre abbandona la sua spada, sull’impugnatura della quale sta la mano destra del
vescovo. L’asta della croce fu dipinta sulla tela, si po' osservare infatti un ‘ombra che si leva
direttamente sopra la spada.
L’incredulità di San Tommaso: straordinaria fluidità che scorre attraverso la vivida
rappresentazione guercinesca della scena, con quell’insistente nota dominante data dallo svolazzare della bandiera. Il Guercino era
stato a Mantova non molti mesi prima di dipingere questo quadro è perciò non da escludersi un’influenza delle opere di Rubens viste
nel viaggio.
SOGGIORNO ROMANO (1621-1623)
Paolo V Borghese morì il 28 Gennaio 1621, e il Cardinal Arcivescovo di Bologna, Alessandro
Ludovisi, fu eletto papa il 9 Febbraio, e prese il nome di Gregorio XV. E il 15 Febbraio il
nipote di Gregorio XV, Ludovico Ludovisi, fu fatto Cardinale e divenne il braccio destro del
papa negli affari di chiesa e di stato, il quale lo invito a Roma, e pochi giorni dopo l’arrivo, il
Cardinale Ludovisi comprò dal Cardinale Francesco Maria del Monte della terra nella zona
allora di campagna sul Pincio. Proprio di lì a poco deve essere venuta l’idea di affidare al
Guercino l’esecuzione di dipinti decorativi nel casino situato in questa proprietà. I dipinti del
Guercino nel Casino Ludovisi, a parte un paesaggio in un gruppo di quattro sul soffitto di
una piccola stanza, consistettero nell’Aurora, sul soffitto a volta della stanza principale del