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Il romanzo Ultime lettere di Jacopo Ortis è un romanzo in forma epistolare, nel quale è
presente un progressivo evolversi di una scambio di lettere, nella finzione, tra Jacopo
Ortis e l'amico Lorenzo Alderani; non vi è l’intervento di altre voci ad eccezione di
alcuni incisi di Lorenzo tra una lettera e l'altra, che danno unità alla trama. Allo stesso
tempo è anche un romanzo autobiografico, in quanto Jacopo, il protagonista, riproduce
spesso aspetti della sua personalità: aspirazioni giovanili, anelito a bellezza e libertà,
scontro con natura e società. Come il suo personaggio, anche Foscolo aveva pensato
al suicidio, come risposta a un'esistenza che gli sembrava insoddisfacente. Inoltre, in
questo romanzo confluiscono i suoi amori infelici, le sue esperienze politiche, in primo
luogo quella di Campoformio che segnò il crollo di quegli ideali che, dopo il tramonto
della fede religiosa, erano divenuti la sua unica ragione di vita. Foscolo si ispirò a due
grandi modelli, ossia i romanzi epistolari del Settecento: il Werther di Goethe e La
nouvelle Heloise di Rousseau, ma in modo libero e originale.
Deluso da Campoformio e perseguitato da nuovi padroni di Venezia per sue idee
patriottiche, Jacopo si è rifugiato sui Colli Euganei, dove si innamora di Teresa
destinata dal padre (angustiato da problemi economici) a sposare Odoardo, un insulso
possidente. Pur ricambiando la passione di Jacopo, Teresa non si oppone a decisione
del padre e il giovane decide così di partire. Le lettere scritte dai colli comprendono il
racconto di una visita alla casa di Petrarca ad Arquà e una lettera politica contro
Napoleone. Le lettere della seconda parte sono scritte da Jacopo durante il viaggio
attraverso l'Italia: in una si descrive incontro a Milano con Parini, in un'altra scritta da
Ventimiglia egli definisce la sua visione negativa e pessimistica della realtà sociale e
politica, manifestando il proposito di tornare ai suoi colli ma nutrendo ormai l'ossessiva
idea del suicidio. Appresa in viaggio la notizia del matrimonio di Teresa, Jacopo tornato
dopo un ultimo saluto a Teresa, si uccide con un pugnale. Jacopo è mosso dal desiderio
dei valori assoluti in opposizione allA mediocrità della vita sociale, ma al contempo
una tensione distruttiva lo spinge verso la morte. Alcuni critici hanno visto in questo
romanzo una via di salvezza per Foscolo, che avrebbe oggettivato la sua malattia
romantica e la tentazione del suicidio. In quest'opera si coglie il modello alfieriano, lo
scontro aspro tra virtù individuale e i limiti della realtà presente. Ma Jacopo non può
essere eroe assoluto al pari degli eroi alfieriani: il suo culto di valori assoluti deve fare i
conti con mondo borghese popolato di mediocri; perfino amore per Teresa deve
affrontare le convenzioni familiari. Jacopo aspira all'eroico, ma non trova spazio:
incontra solo meschinità sociale e cieco silenzio di una natura indifferente alle vicende
umane. La sua sconfitta è il risultato di impossibilità di ogni iniziativa eroica. I limiti
della realtà non gli permettono di mutare la situazione di partenza, e in questa
impossibilità egli coglie come una colpa personale: dalle interpretazioni di tipo
psicanalitico si rintraccia la colpa dello stesso Foscolo, connessa a suo spirito ribelle,
alla sua infanzia sradicata e al suo rifiuto della vita familiare. Dal punto di vista
ideologico, invece, si può notare come Jacopo ha perso ogni fiducia illuministica nel
progresso e nella realizzazione positiva della ragione nella storia: è qui diretto
portavoce della delusione di Foscolo e della crisi degli ideali rivoluzionari. Nelle
riflessioni con cui Jacopo lega proprie vicende personali all'intero destino dell'umanità,
si affaccia un'immagine della storia carica di orrore: ricava suggestioni dal pensiero di
Rousseau e considera la vita sociale come guerra di tutti contro tutti. Facendo proprie
le più radicali posizioni del meccanicismo, Jacopo vede nella natura una forza cieca
che può conservarsi solo attraverso la distruzione dei singoli esseri. Questa ricerca
ostinata di valori positivi si oppone a questa visione così negativa: per quanto questi
valori vengano riconosciuti solo come “illusioni”, sembrano comunque annunciare una
profonda consolazione e possibile felicità: l’amicizia e il rapporto con gli spiriti di forte
sentire, l’arte e la letteratura, la bellezza degli spettacoli naturali in cui sembra pulsare
respiro sacro, la bellezza femminile e l’amore. In queste illusioni, Jacopo scorge persino
segni divini, il manifestarsi di un Dio in cui egli non crede, ma di cui sente una
profonda nostalgia. Nella figura della donna-angelo di Teresa si avverte l’eco della
tradizione stilnovistica e petrarchesca: la sua bellezza fisica e spirituale è il simbolo di
un’armonia assoluta. Jacopo è pervaso dall’ansia di esprimere fino in fondo questi
contrasti, ma allo stesso tempo aspira a chiudersi in se stesso: il suicidio è l'ultimo
gesto esemplare con cui si sottrae a una comunicazione. Anche Lorenzo Alderani è un
esule, da più mesi profugo per l'Italia, e condivide i valori e le delusioni dell’amico. Il
suo nome fa pensare a Lawrence Sterne, noto e caro a Foscolo. Secondo il suo
linguaggio, Jacopo a volte abbandona suo tono tragico per ironizzare sui propri
atteggiamenti artificiali. Sono presenti anche caratteri letterari della nuova sensibilità
tardo-settecentesca, come l'attrazione per i cimiteri, la natura in tempesta, i paesaggi
lunari, l’attrazione sinistra per i cimiteri. La prosa dell’Ortis costituisce una novità
importante nella tradizione italiana, in quanto si allontana dalla ricerca di
misura/equilibrio e cerca di ricavare forza e intensità anche dal confronto con il
linguaggio comune. Alla complicazione sintattica sostituisce una paratassi fatta di
scatti improvvisi, frementi domande e risposte, sospensioni, che talora risulta aspra e
precipitosa, talora di sorprendente intensità.
Perché l’Ortis non è un romanzo in senso moderno?
In Italia, agli inizi del Settecento, i generi più frequentati erano la lirica e il teatro,
mentre il genere del romanzo in senso moderno si sviluppa in ritardo soprattutto
rispetto all’Inghilterra dove già nella seconda metà del Settecento ci sono esempi di
romanzo moderno. In Italia bisogna aspettare la seconda metà del settecento per
avere esempi di romanzo che non sono romanzi però in senso moderno, come l’Ortis di
Foscolo che si trova a cavallo tra settecento e ottocento e che è un romanzo che per
alcuni aspetti può essere considerato un romanzo in senso moderno per altri è
fortemente legato alla cultura del settecento. I caratteri in senso moderno saranno
dettati dall’affermazione della borghesia perché con la sua affermazione il romanzo
porta sulla scena le contraddizioni dell’uomo nella società, della conflittualità legate al
mondo del lavoro e della società che è cambiata.
Alcuni studiosi hanno letto l’Ortis in chiave di rappresentazione tragica piuttosto che
come romanzo poiché le suggestioni della tragedia sono talmente proiettate al suo
interno che alla fine finisce per essere più una tragedia che un romanzo. Si può dire
che l’Ortis non è un romanzo in senso moderno perché il protagonista, già all’inizio del
romanzo, si trova di fronte ad una decisione già presa che è quella del suicidio, e
quindi tutti gli elementi che si susseguono sono visti come la conferma di una
decisione già presa, tanto è vero che alcuni hanno proposto di chiamare l’Ortis più che
romanzo un monologo lirico, proprio per la vicinanza con la tragedia. Nel romanzo in
senso moderno si ha un cammino, un evoluzione: per esempio, nei Promessi Sposi i
personaggi descritti non sono compiuti e chiusi, ma vanno incontro ad un’evoluzione e
a una trasformazione: don Rodrigo, l’Innominato, Renzo, Lucia sono tutti personaggi
che dall’inizio alla fine sono diversi e che si trasformano insieme agli eventi. Quindi il
romanzo in senso moderno prevede l’evoluzione dei personaggi e della vicenda
all’interno del racconto! Inoltre, L’Ortis di Foscolo non si può considerare un romanzo
nel senso moderno perché Foscolo è un intellettuale tutto calato nella cultura del
Settecento e tant’è che quando all’inizio dell’Ottocento gli fu chiesto di collaborare al
Conciliatore, essendo il Conciliatore organo dei romantici, decide di dire di no e di
andarsene addirittura in esilio in Inghilterra.
Gli elementi che fanno dell’Ortis un romanzo in senso moderno sono elencati da
Bachtin, un teorico russo vissuto nella prima metà del Novecento e che ha scritto un
gran libro determinante e importante che è “Epos e romanzo” nel quale egli indica
quali sono i caratteri connotativi del romanzo che permettono di distinguerlo dal
poema epico: uno di questi caratteri, oltre che all’evoluzione del personaggi, è
l’irruzione del presente, che è presente nell’Ortis. Bachtin afferma che il presente va
contro il mondo dell’epica ossia il mondo del passato, nell’epica non c’è il presente ma
solo il passato, tanto è vero che egli ci parla di passato epico assoluto. Sia nei
Promessi Sposi che nell’Ortis c’è un riferimento continuo al presente: nell’Ortis Jacopo,
deluso dopo la cessione di Venezia all’Austria con il Trattato di Campoformio (1797), si
rifugia sui Colli Euganei, dunque all’origine del romanzo vi è il clima storico e Foscolo
scrive questo romanzo perché rappresenta il segno della sconfitta giacobina, una
delusione storica degli intellettuali dovuta alla politica di Napoleone.
La poesia neoclassica dei Sonetti e delle odi
I primi importanti risultati della poesia foscoliana si hanno nel periodo tra 1798 e 1803,
con produzione lirica esigua ma dall'estrema concentrazione stilistica (con strenuo
lavoro di correzione e perfezionamento). Si tratta di dodici sonetti e due odi, dalla
storia redazionale/editoriale travagliata. In un fascicolo del 1802 del Nuovo giornale
dei letterati di Pisa apparvero otto sonetti e l'ode A Luigia Pallavicini caduta da cavallo:
negli otto sonetti la vena autobiografica è piuttosto marcata, e riversa nella lirica la
tensione conflittuale dell'io rispetto alla realtà, con modi stilistici che rimandano ai
sonetti dell'Alfieri. Nell'insieme, questi sonetti mostrano volontà di Foscolo di adattare
alla propria sensibilità la tradizione petrarchesca, ma spesso quest’intenzione risulta
troppo esteriore e