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I MEDIA SOCIALI. STORIE E PROFILI
4, VIAGGIO AL CUORE DELL’INFORMAZIONE.
LA RICERCA SUL GIORNALISMO SOCIALE ITALIANO.
L’identità della comunicazione sociale è possibile rintracciarla seguendo la
pista dell’esperienza ovvero guardando al giornalismo perché il giornalismo è
un’area importante, centrale e significativa della comunicazione ed è il terreno
di battaglia per eccellenza nel confronto-scontro fra il mondo della
comunicazione sociale e quello mainstream infatti è innanzitutto sulle
dinamiche di selezione delle notizie e sull’inadeguatezza dei linguaggi dei mass
media di informazione che si appuntano le critiche di chi lamenta la crisi di
relazione tra giornalismo e società italiana nel leggere ed interpretare il
mutamento.
Il giornalismo inoltre ha una vocazione politica pronunciata ed è un campo ricco
di esperienze anche sul versante sociale.
Bisogna comprendere meglio i media sociali e soprattutto capire quando e
perchè le notizie che essi mettono in circolazione possono essere definite
sociali, se esistono delle specificità che caratterizzano il lavoro e a quali fonti si
affidano.
Campione di indagine sono cinque casi emblematici di giornalismo sociale: il
settimanale indipendente “Vita”, l’agenzia Redattore Sociale, il mensile online
del Centro di servizio al volontariato toscano Pluraliweb, il periodico cartaceo
prodotto dal Centro di servizi al volontariato partenopeo “Comunicare il
sociale” e il magazine digitale dedicato alla fotografia sociale Shoot4Change.
I media selezionati si presentano tutti come prodotti di ottimo livello e risultano
consolidati la loro periodicità e l’attualità delle notizie diffuse. Nessuno dei
cazi-studio si occupa di un argomento sociale prevalente; possiamo definirli
media sociali generalisti.
Pluraliweb e Comunicare il sociale sono stati analizzati perché hanno puntato il
primo alla notiziabilità della vita e del lavoro delle associazioni del proprio
territorio, il secondo invece ha puntato tutto sull’alleanza con il giornalismo
grande dei mass media.
Il quinto caso, Shoot4Change invece punta all’originalità del tema infatti
attraverso una rete internazionale di volontari della fotografia rappresenta la
società e al momento è un’esperienza unica di fotogiornalismo sociale dal
basso.
Con questa indagine si vogliono individuare la storia dell’impresa giornalistica,
il profilo del medium, le pratiche di newsmaking della redazione.
Si è cercato di porre attenzione sulla nascita e affermazione delle imprese
editoriali ponendo attenzione al contesto, agli obiettivi e alle tappe principali,
utilizzando dunque una prospettiva storica e una ricostruzione temporale delle
vicende.
Delle testate si è cercato di comprendere la scelta del format e la periodicità,
analizzando redazioni, temi sociali, fonti, criteri di notiziabilità.
Sono stati utilizzati metodi qualitativi impiegando diverse tecniche: interviste a
testimoni privilegiati; analisi dei prodotti mediali; studio delle redazioni.
5. “VITA”, “L’ESPRESSO” DEL SOCIALE
La storia di “Vita” ha la sua premessa in un’altra pietra miliare della
comunicazione sociale nel nostro paese: Il coraggio di vivere, trasmissione
andata in onda su Rai Due dal 1991 al 1994, creata da Riccardo Bonacina che
fu poi l’ideatore del settimanale.
A inizio degli anni ’90 Bonacina, caporedattore news di Mediaset, fu chiamato
in Rai dall’allora direttore Gianpaolo Sodano per provare a costruire un
programma culturale attorno a una serie di filmati sulle malattie cosiddette
curabili ma non guaribili come AIDS e leucemia.
A Bonacina piacque l’idea e cercò di trovare un format che cucisse insieme
informazione e intrattenimento garantendo alla trasmissione un taglio insieme
popolare e di qualità.
L’intuizione di Bonacina fu quella di utilizzare il volontariato e il Terzo Settore
come fonti di informazioni e storie, portando le associazioni nelle redazioni e
davanti alle telecamere.
Il coraggio di vivere si imperniava dunque sui temi “classici” del dolore e del
disagio: vicende di malasanità, malattia e tossicodipendenza, conseguenze
della guerra in Albania, i trapianti.
Il format prendeva sempre spunto da fatti accaduti, spesso di denuncia.
Mostrava dunque nuovi protagonisti sullo scenario mettendo in evidenza punti
di vista nuovi e costruttivi sulle situazioni sociali e sui problemi trattati.
I numeri delle audience certificarono da subito il “doppio miracolo” prodotto
dalla trasmissione: la scoperta di un’Italia diversa, di milioni di volontari e la
dimostrazione che in televisione una programmazione diversa, più sensibile e
attenta ai valori della solidarietà, era possibile.
Nel 1194 il nuovo direttore Rai Gianni Minoli operò un riassetto dei palinsesti
cancellando il programma, qualche mese dopo Bonacina abbandonò la Rai e
creò “Vita”.
“Vita” si proponeva di far irrompere nel dibattito sociale e politico i problemi del
quotidiano.
Le pagine del settimanale riportavano dati di realtà, reportage e storie, spazi
riservati al confronto e al dibattito e poi pagine utili per chi vuole darsi da fare;
esso è privo di editoriale perché non ha “padroni”.
Formato tabloid, carta riciclata, bianco e nero, con una sola battitura di colore
rosso vivo che fa da sfondo al nome della testata; carattere “palatino”, corpo
del testo “io” e grafica elegante autografata da un grande creativo Gavino
Sanna, sono gli elementi di “Vita”.
Apprezzarono per primi l’impresa grandi firme quali Santoro, Costanzo, Liguori,
politico come Rutelli e molti nomi di spicco della società civile e del
volontariato.
La copertina , dominata dal primo piano di un bimbo di colore abbracciato a
una volontaria in divisa bianca crociata, si apriva subito con un interrogatorio
scomodo sul ruolo della Croce Rossa e con la promessa di un’inchiesta-verità
nelle pagine successive.
Il settimanale si acquistava in edicola per temila lire, ma ancora prima di
nascere poteva contare già su 1427 abbonamenti e il pubblico a cui si rivolgeva
era rappresentato da insegnati, dirigenti, liberi professionisti, volontari,
educatori, assistenti sociali.
“Vita” nasce con due redazioni, Roma e Milano e nove giornalisti; la nascita ha
rappresentato una doppia sfida culturale ed economica al mondo del
giornalismo.
La scelta del formato fu il primo esempio di questo duplice piano di azione, il
settimanale infatti fu un compromesso tra un quotidiano(valore pragmatico) e
un mensile (valore culturale).
L’intero progetto incarnava la volontà di realizzare un giornalismo diverso che
facesse protagonisti soggetti nuovi.
Alla scommessa imprenditoriale faceva da supporto quella più propriamente
giornalistica, il settimanale proponeva infatti di avere come interlocutori
privilegiati cittadini impegnati del volontariato e dell’associazionismo
ponendosi come un’avventura editoriale che si origina dal basso, dai gruppi
sociali intermedi e dalle libere aggregazioni di cittadini.
A un paio di anni dal lancio del periodico, nel 1997, l’esaurimento del capitale
iniziale porta alla chiusura della sede di Roma, si apre invece Vita Consulting,
una cooperativa sociale che comincia a raccogliere le richieste di consulenza
editoriale che piccole imprese avanzano alla redazione , si avvia poi una
collaborazione con la Bocconi di Milano, comincia la rinascita.
Nel 1999 migra sul web e nel 2000 raggiunge il break even e sta in piedi da
sola.
Nel 2001 assume nel proprio organico Giuseppe Frangi che segnò un passaggio
importante nella politica redazionale di “Vita” in quanto l’arrivo di un giornalista
maturo è la prima delle due rivoluzioni attuate in quell’anno, l’altra riguardava
l’assetto societario: una logica di integrazione di due mondi
editoriale-imprenditoriale e sociale-non profit a cui parteciparono anche le
associazioni che oggi fanno parte anche del comitato editoriale e sono
convocate a discutere la linea del giornale.
Nel 2009 la crisi porta a un nuovo bisogno di capitali e “Vita” decide di quotarsi
in Borsa, lanciando un messaggio forte a tutto il mondo dell’economia e cioè
che il non profit può essere conveniente.
Vita SPA diventa a tutti gli effetti una public company partecipata da oltre venti
soggetti non profit.
A diciassette anni dalla nascita “Vita” è un vero e proprio piccolo mondo
editoriale. Il settimanale è il cuore del Gruppo Vita con 45000 copie diffuse su
tutto il territorio nazionale e oltre 200000 lettori ogni settimana, è leader nel
panorama dell’informazione sociale italiana.
Si è accreditato come un interlocutore importante del Terzo settore e della
società civile con politici e amministratori. E’ apartitica, ma fa politica in quanto
partecipa alle discussioni pubbliche sui beni comuni del paese.
“Vita” ha cambiato oggi il nome in “La voce dell’Italia responsabile”, si
compone di tre parti, la prima è dedicata all’Attualità; Vita Esperienze è invece
una vetrina di storie di persone che attraverso la propria professione hanno
costruito percorsi di responsabilità e iniziative esemplari; poi c’è Vita Cantieri
dedicato ai temi e alle esperienze che rappresentano il welfare di oggi e di
domani e una volta al mese c’è Ecomondo, fascicolo monografico sull’ambiente
e sulla sostenibilità.
A “Vita” si sono affiancate Vita Consulting e Vita Web, due SRL dedicate agli
altri prodotti principali del gruppo. La prima, nata nel 1997, svolge attività di
consulenza per organizzazioni non profit nei settori del management e della
comunicazione e aiuta le imprese che vogliono sviluppare attività filantropiche,
di ricerca e di formazione; l’altra Vita Web, è stata creata nel 2009 per
realizzare e gestire i contenuti digitali e per sviluppare nuove applicazioni; ha il
portale www.vita.it che integra funzioni di informazione e di servizio, varie sono
le voci del menu: Lavoro, Agenda, Donazioni, Found raising, Relations e shop e
poi tre portali internazionali gestiti dal Gruppo: Vitaeurope.org , hub di
informazioni in inglese sul non profit in Europa; Afronline.org in lingua straniera
dedicato alle principali questioni sociali che affliggono il continente e allo
sviluppo di relazioni culturali tra africa ed Europa e infine Yallaitalia.it, il blog
delle seconde generazioni.
C’è poi una sezione dedicata ai blog : Francamente, il blog di Bo