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IL SECONDO DOPOGUERRA
L’Europa uscì dalla seconda guerra mondiale in condizioni disastrose: il conflitto aveva causato
decine di milioni di morti, le industrie e l’agricoltura erano in rovina e mancavano le materie prime
per una ripresa ed una ricostruzione. Nel 1945 nacque l’ONU, organismo garante della pace e
dell’ordine internazionale. Il crescente fenomeno del collezionismo, pubblico e privato, consentì
agli artisti di procedere alle loro sperimentazioni in un clima di comprensione e attesa lontano dalla
diffidenza e dal rifiuto che aveva accolto tutte le precedenti innovazioni.
In questi anni l’intera arte venne condensata e riassunta nella contrapposizione fra arte astratta e
realista:
- Arte astratta: arte elitaria e cosmopolita, caratterizzata da proposte e ricerche che si
richiamavano alle esperienze post-cubiste o a quelle astratto-geometriche;
- Arte realista: arte popolare, radicata nell’humus nazionale, dalle spiccate valenze
ideologiche, nota con il nome di Neorealismo. L’emergere di tali poetiche ha significato una
sorta di “richiamo all’ordine”, un invito all’uso di un linguaggio più comprensibile e
rappresentativo.
NEOREALISMO - Gli artisti italiani, dopo le tragiche conseguenze della seconda guerra mondiale,
avvertono fortissima l’esigenza di restituire forza ai valori formali; le premesse del Realismo
vennero elaborate in un manifesto redatto nel 1942-1943 da alcuni artisti di Corrente. Il
Neorealismo, come vera e propria corrente, si sarebbe affermato in Italia a partire dal 1948 in
aperta polemica alle tendenze informali; l’arte veniva concepita come forma di denuncia sociale o
come mezzo di intervento politico.
FORMA1 – Gruppo costituitosi a Roma nell’inverno del 1946 con l’intenzione di spostare
l’attenzione sul recupero di una dimensione formale e strutturale, per riportare l’arte italiana sul
spiano dell’attuale linguaggio europeo. Il 15 marzo 1947 Piero Dorazio, Carla Accardi, Piero
Consagra, Achille Perilli, Ugo Attardi, Mino Guerrini, Antonio Sanfilippo e Giulio Turcato firmarono
un manifesto che pubblicarono sull’unico numero uscito di Forma, rivista del gruppo.
ART AUTRE, ART BRUT, TACHISME - Correnti che si sono valse di una nuova concezione
segnica e gestuale mai prima sviluppatasi. Si tratta di un gruppo di numerosi artisti, alcuni dei quali
poi sconfineranno in seguito verso l’informale (astrattismo quanto mai amorfo). Partendo
dall’immediato dopoguerra si è venuto evidenziando tra i pittori una velocità d’esecuzione e
sull’impiego prevalente di elementi graficamente differenziati piuttosto che sulle stesure di ampie
superfici colorate. L’esperienza della seconda guerra mondiale segnò vincitori e vinti, per i lutti
personali ma soprattutto per quelli ideologici: dopo una tragedia simile non era più possibile
progettare su modelli utopici ne su moduli formali stabili. Vennero così abbandonate le
rappresentazioni realistiche del Ritorno all’Ordine, ma anche l’Astrattismo geometrico. L’arte si
staccò dal mondo per farsi espressione di un pessimismo idealista. Nacque una forma d’arte che
non sceglieva a priori né Astrattismo né Realismo ma che piuttosto li corrodeva entrambi. Essa
rese evidente la crisi della razionalità presente, dove il caos sembrava dominare sovrano.
Il critico francese Michel Tapié, nel suo libro Un Art autre del 1952, descrisse un tipo di arte che
riteneva appropriata ad una nuova situazione della Francia nel secondo dopoguerra; il termine da
lui coniato di “Art autre” (sinonimo di Informel), evidenziava le ragioni della rottura con il passato.
Le opere di Fautrier contribuirono a disarcionare da Parigi l'estetica postcubista. Prevalse nelle
sue tele una sensibilità “tattile” e “palpabile” piuttosto che plastica e pittorica. Compose le serie di:
otages (dove ricorda il sacrificio e l’olocausto di una generazione perduta);
– glaciers e paysages (dove ricorda il periodo alpino, quando si ridusse a fare il maestro di
– sci);
boites e degli objets (dove conferma la sua ricerca ad una maggiore strutturazione
– formale).
Ciò che caratterizza la sua pittura è il ritorno ad una libertà cromatica che le correnti precedenti
(come il cubismo e il concretismo) avevano interrotto. L'artista preparava con la spatola dei fondi
particolarmente spessi, fatti di colla e colore bianco. Anche Jean Fautrier, agisce, come Pollock,
sulla tela. Egli elaborò uno stile pittorico che esaltava le potenzialità espressive della materia
attraverso la tecnica haute pate, astratta e figurativa assieme, che ricordava le improvvisazioni
psichiche surrealiste. Il gesto di questi artisti vuole mostrare la regressione dell'uomo scatenata
dalle guerre, mostrandolo senza valori che la guerra stava riportando ad una massa di carne
pulsante, dei grumi di esistenza allo stadio barbarico. I suoi quadri presentavano un'attrattiva
macabra, con sotterai collegamenti all’arte infantile.
L'impiego della materia raggiunse in massimo della duttilità nelle opere di Jean Dubuffet; in pieno
tachisme Dubuffet ebbe il coraggio di insistere sulla pittura figurale che si dette a creare con una
serie di dipinti del più bel genere informale, sfruttando le più impensate possibilità materiche.
L'artista fu uno dei valorizzatori dell'art brut (= arte rozza, nel senso di originaria, non mediata dal
pensiero, infatti si presentava come collezioni di oggetti trovati, creati o dipinti da “primitivi”, da
bambini, da pazzi, della più diversa natura, tutti presentanti le caratteristiche dell'immediatezza
ingenua o della curiosità casuale). La sua arte si concentrava su ogni forma di espressione
spontanea e immediata. La sua ricerca si volse in due diverse direzioni: al materiale cromatico e
all'immagine che in tale materiale s'incarnava. L'organicità ha dominato sempre nella sua arte. La
sua pittura era fatta di gesso, sabbia e terra, che mescolava al colore ad olio.
Mathieu, ben consapevole dell’impiego del “segno” nella creazione delle sue opere, è uno dei
primi artisti a servirsi del colore spremuto direttamente dal tubetto sulla tela, così da disegnare e
dipingere insieme, fissando velocemente i suoi tracciati estemporanei sulla tela, per non dar modo
alla ragione di intervenirvi; solo 'istinto doveva guidare le sue opere. É con Georges Mathieu che
l’uso della pittura “segnica” e “gestuale” costituisce un fenomeno inedito per l’arte Occidentale: il
fatto che l’improvvisazione sia alla base della pittura e che questa sia legata alla rapidità
dell’esecuzione appare come aspetto sino a pochi anni prima impensabile. Il segno anticipa il
significato = l’immagine viene ad identificarsi col segno già all’istante del suo apparire. Fondò con
Camille Bryen la corrente della “non-figurazione psichica” che proponeva la pittura diretta e l’uso
della tache.
La vera stagione pittorica di Wols esplose tra il ’46 e il ’51 (anno della morte); fu in questo periodo
che avvenne la produzione delle sue grandi tele ricoperte di colori smaltati, di chiarezze alternate a
segni filiformi, di laghi di colore e granulosità rugose. Anche là dove destrutturò la forma, rimane
creatore di un’arte formativa. Non va dunque considerato solo come pittore delle grandi tele
tachiste, delle matasse informali di colore spremuto direttamente sulla tela, ma anche come il
creatore di un’importante opera grafica, variamente modulata.
Gillo Dorfles raggruppò gli esponenti americani e europei dell’arte gestuale in tre gruppi:
1. Coloro che impostarono la propria pittura sulla velocità dell’esecuzione, sull’impulso
cinetico, sul movimento fisico del braccio (Pollock, Mathieu, Kline, Vedova);
2. Coloro che dettero più rilievo al segno rispetto che al gesto, realizzando opere dove prevale
l’aspetto grafico-pittorico al’’improvvisazione (Hartung, Soulages, Scanavino);
3. Coloro che costruirono con i loro segni dei veri e propri cifrari, calligrafie di derivazione
orientale, alfabeti immaginari (Capogrossi, Tobey).
L’evolversi per una predilezione per il segno e per l’elemento calligrafico, il generalizzarsi
dell’asimmetrico, l’evidenziarsi di una ricerca gestuale, sono da porsi in rapporto con una diretta
ingerenza dell’arte giapponese e cinese antiche su quella europea. Alcuni tra i più fortunati artisti
europei ebbero la fortuna di venire in contatto con tale tipo di arte orientale, rimanendone
profondamente segnati, tra i quali Tobey, che soggiornò in Oriente.
Capogrossi viene a costituire quasi di colpo uno dei poli più spinti della pittura italiana. I suoi segni
non miravano a significare un concetto (non erano dunque “discorsivi”), né rimandavano a
qualcosa di logico o scientifico, ma miravano solo a significare sé stessi. Il suo segno aveva in sé
una misteriosa natura criptica, quasi come si fosse trattato della ricomparsa di antichi simboli tratti
da testi ermetici, da cifrari alchemici.
Nei tardi anni '40 mise a punto un linguaggio fatto di sigle trine, cioè di forchettoni che si
dispongono nel quadro secondo scansioni ritmiche.; alla semplicità del disegno corrisponde
l'essenzialità del colore, mai materico ma sempre steso in modo piatto.
Il segno di Hartung non fu statico ed immobile come quello di Capogrossi, fissato una volta per
tutte, ma fu un continuo evolversi di forme schematiche che avevano in sé il duplice valore delle
grafie e delle atmosfere cromatiche. Le sue linee divennero sempre più secche ed incise, come
lampi e fenomeni atmosferici terrificanti.
MOVIMENTO SPAZIALE – Movimento fondato da Lucio Fontana nel 1947, al suo rientro in Italia
dall’Argentina (dove era stato ispiratore del Manifesto blanco nel 1946 che doveva costituire uno
dei più importanti documenti teorici dell'indirizzo spazialista nell'arte moderna), formalizzato nel
Manifesto tecnico del 1951. Il movimento si apriva a nuove possibilità spaziali potenzialmente
infinite. Lo Spazialismo dichiarava di voler adeguare l’arte ai grandi rivolgimenti della scienza, al
sopraggiungere dell’era atomica e all’incalzare dell’era spaziale.
La ricerca di Lucio Fontana fu sin da subito orientata in un tentativo di uscire dalla
bidimensionalità e dalla tridimensionalità, mediante un'estroflessione o introflessione ottenuta con
altri accorgimenti, come il graffio, il foro, il taglio. Fontana avvertiva un'insufficienza del tradizionale
“quadro da cavalletto”, e volse la sua ricerca ad affermare l'importanza di un'arte capac