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CORSO DI LETTERATURA ITALIANA
Umanesimo
Non possiamo stabilire date precise per quanto riguarda movimenti letterari e artistici.
È difficile parlare di letteratura italiana perché l’Italia non è ancora unita, ma
frammentata in comuni, corti, signorie, principati. Parliamo di stati autarchici, che non
hanno bisogno di avere contatti con l’esterno. Possiamo quindi trovare una varietà di
autori con altrettanto varie tecniche e forme in base al contesto a cui appartengono.
Non è quindi una letteratura unitaria.
La distinzione tra Umanesimo e Rinascimento non è affatto netta; il Rinascimento è
l’esemplificazione artistica dell’Umanesimo, il sentimento di base è quello umanista.
L’umanesimo è quel movimento che anticipa, prepara il periodo rinascimentale
(bellezza e perfezione in tutte le sue forme). Il pensiero umanistico non può essere
collocato nel tempo, ma si può definire come un’attitudine nel pensare in un dato
modo. «Umanesimo non è se non la ritrovata dignità dell’uomo, la quale
Alberto Savino dice
a sua volta non è se non la libertà di pensare col proprio cervello. Questa libertà si
accende per la prima volta in Grecia e la illumina, e non torna a riaccendersi nel
mondo se non con l’Umanesimo». Questa definizione ci dice che l’Umanesimo non è
un movimento di pensiero legato a un preciso momento storico, ma dice che nasce in
Grecia, dandone una definizione etimologica: Umanesimo ha la sua radice in uomo. Si
annuncia come pensiero quattrocentesco attraverso i classici, definite le humanae
litterae. Se recuperiamo le huamnae litterae - tutto ciò che è produzione umana
letteraria - stiamo recuperando l’intero senso della letteratura. Non parliamo di
movimento, ma chiunque a che fare con la letteratura è un umanista, perché
recuperano tutto ciò che riguarda l’uomo. Recuperare tutto ciò che ha a che fare con la
natura umana, significa recuperare la libertà, concetto in discussione nel Medioevo.
Sono umanisti quindi chi studia le humanae litterae, con al centro l’uomo. L’uomo nel
medioevo vive invece in una sorta di libertà vigilata, con al centro la figura di Dio.
Perfino Petrarca si confronta con Dio, la cui poesia vive nella consapevolezza della
necessità di confronto con il divino. Libertà vigilata, perché non interessa solo la
dimensione umana, ma anche dell’ingenza del divino nel reale.
Nel corso del Quattrocento le cose cambiano in base alle vicende economiche e
politiche. Il modo di sentire e di vedere il mondo varia con il mutare delle condizioni
economiche/politiche. Nel quattrocento parliamo di umanesimo perché ormai si sono
consolidate le strutture territoriali presso le quali gli intellettuali hanno trovato
impiego, soprattutto nell’ambito burocratico. Gli intellettuali hanno un ruolo di
funzionari in seguito al consolidamento delle strutture che ha portato una necessità di
sistematizzazione della cultura. Cercano di conciliare l’esigenza lavorativa con la loro
esigenza di libertà. Questo perché? L’anno 1000 è stato un anno di grossa attesa, si
aspettava che arrivasse la presunta fine del mondo. Il Teocentrismo quindi nasce dalla
necessità di ringraziamento da parte dell’uomo. Esiste una volontà divina, un Dio che
interviene nelle vicende umane, e una Chiesa che in Italia costituisce un problema
politico dato il suo potere temporale più ingombrante di quello spirituale. Dal punto di
vista letterario, gli intellettuali che devono lavorare seguendo i potenti, dovranno
inserirsi nel solco delle necessità della Chiesa, essendo così potente. Nel Quattrocento
cominciano ad organizzarsi per tentare di conciliare la loro esigenza di libertà con
quella lavorativa. Porta gli intellettuali a sostituire un’etica teocentrica ad una
egocentrica.
L’uomo è quindi al centro di tutto (dell’Universo, egocentrismo). Ciò non significa che
l’uomo diventa ateo; si continua a pensare che esiste un’entità superiore ma che non
influenza significativamente la vita e le vicende dell’uomo. L’uomo vive sulla terra
comportandosi secondo le proprie leggi etiche che possono coincidere con quelle
religiose. Se si comporterà bene o male si riscontrerà nella sua vita ultraterrena. Ri-
nascita del libero arbitrio (messo in discussione dalla teoria teocentrica), con l’uomo
consapevole della sua esistenza, padrone di se stesso.
Guardando indietro riconoscono che questa stessa situazione di affermazione
necessaria della libertà dell’uomo è stata la stessa dell’antica Grecia e dell’antica
Roma. Il mondo classico torna così ad ispirare l’uomo moderno. L’umanista ritiene che
per libertà moderna si costruisce ispirandosi agli antichi. La cultura classica greca non
è più largamente diffusa, quindi non più recuperabile dagli umanisti in Italia. L’unico
intellettuale che conosce greco è Emanuele di Solora. La cultura recuperabile è quella
latina, perché il latino nel 1400 è ancora la lingua della cultura, che tutti conoscono e
possono recuperare.
Dante è il primo ad utilizzare il bilinguismo, affiancando la lingua letteraria per
eccellenza al volgare (scelto per la Commedia perché genere non così sublime). Lo
stesso Petrarca vive il problema del bilinguismo.
Nel 400 il problema del bilinguismo è volto al recupero (fisico) delle opere classiche e
del latino. Questo processo di ricerca filologica, di recupero, porta alla luce alcuni
concetti del mondo classico alla base del pensiero umanistico-rinascimentale.
“vir bonus dicendi
Ad esempio l’uomo come misura di tutte le cose (homo misura), un
peritus” (uomo buono esperto nel dire) secondo la maniera ciceroniana: deve avere un
decoro ma esperto nel dire, capace di parlare; deve praticare il negotium, un uomo
attivo, impegnato nella vita pubblica, intervenendo come mentore per mettere in
pratica gli ideali di una società felice stabilita da regole, e non l’otium. L’intellettuale
umanista non scrive per diletto ma poiché sa più degli altri, si ritiene impegnato, sente
il dovere di intervenire in una società a lui contemporanea. Se non può intervenire in
maniera diretta perché non comanda, interverrà cercando di istruire chi è principe, chi
è alla gestione del potere affinchè metta in pratica questi ideali che portano alla
costruzione di una società felice, in cui gli uomini vivono bene secondo le regole senza
andare contro i diritti degli altri. Un’altra idea dell’umanista, assolutamente classica è
che vuole la concordia opium, della pace civile data dal fatto che la società vive in una
gestione del potere che chiamiamo governo. Nelle società moderne il governo è
assimilato sempre al potere, mentre per l’umanista governare non significa essere più
potente ma realizzare una società felice di cui ci sia la concordia opium. L’umanista
vuole il governo, non il potere, ma si pone più in alto degli altri. Le opere che
espongono questo problema sono però in latino. Il latino è la lingua dell’ordine, lingua
ufficiale dell’amministrazione. La conoscono solo quelli che sono impegnati nelle
strutture pubbliche. Il libri hanno una diffusione limitata, con lo scopo di educare gli
eruditi.
Certamente non si parla di un latino classico, ma di un latino di koinè, cioè di lingua
divulgata comprensibile dappertutto.
Nel 1492 tutto ciò viene messo in discussione. Con la scoperta dell’America cambia
completamente la visione del mondo perché fino a questo momento si ha l’idea che il
mondo sia fatto in un modo diverso, e quando Cristoforo Colombo arriva in America
non si accorge di aver scoperto un nuovo continente ma pensa di essere arrivato in
India perché secondo i suoi calcoli il mondo era limitato alle loro conoscenze. Ciò
significa che si superano i limiti dell’uomo, liberato dalle convinzioni precedente. Ne
scaturisce un’idea che viene suffragata anche nei testi classici, che ormai tutto può
essere messo in discussione e non si possono imporre dei limiti alla conoscenza. I testi
classici non sono solo testi cristiani e in qualche modo rendono speciale l’uomo
mettendolo al centro dell’universo e lo considerano l’unica creatura capace di elevarsi
al di sopra delle altre creature e quindi destinato a cose particolarmente grandi. La
scoperta dell’America se da un lato fa perdere all’uomo l’idea dei suoi limiti, crea
anche questa vertigine che si prova quando fino ad un momento prima una cosa era
vera e fino a quello dopo no. Anche in epoca moderna si continua a pensare che eventi
troppo “sconvolgenti” non siano mai accaduti o impensabili perché oltre ogni certezza.
Se da un lato la scoperta dell’America presenta la speranza di una vita che supera di
continuo tutti i confini, dall’altro lato tutto viene messo in discussione, dato che l’unica
struttura solida con la quale l’uomo può confrontarsi è data dalla chiesa, in quel
periodo apice della corruzione. Neanche più la fede può essere la certezza capace di
opporsi agli infiniti dubbi che pervadono l’uomo quando ha scoperto che il mondo non
finisce più ed esiste altro da quello che ha sempre immaginato. Con la perdita delle
certezze, si perde anche la certezza nella Chiesa, in Dio e nella fede. Dal punto di vista
della storia letteraria questo significa che nel corso del Quattrocento abbiamo alcuni
uomini che sono impegnati nelle varie strutture pubbliche in Italia e che sono
ricercatori dell’antichità classiche soprattutto latine, e che in qualche modo
recuperano questi testi e ne scrivono degli altri con l’obbiettivo di formare il cittadini
ideale, di formare una patria felice: l’obbiettivo dell’Umanesimo e del recupero del
mondo classico è la felicità e il suo raggiungimento. Gli atteggiamenti che hanno
questi intellettuali variano a seconda delle situazioni. Il paese era estremamente
diviso: anche in età comunale ci sono comuni che hanno una vita particolarmente
fortunata ed altri che non ce l’hanno.
Fino al Seicento la cultura meridionale è diversa rispetto a quella del resto della
penisola. C’è una netta divisione nella Penisola italiana, quindi l’evoluzione del Sud è
separata da quella del Settentrione (da Roma in su). Il sud è infatti sottoposto ad una
serie di dominazioni straniere diverse come angioini, aragonesi, francesi, spagnoli che
si succedono sul trono di Napoli e della S