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ARTO SUPERIORE

Articolazione della spalla

L’articolazione della spalla è una delle più complesse all’interno del nostro corpo. Abbiamo 4 articolazioni:

gleno-omerale, acromio-clavicolare, sterno-clavicolare e quella scapolo-toracica. Andare a ristabilire

un’articolazione di questo tipo è particolarmente complesso, infatti il movimento della spalla è

estremamente complesso poiché abbiamo una cinematica complessa. Anche qui parliamo di movimenti di

flesso - estensione, abduzione - adduzione e rotazione interna ed esterna ma anche altri movimenti. Anche

qui il ruolo dei legamenti è essenziale per mantenere la stabilità dell’articolazione. Ci sono diversi modelli

ma non c’è ancora un modello corretto che permetta di caratterizzare la cinematica della spalla.

Ancora qui possiamo risolvere un problema statico. La cosa che diventa importante da considerare e se io

vado ad aggiungere un carico per ché a quel punto la forza che viene ad essere richiesta diventa superiore

rispetto a quella richiesta in assenza di peso, cioè considerando solo il peso del braccio. Nel caso di

amputazione, se non ristabilisco l’arto, l’azione dei muscoli viene ad essere ridotta e questo può

comportare delle patologie dovute al fatto che abbiamo una condizione asimmetrica di carico (patologia

secondaria). La esoprotesi oltre all’estetica ha la funzione di ristabilire i carichi in modo corretto in modo da

avere una contrazione muscolare vicina a quella fisiologica. Al contrario, se vado a progettare una protesi

con un peso elevato creo allo stesso modo un disequilibrio. In pazienti pediatrici l’assenza di carico,

comporterebbe un disequilibrio e questo potrebbe portare alla scoliosi.

Articolazione del gomito e della mano

L’articolazione del gomito è un’articolazione omero-ulnare, omero-radiale e radio-ulnare prossimale.

L’articolazione del polso e della mano sono, come il piede, formate da diverse ossa ciascuna messa a

contatto con le altre parti delle ossa della mano con specifiche articolazioni. Se ricordiamo l’omuncolo

possiamo ricordare come a livello della corteccia un ampia zona è destinata al controllo della mano.

LA COLONNA VERTEBRALE

Le funzioni fondamentali della colonna vertebrale sono sostegno, mobilità, protezione e

ammortizzamento. Sostegno poiché è importante il mantenimento della posizione eretta o il

mantenimento dell’equilibrio in determinate posture diverse durante l’esecuzione di movimenti. Allo stesso

modo la colonna vertebrale deve dare la possibilità di mobilità. Un'altra funzione è quella di protezione del

midollo spinale. Da un punto di vista meccanico una struttura che dà sostegno e protezione come può dare

mobilità? Questo è reso possibile dalla presenza delle vertebre con una configurazione particolare che

permette tramite la presenza di un forame vertebrale nella parte posteriore il passaggio e la protezione del

midollo e per assolvere al problema della mobilità abbiamo la presenza di dischi intervertebrali posti tra

una vertebra e l’altra. Per cui il movimento globale della colonna vertebrale è dato da tanti movimenti

relativi delle singole vertebre.

La funzione di ammortizzamento è dato dalla presenza di dischi intervertebrali, parti cartilaginee con alta

composizione di acqua che poste tra una vertebra ed un’altra permettono di fare da cuscinetto e di

ammortizzare. La caratteristica principale della colonna è la geometria e la presenza delle curve: cifosi e

lordosi. Il carico critico è più alto quando abbiamo la presenza di curvature e per questo la particolare

struttura della colonna permette meglio di supportare il carico permettendo anche una può corretta

distribuzione degli stessi impedendo così che l’urto venga a scaricarsi in prossimità del cranio. Scendendo

lungo la vertebra abbiamo un aumento della dimensione delle vertebre poiché saranno caricate da

un’entità del peso corporeo maggiore e avremo dei movimenti differenti.

All’interno della colonna abbiamo l’unità funzionale che è composta da due vertebre e del disco

intervertebrale. Quest’ ultimo presenta una parte centrale di nucleo polposo e un anello fibroso con

un’ inclinazione diversa delle fibre a seconda se ci troviamo nella parte più periferica o più centrale. Questa

alternanza garantisce una maggiore compattezza del nucleo stesso. Le fibre saranno più inclinate nella

parte centrale poiché permetteranno di sostenere meglio la zona in cui il carico è maggiore. Anche l’altezza

del disco sarà differente in base alla zona in cui ci troviamo è la presenza di lordosi e cifosi presente nella

colonna è data dalla differenza nello spessore tra la parte anteriore e posteriore dello stesso disco.

Con l’aumentare dell’età abbiamo una diminuzione dello spessore dei dischi intervertebrali. Questo si può

riscontare con la vecchiaia ma anche nelle persone che fanno lavori che comportano il trasporto di carichi

pesanti. Possiamo avere anche delle condizioni patologiche, come l’ernia del disco, cioè la fuoriuscita del

nucleo polposo nel canale rachideo che va a schiacciare la parte delle fibre in quella zona. Ci sono anche

altre condizioni.

All’interno della colonna abbiamo un’innervazione delle strutture secondo un andamento somatotopico.

Nel caso dell’arto inferiore possiamo conoscere da quale livello della colonna avremo la fuoriuscita delle

strutture nervose che vanno ad innervare i differenti muscoli. Nel caso della spina bifida, in cui abbiamo

una fuoriuscita della parte terminale del midollo, abbiamo una compromissione a livello dell’articolazione

del piede, proprio perché la parte di midollo interessata è quella terminale.

A seconda della posizione in cui ci troviamo abbiamo un carico intervertebrale che cambia. In posizione

sdraiata ho l’applicazione di un carico a livello L3 e L4 del 20% del peso corporeo questo è dovuto all’azione

delle forze tendinee e muscolari per il mantenimento di quella posizione così come anche dalla

respirazione. In condizione eretta ho il 100% del peso che si scarica a livello L3 e L4. Flettendomi in avanti

ho l’attivazione della muscolatura necessaria a mantenere l’equilibrio che comporta un aumento del carico

a livello L3 e L4. Analogamente accade quando mi alzo dalla sedia per cui effettuo una flessione in avanti.

Quando sono seduto rispetto a quando sono in piedi ho un carico a livello L3 e L4 maggiore e questo perché

il bacino va in posizione antiverso per cui mi crea una coppia di momento e l’azione dei muscoli che va a

sovraccaricare la colonna.

LEZIONE 8 – 29/03/17

L’esecuzione di un determinato gesto passa attraverso determinate posture. Le posture intermedie

necessarie a compiere un movimento sono caratterizzate da parametri cinematici, quali la velocità e il

range of motion necessari a compiere quel movimento specifico. Andare a caratterizzare il movimento vuol

dire andare a quantificare delle grandezze che siano in grado di descrivere l’azione motoria.

A partire dal sistema nervoso centrale secondo uno schema gerarchico e in seguito anche alla presenza di

strutture di retroazione abbiamo la rappresentazione di un determinata postura e di un determinato

movimento. La postura e il movimento è un output dato da un’ interazione di diversi sistemi. Laddove ho

una misura quantitativa della postura e del movimento posso determinare quanto questa valutazione si

discosti da un riferimento e questo mi permetterà di determinare eventuali anomalie del sistema, cioè

qualche sistema che concorre a determinare un certa postura o movimento può avere un’anomalia di

funzionamento. Se ho ad esempio un alterazione a livello del sistema meccanico (come un asimmetria degli

arti) quello che ne consegue è una postura più alterata. In questo caso ho un’alterazione a livello del

sistema meccanico. Attraverso questo schema sono in grado di andare a collocare l’alterazione su di un

sistema corporeo specifico. Se pensiamo alle scoliosi, queste all’inizio venivano trattate come un problema

prettamente del sistema scheletrico e quello che si cercava di fare era di risolvere il problema dal punto di

vista scheletrico tramite dei corsetti che aiutano a mantenere una determinata postura. Di fatto con questo

schema posso però accorgermi che una scoliosi potrebbe essere dovuta ad un’anomalia nell’attivazione

della muscolatura della colonna vertebrale. Conoscendo quale è la zona che presenta un’anomalia mi

permette di mettere in atto un processo riabilitativo adeguato poiché mi permette di conoscere quale

trattamento devo fare su quel sistema specifico.

Nel caso della paralisi cerebrale infantile ho un alterazione del sistema muscolare che comporta anche

un’alterazione della struttura scheletrica e per questo dovrò andare ad agire sia sul problema legato alla

lesione principale sia a quello legato alla lesione secondaria. La clinica si occupa di valutare la postura e il

movimento poiché questi saranno indice di una situazione fisiologica o patologica.

Dobbiamo andare a definire quali sono gli strumenti in grado di misurare la postura o un certo movimento.

Si parla di strumenti per la determinazione della cinematica del movimento, cioè degli spostamenti, della

velocità e delle accelerazioni e di tutte quelle grandezze che derivano da quest’ultime (per esempio range

of motion). Quando parliamo degli strumenti per la determinazione della dinamica del movimento ci

riferiamo a tutti quegli strumenti che sono in grado di produrre dati relativi alle forze alle quali il sistema è

sottoposto, i momenti, strumenti in grado di rilevare la distribuzione di pressione, potenze o scambio

energetico. Quando ci riferiamo a grandezze cinematiche e dinamiche ci troviamo ad affrontare due

tipologie di problemi: problema dinamico diretto e problema dinamico inverso.

 Il problema dinamico diretto è quella situazione per cui le grandezze note sono le forze e i momenti

agenti sul sistema e a seguito di questo si vanno a calcolare le variabili cinematiche del movimento.

Le applicazione sono quelli tipica della simulazione del movimento, cioè simuliamo cosa succede

per effettuare un dato movimento.

 Il problema dinamico inverso tiene presente come variabile in ingresso note la cinematica, le forze

e i momenti esterni e vado a determinare le azioni interne, cioè i momenti e le forze nette che

vengono ad agire a livello articolare.

Nell’ambito della valutazione motoria ci occuperemo del secondo problema, cioè di quello dinamico

inverso, poiché andiamo ad utilizzare degli strumenti per determinare quelle grandezze che nel problema

dinamico inverso sono note per poi andare a calcolare i

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A.A. 2017-2018
66 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-EDF/01 Metodi e didattiche delle attività motorie

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Ing_bio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Valutazione funzionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Politecnico di Milano o del prof Galli Manuela.