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VINCENZO MONTI
Vincenzo Monti esemplifica il percorso che fa il classicismo nel Settecento e
rappresenta l’emblema del percorso che attraversa il Neoclassicismo. Innanzitutto, già
le date di nascita (1754) e di morte (1828) sono esemplificative. A proposito del
rapporto con il classicismo Monti collabora con la Biblioteca italiana, organo dei
classicisti, così come il Conciliatore è l’organo dei romantici, tant’è vero che la
poelmica classico-romantica, che scoppia alla fine dell’800, scoppia in seguito alla
pubblicazione di un articolo di Madame de Stael sulla Biblioteca italiana sulla maniera
e l’utilità delle traduzioni tra i fautori del classicismo e i fautori del romanticismo, ossia
tra coloro che erano favorevoli alle traduzioni e coloro che erano contrari a
quest’apertura che manifesta Madama de Stael, la quale apre il corso della cultura
italiana alle altre culture. Vi è un modo diverso di rapportarsi con l’antico e Monti
esemplifica questo diverso rapporto che si consuma nel corso del secolo. Anche per
Monti Roma è un importante punto di riferimento: egli arriva a Roma all’età di
ventiquattro anni nel 1776. A Roma ricopre il ruolo di segretario del Conte Luigi
Braschi, nipote di Pio VI. Appena arrivato a Roma, Monti si inserisce presto negli
ambienti cosmopoliti (luoghi di incontro di cultura), legati proprio al Neoclassicismo, e
anche nei circoli intellettuali della capitale.
All’interno della sua formazione possono essere individuare delle fasi, dove resta
sempre viva la fedeltà al classico. La prima fase coincide proprio con il periodo
romano: questa è una fase di sperimentazione e anche di ibridismo di forme e Monti
mostra soprattutto una formazione arcadico-classicistica. In questo periodo scrive e
sperimenta tutte quelle forme che avevano corso nell’esperienza dell’Arcadia, cioè
canzonette anacreontiche, visioni, elegie, anche se è sempre attento ai classici latini
(soprattutto Virgilio e Omero) e ai classici volgari (soprattutto Dante e Petrarca),
soprattutto Dante per quanto riguarda le visioni, in quanto la Divina Commedia può
essere inserita in questa tipologia e Monti, in molte opere, usa quest’immagine
dantesca del viaggio e delle visioni. In questo periodo affiora anche l’attrazione per il
sublime e per Ossian. Dunque, in questo periodo Monti si dimostra un poeta versatile,
proprio perché riesce a sperimentare forme diverse. Ma, sempre a Roma, matura di lì a
qualche anno una svolta rispetto alla tradizione arcadica, in virtù dei suoi rapporti, e il
punto di svolta di questo allontanamento si ha con Le riflessioni sopra la poesia lirica
(1780). In queste riflessioni sulla poesia lirica la fedeltà al classicismo e ai modelli
classici resta invariata, ma tenta una mediazione tra antichi e moderni (in questi anni
divampa la querelle tra antichi e moderni). Il primo documento di questa conciliazione
riuscita tra antichi e moderni, detto di Neoclassicismo celebrativo e ornamentale, è la
Prosopopea di Pericle, dove assume la forma classica dell’ode per celebrare
contenuti moderni, ossia i fasti del Neoclassicismo sotto Clemente XIV. Altre opere che
testimoniano questa capacità conciliativa di Monti sono La bellezza dell’universo,
scritto in terzine dantesche e che celebra la bellezza come potenza ordinatrice della
creazione dell’universo, un tema affrontato anche da Foscolo nelle Grazie; e Al signor
di Mongolfier, un’altra ode celebrativa in tre canti, dove ancora una volta usa l’ode
per celebrare un’invenzione moderna, ossia il pallone aerostatico. Sempre in questo
periodo scrive I pensieri d’amore (1783), nei quali rientra l’Inno alla Notte,
cimentandosi nella poesia sentimentale, cioè scrive versi che sono soprattutto di
ispirazione Wertheriana, infatti l’Inno alla Notte risente sia del modello del Werther di
Goethe sia dell’ammirazione per la tradizione di Ossian. Si tratta di dieci frammenti
scritti nel 1783 e l’Inno alla Notte costituisce l’ottavo frammento. In questo periodo
scrive anche tragedie ispirate ad Alfieri e a Shakespeare, come l’Aristodemo e il Caio
Gracco (lo inizia a scrivere nel periodo romano). Aristodemo è una tragedia in cinque
atti in endecasillabi sciolti, iniziata negli 1786 (periodo romano) e rappresentata l’anno
successivo a Roma. La vicenda è tratta dalla descrizione della Grecia dall’opera di un
autore greco Pausania, vissuto nel secondo secolo. Questo è un argomento che aveva
ispirato anche altri autori di tragedie, per esempio nel Seicento aveva ispirato un
autore di nome Carlo dei Dottori. Questa tragedia parla di un re ateniese, Aristodemo,
che nutre un forte sentimento di affetto per una prigioniera spartana. Aristodemo patì
terribili sventure personali: sacrificò la figlia, perse la sposa suicida, la figlia fu rapita
nel corso di un imboscata degli spartani (riferimento alla guerra di Atene contro
Sparta). Il re è tormentato da queste vicende e addirittura pensa al suicidio. A questo
punto vi è una svolta nell’evoluzione della vicenda: gli spartani arrivano ad Atene per
trattare la pace e gli annunciano che la prigioniera di cui Aristodemo è innamorato non
è altro che sua figlia (meccanismo dell’agnizione). La giovane corre dal padre, che
riconosce la figlia e muore disperato. In questa vicenda vi sono vicende domestiche
dove primeggia l’elemento del patetico.
Dal 1788 al 1792 si hanno cinque anni di raccoglimento e di silenzio, in cui Monti
attraversa un momento importante di autoriflessione che è anche sostenuta da un
intenso studio dell’antiquaria greco-romana, riprendendo in mano i classici e quando
ritorna alla poesia, il ritorno alla poesia avviene sotto il segno di una nuova svolta,
ossia con il debutto nel genere civile e patriottico. Ovviamente, tutti questi anni e
queste fasi sono legate anche all’evoluzione della storia: nel 1789 scoppiò la
Rivoluzione francese e cominciarono a penetrare le idee rivoluzionarie in Italia fino al
periodo del trienni giacobino italiano del 96-99. Questi elementi incidono nella
formazione di Monti e le opere che produce dopo questa svolta sono La Bassvilliana,
un poema incompiuto in terzine dantesche, il cui contenuto si riferisce alla
Rivoluzione: Monti immagina che la folla anti-rivoluzionaria (soprattutto a Napoli si
posero contro la rivoluzione) a Roma aveva travolto e ucciso un ufficiale francese di
nome Ugo di Bassville che era giunto in Italia per portare la Rivoluzione e immagina
che la sua anima, accompagnata da un angelo (immagine dantesca), passa in
rassegna tutti gli orrori della rivoluzione che si sono consumati in quegli anni. In
questo poema si notano già effetti scenici particolari come il lugubre, il sepolcrale, la
suggestione di Ossian contaminato con Dante. A fianco a questa poesia di denuncia
civile si ha anche una produzione di composizioni a carattere evasivo che
rappresentano la celebrazione e l’esempio del Neoclassicismo, come la Musogonia
(1793), di argomento mitologico, che celebra le Muse e tratta di il tema della nascita
della civiltà per intervento delle Muse: si tratta di un tema vichiano elaborato sia da
Monti che da Foscolo e anche dal Manzoni giovane. Foscolo, nelle Grazie celebra le
Muse e per ogni grazia dedicata alle Muse (nove) vi era la nascita di una civiltà. Nel
1797 scappa da Roma, dopo la fine della Repubblica, e ripara nella Cisalpina, dove la
Repubblica era ancora viva, e questo passaggio da Roma a Milano è fondamentale
perché è come se in questo periodo Milano prendesse il posto di Roma diventando
capitale della cultura. Nel momento in cui arriva a Milano, tutta la produzione di Monti
diventa un elogio a Bonaparte, in quanto i patrioti italiani, Foscolo in prima istanza,
avevano riposto in Bonaparte le speranze della liberazione dall’Austria, infatti Foscolo
scrisse l’opera giovanile A Bonaparte liberatore.
Quando Monti arriva a Milano la sua produzione si identifica con le immagini di un
Neoclassicismo che è ispirato ai valori della Roma repubblicana e si assumono i valori
eroici delle virtù di Bruto che sono resi funzionali alla propaganda rivoluzionaria. In
questo periodo Monti scrive il Prometeo, non a caso dedicato a Bonaparte, con il
quale si fa interprete della politica moderata del direttorio Cisalpino, perché Napoleone
in questi anni assume una posizione moderata: mentre altri intellettuali come Foscolo
non erano d’accordo riguardo la svolta moderata del direttorio cisalpino e scelgono la
via dell’esilio, Monti si adatta a questa svolta che preannuncia quello che accadrà di lì
a poco con il Trattato di Campoformio. Monti si fa interprete della politica moderata
espressa dal direttorio cisalpino e la tragedia Caio Gracco, rappresenta il frutto più
maturo di questa scelta, perché la tragedia si chiude con la morte Caio Gracco, il quale
aveva rivolto alla plebe inferocita l’invito a smorzare i toni accesi e trovare una via di
mediazione. Caio, che è l’alterego di Monti, si propone come guida intellettuale del
popolo, e questa conclusione rappresenta la constatazione amara della sconfitta della
virtù della moderazione. Un altro elemento importante è che in questo periodo Monti
adotta nuove strutture metriche, ossia un tipo di verso molto diffuso nel periodo
rivoluzionario che è il decasillabo, un verso di dieci sillabe che è orecchiabile e
comunicativo ed è stato usato moltissimo per la propaganda rivoluzionaria, per
esempio dal calabrese Luigi Rossi e che fu usato anche dal Manzoni giovanile. Questi
sono anni di grande successo per Monti, durante i quali ottenne grandi riconoscimenti,
per esempio ricopre la cattedra di eloquenza e di poesia all’università di Pavia e
quando torna a Milano diventa il poeta ufficiale del governo Napoleonico. Con la
caduta della Repubblica Cisalpina nel 1799, Monti va a Parigi dove terminerà il Caio
Gracco (rappresentato alla Scala nel 1802) e approfondisce la sua vocazione
classicista. Nel 1810 completa la traduzione dell’Iliade, che riprende da una traduzione
latina, e riadatta al gusto del contemporaneo: interpreta la semplicità greca di Omero
in chiave neoclassica, accentuando l’elemento patetico (implicito alla cultura del
sensismo). Dopo la caduta di Napoleone, con il ritorno degli austriaci, Monti celebra il
loro ritorno nell’opera Il mistico omaggio, ossia un ossequio ai nuovi padroni che gli
frutterà la direzione della Biblioteca italiana. Monti passa dal classicismo militante
degli anni della Cisalpina ad un tipo di classicismo ornamentale. La Feroniade, scritta
nell’ultimo periodo sancito dal ritorno degli austriaci, è di argomento mitologico che
celebra il risanamento delle paludi Pontine sotto Pio