Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
2) LA RENDITA URBANA DIFFERENZIALE
La rendita urbana differenziale presenta un’alta intensità e una piccola estensione = elevati valori per unità di superficie, diffusi
su grandi quantità di aree (cioè su tutti i suoli edificabili di fatto e diritto).
È basata sulle destinazioni speciali (di fatto o di diritto), e si divide in rendita differenziale NATURALE (il lungomare, la collina,
ecc.) e rendita differenziale ARTIFICIALE (il centro storico, la vicinanza ai servizi, alle infrastrutture di mobilità).
Il ciclo della rendita differenziale si manifesta sempre in posizioni/luoghi speciali, in particolare durante la crisi edilizia e le grandi
trasformazioni urbane (aree dismesse in primis).
Realizza tessuti urbani o extraurbani con destinazioni di alto pregio: abitazioni di lusso, terziario commerciale o per uffici, centri
direzionali, edifici in zone turistiche o panoramiche (seconda casa), localizzazioni del commercio di massa (in prossimità della
grande viabilità).
Il BLOCCO EDILIZIO realizzato intorno alla rendita urbana differenziale si riduce all’essenza del regime immobiliare capitalistico:
grandi immobiliari e finanza, emarginando altri alleati tradizionali (operai e piccoli proprietari). Nascono nuovi alleati: liquidità in
cerca di beni rifugio, industriali attratti da guadagni non imprenditoriali, grandi enti pubblici in cerca di nuove commesse (IRI –
Italstat, ecc.), le grandi multinazionali finanziarie (Pirelli, Montedison, etc.).
L’OPERATORE PUBBLICO ha la massima responsabilità nella formazione della rendita urbana differenziale, scegliendo le posizioni
speciali di diritto e non contrastando lo sfruttamento speculativo delle posizioni di fatto.
L’edilizia della Ricostruzione post-bellica (nelle zone bombardate: maggiori densità, destinazioni più ricche). La terziarizzazione
(destinazione più ricca: centri storici, zone intermedie o speciali)
Le zone turistiche;
La città e le fasi della trasformazione urbana ;
Le grandi strutture terziarie/direzionali monofunzionali;
Le gated community (quartieri esterni, monofunzionali, ricchi di servizi e di prestigio sociale)
11 La città dell’INA casa
1. Gli Istituti Case Popolari
L’intervento dello Stato nell’edilizia popolare come politica sociale comincia nei primi anni del ‘900; prima solo interventi privati
(banche) di BENEFICIENZA e comunali di ASSISTENZA.
Nel 1903 il Parlamento approva la “LEGGE LUZZATTI” (dal nome del Ministro che l’ha proposta) che istituisce gli Istituti CASE
POPOLARI (ICP
), enti pubblici comunali o provinciali, che hanno il compito di promuovere, realizzare (spesso in collaborazione con
le cooperative di mutuo soccorso) e gestire abitazioni di edilizia pubblica in locazione a canone sociale, destinate ai ceti meno
abbienti.
Gli ICP operano nell’ambito della normativa urbanistica dell’epoca, intervenendo negli isolati disegnati dai Piani Regolatori di
ampliamento, se ci sono, previa acquisizione o esproprio dell’area a valore di mercato, o su aree esterne ai PR che vengono
trasformate in aree edificabili.
Gli interventi, tutti localizzati nella prima periferia della città in espansione (oggi tutti centrali), esprimono un’impostazione
urbanistica e un’architettura ottocentesca:
- TIPOLOGIE A BLOCCO DI DIMENSIONI CONTENUTE, con corti interne e altezze di tre o quattro piani; palazzine con una
piccola dotazione di verde (le “città giardino”) di due o tre piani;
- ALLOGGI DI 2, 3 O IN CASI ECCEZIONALI 4 LOCALI, tutte dotate di servizi igienici;
- ARCHITETTURA TRADIZIONALE, modesta ma decorosa.
I finanziamenti sono dei Comuni o delle Province, ma anche l’ICP può autofinanziarsi (mutui CDD&PP, lasciti).
Comincia così una politica sociale della casa diversa da quella assistenziale, che offre condizioni migliori di quelle del mercato
privato, dando la possibilità ai meno abbienti di avere una casa.
2. Gli interventi ICP
I primi interventi sono dell’ICP di ROMA sono del 1906; tra questi, 2 esempi:
- il QUARTIERE SAN SABA (arch. Quadrio PIRANI) con tipologia prevalente a palazzine di 4 piani e a villini bifamiliari,
iniziato nel 1907 e terminato negli anni ‘20;
- il QUARTIERE LA GARBATELLA (di G. GIOVANNONI, importante ingegnere e architetto romano) la cui realizzazione
comincia nel 1920, dapprima come “città giardino” per trasformarsi poi in “borgo”, con varie tipologie insediative e
un’architettura eclettica, molto attenta ai particolari.
Molto attivo anche l’ICP di MILANO che realizza diversi quartieri tra i quali (entrambi progettati dall’ing. Giovanni BROGLIO):
- il QUARTIERE DI VIA SOLARI (Primo quartiere della Società Umanitaria) iniziato nel 1908, 240 alloggi per 1.000 abitanti;
- il QUARTIERE DI VIALE LOMBARDIA (Secondo quartiere della Società Umanitaria), 12 fabbricati di 3/4 piani con corti
interne, tipologia a palazzine separate, ma con un piano terra comune (negozi o abitazioni) che determinano una
soluzione a isolato chiuso.
3. La politica della casa durante il fascismo
Con il FASCISMO cambia la politica statale per la casa: il nuovo regime si fonda su un’organizzazione della società basata sulle
“corporazioni”, cioè le diverse condizioni professionali e sociali della popolazione. Gli ICP, quindi, non potevano più essere lo
strumento unico delle politiche abitative, dalla costruzione delle case in affitto per i più poveri, alle diverse politiche abitative
delle città. Peraltro, i principali utenti ICP, le componenti più svantaggiate della società, non rientravano in nessuna delle
categorie corporative organizzate. Mentre agli ICP (ribattezzati IFCP dove F sta per Fascisti) è confermato il ruolo di costruire case
in affitto per i più poveri, nascono altri soggetti della politica della casa sostenuta dal regime; il più importante è l’ INCIS (Istituto
Nazionale Case Impiegati dello Stato), che inizia la sua attività nazionale nel 1924 (prima era solo romana). L’attività INCIS è
articolata per le varie categorie professionali (i dipendenti dei ministeri, i militari, i professori, etc.), separando i diversi soggetti e
intervenendo per ogni “sub-corporazione” e fornisce risposte adeguate per quantità e qualità alla domanda. Gli affitti sono
trattenuti direttamente dalla Stato nella busta paga dell’assegnatario.
Al contempo sono soppresse e incorporate nelle organizzazioni fasciste le Cooperative di Abitazione, discendenti dalle Società
Operaie di Mutuo Soccorso nate a metà del 1800 come forme di autodifesa del mondo del lavoro e quindi potenziali avversari del
regime, fino ad allora attive nella costruzione di case per lavoratori, che noi oggi chiameremmo “EDILIZIA AGEVOLATA”.
4. Gli interventi IFCP
LA DIFFERENZA TRA INTERVENTI IFCP E ICP è nell’adesione in urbanistica e in architettura dei principi e del linguaggio del
Movimento Moderno che in quegli anni si stava affermando in tutta Europa. Al punto che in Italia si identifica ancora oggi
quell’architettura con le case popolari, mentre l’architettura borghese (e in parte quella degli edifici pubblici) era più in continuità
con quella d’inizio secolo.
Un ruolo importante è svolto dai PROGETTISTI, in gran parte giovani e convinti seguaci dell’urbanistica e dell’architettura
razionalista e principali destinatari degli incarichi per interventi che dovevano costare poco (case pubbliche pagate dallo Stato),
compreso il costo dei progetti. Si moltiplicano così gli interventi IFCP in molte città italiane sul modello delle esperienze tedesche,
olandesi e in genere del Nord Europa:
- insediamenti NON di grandi dimensioni, generalmente alla scala del quartiere, inseriti negli isolati disegnati da nuovi
Piani Regolatori;
- quartieri quasi tutti ancora oggi abitati nonostante la povertà e la bassa qualità dei materiali utilizzati.
Una tipologia particolare degli interventi IFCP sono le “BORGATE” ROMANE (San Basilio, Primavalle, Pietralata, Trullo, ecc.),
realizzate dal ’24 al ’37 e destinate ad alloggiare chi era rimasto senza fissa dimora a causa delle demolizioni volute
dall’urbanistica di Mussolini (Fori Imperiali, Ara Coeli, Borgo, ecc.).
Si tratta di insediamenti esterni alle previsioni dei PR del 1909 e del 1931, lontanissimi dal centro della città, a metà fra città e
campagna, con la tipologia prevalente della casa “popolarissima”, cioè case di 2 piani e 2/4 alloggi, senza servizi, neppure i più
essenziali.
5. Gli interventi INCIS
Gli interventi INCIS sono molto diversi da quelli IFCP: gli impiegati dello Stato sono trattati come una categoria previlegiata
rispetto alle altre, salvo poi separarli tra loro e raggrupparli in nuclei abitativi omogenei. Nonostante si tratti di molti interventi
(circa 30.000 alloggi), la loro ripartizione per categorie ha comportato la costruzione di molti edifici singoli o aggregati in piccoli
gruppi, ubicati negli spazi disponibili semi-centrali della città, quasi mai nell’estrema periferia.
Nella prima parte dell’attività dell’INCIS i quartieri di una certa dimensione sono realizzati solo in alcune grandi città.
L’architettura è quella del primo ‘900, con soluzioni quasi mai innovative per quanto riguarda la distribuzione interna degli alloggi
e, salvo qualche progetto, con tipologie lontane da quelle del Movimento Moderno. Si tratta, comunque, di edifici solidi e
dignitosi, come voleva la politica sociale corporativa del fascismo.
Dopo la guerra, l’attività INCIS continua (anche con finanziamenti CDDPP) con la costruzione di grandi quartieri di qualità nelle
grandi città, in particolare a Roma (quartieri Trieste, Decima, Villaggio Olimpico) e a Milano (Vialba).
All’INCIS viene affidata anche la gestione di interventi IACP e Gescal, fino allo scioglimento (1973) deciso dalla legge 865/1971, la
“legge per la casa”, quando l’attività dello Stato nell’edilizia sociale viene affidata ad un unico ente, lo IACP.
6. L’UNRRA – CASAS a Matera
Nel primo dopoguerra era attiva dal 1947 l’UNRRA-CASAS (United Nations Relief and Rehabilitation Administration),
un’organizzazione delle Nazioni Unite istituita per aiutare economicamente i Paesi usciti gravemente danneggiati dalla 2° GM, in
particolare per l’assistenza ai senzatetto.
L’intervento più significativo, seppure non finanziato direttamente, è stato quello sui “Sassi” di Matera, i due insediamenti più
antichi della città (d’origine paleolitica e in parte ipogei) nei quali viveva la popolazione più povera, circa 10.000 persone, la cui
condizione abitativa fu oggetto di una ricerca UNNRA - CASAS coordinata da Adriano OLIVETTI (con il sociologo americano