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SI AMMAESTRERANNO NELLE MIE DISAVVENTURE
IL TEMPO ABBATTE IL FORTE: E IDELITTI DI SANGUE SONO LAVATI NEL SANGUE. - E tu lo sai, Lorenzo, avrei coraggio di scrivere; ma l'ingegno va morendo con le mie forze, e vedo che fra pochi mesi avrò fornito questo mio angoscioso pellegrinaggio.
Ma voi pochi sublimi animi che solitarj o perseguitati, su le antiche sciagure della nostra patria fremete, se icieli vi contendono di lottare contro la forza, perché almeno non raccontate alla posterità i nostri mali? Alzate la voce in nome di tutti, e dite al mondo: Che siamo sfortunati, ma né ciechi né vili; che non ci manca il coraggio, ma la possanza. - Se avete braccia in catene, perché inceppate da voi stessi anche il vostro intelletto di cui né i tiranni né la fortuna, arbitri d'ogni cosa, possono essere arbitri mai? Scrivete. Abbiate ben sì compassione ai vostri concittadini, e non istigate vanamente le lor passioni politiche;
ma sprezzate l'universalità dei vostri contemporanei: il genere umano d'oggi ha le frenesie e la debolezza della decrepitezza; ma l'umano genere, appunto quando è prossimo a morte, rinasce vigorosissimo. Scrivete a quelli che verranno, e che soli saranno degni d'udirvi, e forti da vendicarvi. Perseguitate con la verità i vostri persecutori. E poi che non potete opprimerli, mentre vivono, coi pugnali, opprimeteli almeno con l'obbrobrio per tutti i secoli futuri. Se ad alcuni di voi è rapita la patria, la tranquillità, e le sostanze; se nessuno osa divenire marito; se tutti paventano il dolce nome di padre, per non procreare nell'esilio e nel dolore nuovi schiavi e nuovi infelici, perché mai accarezzate così vilmente la vita ignuda di tutti i piaceri? Perché non la consacrate all'unico fantasma che è duce degli uomini generosi, la gloria? Giudicherete l'Europa vivente, e la vostra.sentenza illuminerà le genti avvenire. L'umana viltà vi mostra terrori e pericoli; ma voi siete forse immortali? fra l'avvilimento delle carceri e de' supplicj v'innalzerete sovra il potente, e il suo futuro contro di voi accrescerà il suo vituperio e la vostra fama. Milano, 6 Febbraio 1799
Diriggi le tue lettere a Nizza di Provenza perch'io domani parto verso Francia: e chi sa? forse assai più lontano: certo che in Francia non mi starò lungamente. Non rammaricarti, o Lorenzo, di ciò; e consola quanto tu puoi la povera madre mia. Tu dirai forse ch'io dovrei fuggire prima me stesso, e che se non v'ha luogo dov'io trovi stanza, sarebbe omai tempo ch'io m'acquetassi. È vero, non trovo stanza; ma qui peggio che altrove. La stagione, la nebbia perpetua, quest'aria morta, certe fisonomie - e poi - forse m'inganno - ma mi parmi di trovar poco cuore; né posso incolparli; tutto si
acquista; ma la compassione e la generosità, e moltopiù certa delicatezza di animo nascono sempre con noi, e non le cerca se non chi le sente. - Insommadomani. E mi si è fitta in fantasia tale necessità di partire, che queste ore d'indugio mi pajono anni di carcere.Malaugurato! perché mai tutti i suoi sensi si risentono soltanto al dolore, simili a quelle membra scorticateche all'alito più blando dell'aria si ritirano? goditi il mondo com'è, e tu vivrai più riposato e men pazzo. - Mase a chi mi declama sì fatti sermoni, io dicessi: Quando ti salta addosso la febbre, fa che il polso ti batta più lento, e sarai sano - non avrebbe egli ragione da credermi farneticante di peggior febbre? come dunque potròio dar leggi al mio sangue che fluttua rapidissimo? e quando urta nel cuore io sento che vi si ammassabollendo, e poi sgorga impetuosamente; e spesso all'improvviso e talora fra il sonnopar che vogliaspaccarmisi il petto. - O Ulissi! eccomi ad obbedire alla vostra saviezza, a patti ch'io, quando vi veggodissimulatori, agghiacciati, incapaci di soccorrere alla povertà senza insultarla, e di difendere il debole dallaingiustizia; quando vi veggo, per isfamare le vostre plebee passioncelle, prostrati appié del potente cheodiate e che vi disprezza, allora io possa trasfondere in voi una stilla di questa mia fervida bile che purearmò spesso la mia voce e il mio braccio contro la prepotenza; che non mi lascia mai gli occhi asciutti néchiusa la mano alla vista della miseria; e che mi salverà sempre dalla bassezza. Voi vi credete savi, e ilmondo vi predica onesti: ma toglietevi la paura! - Non vi affannate dunque; le parti sono pari: Dio vipreservi dalle mie pazzie; ed io lo prego con tutta l'espansione dell'anima perché mi preservi dalla vostrasaviezza. - E s'io scorgo costoro, anche quando passano senza vedermi,
io corro subitamente a cercare rifugio nel tuo petto, o Lorenzo. Tu rispetti amorosamente le mie passioni, quantunque tu abbia sovente veduto il leone ammansarsi alla sola tua voce. Ma ora! Tu lo vedi: ogni consiglio e ogni ragione è funesta per me. Guai se non obbedissi al mio cuore! - la Ragione? - è come il vento; ammorza le faci, ed anima gli incendi. Addio frattanto. Ore 10, della mattina
Ripenso - e sarà meglio che tu non mi scriva finché tu non abbia mie lettere. Prendo il cammino delle Alpi Liguri per iscansare i ghiacci del Moncenis: sai quanto micidiale m'è il freddo. Ore 1
Nuovo inciampo: hanno a passare ancora due giorni prima ch'io riabbia il passaporto. Consegnerò questa lettera nel punto ch'io sarò per salire in calesse. 8 Febbraro, ore 1 1/2
Eccomi con le lagrime su le tue lettere. Riordinando le mie carte mi sono venuti sott'occhio questi pochi versi che tu mi scrivevi sotto una lettera di mia madre
due giorni innanzi ch'io abbandonassi i miei colli. -“T'accompagnano tutti i miei pensieri, o mio Jacopo: t'accompagnano i miei voti, e la mia amicizia, che vivrà eterna per te. Io sarò sempre l'amico tuo e il tuo fratello d'amore; e dividerò teco anche l'anima mia.” Sai tu ch'io vo ripetendo queste parole, e mi sento sì fieramente percosso che sono in procinto di venire agittarmiti al collo e a spirare fra le tue braccia? Addio addio. Tornerò. Ore 3Sono andato a dire addio al Parini. - Addio, mi disse, o giovine sfortunato. Tu porterai da per tutto e sempre con te le tue generose passioni alle quali non potrai soddisfare giammai. Tu sarai sempre infelice. Io non posso consolarti co' miei consiglj, perché neppure giovano alle sventure mie derivanti dal medesimo fonte. Il freddo dell'età ha intorpidito le mie membra; ma il cuore - veglia ancora. Il solo conforto ch'io possa dartièla mia pietà: e tu la porti tutta con te. Fra poco io non vivrò più, ma se le mie ceneri serberanno alcun sentimento - se troverai qualche sollievo querelandoti su la mia sepoltura, vieni. - Io proruppi in dirottissime lagrime, e lo lasciai: ed uscì seguendomi con gli occhi mentr'io fuggiva per quel lunghissimo corridojo, e intesi che ei tuttavia mi diceva con voce piangente - addio.
45 Ore 9 della sera
Tutto è in punto: I cavalli sono ordinati per la mezzanotte - vado a coricarmi così vestito sino a che giungano: mi sento sì stracco! - addio frattanto; addio Lorenzo - Scrivo il tuo nome e ti saluto con tenerezza e con certa superstizione ch'io non ho provato mai mai. Ci rivedremo - se mai dovessi! no, io non morrei senza rivederti e senza ringraziarti per sempre - e te, mia Teresa: ma poiché il mio infelicissimo amore costerebbe la tua pace ed il pianto della tua famiglia, io fuggo senza sapere dove mi trascinerà.
il mio destino: l'Alpi e l'Oceano e un mondo intero, s'è possibile, ci divida. Genova, 11 Febbraro
Ecco il Sole più bello! Tutte le mie fibre sono in un tremito soave perché risentono la giocondità di questo Cielo raggiante e salubre. Sono pure contento di essere partito! proseguirò fra poche ore; non so ancora dirti dove mi fermerò, né quando terminerà il mio viaggio: ma per li 16 sarò in Tolone. Dalla Pietra, 15 Febbraro
Strade alpestri, montagne orride dirupate, tutto il rigore del tempo, tutta la stanchezza e i fastidj del viaggio, e poi? 18 Nuovi tormenti e nuovi tormentati. Scrivo da un paesetto appié delle Alpi Marittime. E mi fu forza di sostare perché la posta è senza cavalcatura; né so quando potrò partire. Eccomi dunque sempre con te, e sempre con nuove afflizioni: sono destinato a non movere passo senza incontrare lungo la mia via dolore. - In questi due giorni io usciva
verso mezzogiorno un miglio forse lungi dall'abitato, passeggiando fra certi oliveti che stanno verso la spiaggia del mare: io vado a consolarmi ai raggi del Sole, e a bere di quel aere vivace; quantunque anche in questo tepido clima il verno di questo anno è clemente meno assai dell'usato. E là mi pensava di essere tutto solo, o almeno sconosciuto a quei viventi che passavano; ma appena mi ridussi a casa, Michele il quale salì a ravviarmi il fuoco, mi veniva raccontando, come certo uomo quasi mendico capitato poco fa in questa balorda osteria gli chiese, s'io era un giovine che avea già tempo studiato in Padova; non gli sapea dire il nome, ma porgeva assai contrassegni e di me e di quei tempi, e nominava te pure - Davvero, seguì a dire Michele, io mi trovava imbrogliato; gli risposi nonostante ch'ei s'apponeva: parlava veneziano; ed è pure la dolce cosa il trovare in queste solitudini un compatriota - ePoi - è così stracciato! Insomma io gli promisi - forse può dispiacere al signore - ma mi ha fatto tanta compassione, ch'io gli promisi di farlo venire; anzi staqui fuori. - E venga, io dissi a Michele - e aspettandolo mi sentiva tutta la persona inondata d'una subitanea tristezza. Il ragazzo rientrò con un uomo alto, macilento; parea giovine e bello; ma il suo volto era contraffatto dalle rughe del dolore. Fratello! io era impellicciato e al fuoco; stava gittato oziosamente nella seggiola vicina il mio larghissimo tabarro; l'oste andava su e giù allestendomi da desinare - e quel misero; era appena in farsetto di tela ed io intirizziva solo a guardarlo. Forse la mia mesta accoglienza e il meschino suo stato l'hanno disanimato alla prima; ma poi da poche mie parole s'accorse che il tuo Jacopo non è nato per disanimare gl'infelici; e s'assise con me a riscaldarsi, narrandomi quest'ultimo lagrimevole anno della sua vita.
Mi disse: Io conobbi famigliarmente uno scolare che era dì e notte a Padova con voi - e ti nominò - quanto tempo è ormai ch'io non ne odo novella! ma spero che la fortuna non gli sarà così iniqua. Io studiava allora - non ti dirò, mio Lorenzo, ch